Affascinanti intrecci


Affascinanti intrecci

di Giuseppina ViscardiCreative Cosmetic Consultant – giuseppinaviscardi@tiscali.it
Valentina StradaOxygen Innovation. Oxygen Development LLC. Chemist research – vstrada@oxygendevelopment.com


Comunicazione e moda attraverso l’acconciatura
Quando una donna vuole cambiare, la prima tappa è sempre il parrucchiere. Questo perché i capelli parlano e lo fanno così bene che a volte non ci accorgiamo di quanti aspetti siano in grado di rivelare!
Probabilmente per la facilità con cui possiamo plasmarla, la capigliatura ben si presta ad essere portavoce di un linguaggio che riflette i cambiamenti e i diversi passaggi della vita: infatti questo ruolo, prettamente sociale e comunicativo, veniva sfruttato già nell’antichità.
La storia dei capelli inizia addirittura 25000 anni fa, periodo al quale si fanno risalire i primi rudimentali pettini ricavati a partire da ossa di animali e lische di pesce.
Non è certo se già nella preistoria all’acconciatura fosse attribuita una valenza simbolica, tuttavia siamo certi che questo ruolo sia stato sfruttato nelle epoche successive, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Dall’antico Egitto al periodo classico

Nell’antico Egitto i capelli ricoprivano un ruolo centrale nella definizione delle gerarchie; infatti questa civiltà era solita modificare taglio o pettinatura in base ad età e classe sociale. I bambini, ad esempio, portavano il capo completamente rasato con un unico codino al centro, che veniva tagliato al passaggio in età adulta.
I faraoni e le loro regine invece facevano largo uso di parrucche spesso tinte di nero (da indaco, estratto da Indigofera tinctoria) o rosso (da henné, estratto da Lawsonia inermis), e ornamenti che le impreziosivano, come ad esempio i noti “coni di profumo” (Fig.1).
Si trattava di unguenti grassi e profumati che venivano posti alla sommità del capo e sciogliendosi, grazie al calore corporeo, rilasciavano il piacevole aroma su capelli e vestiti; la consistenza cerosa di questi preparati aiutava inoltre a mantenere la piega.
Infine, la calvizie, considerata una dichiarazione di debolezza, veniva vissuta con vergogna e infatti il papiro di Ebers suggeriva diversi rimedi per trattarla, come applicazioni di semi di fieno greco e impacchi con olio di ricino e di rosmarino. Anche nella cultura della Grecia Classica i capelli erano usati per comunicare l’appartenenza ad un ceto sociale. Ai gradini più bassi della società si trovavano gli schiavi, caratterizzati dall’obbligo di portare il capo rasato in segno di inferiorità, in contrapposizione ai soldati che sfoggiavano chiome e barbe lunghe.
Le donne sposate portavano lunghe trecce, mentre tra gli uomini era molto popolare il “taglio a giardino”, contraddistinto da capelli corti e ricci ad incorniciare il capo. Questa pettinatura, considerata segno di bellezza e perfezione poiché utilizzata dagli atleti olimpici, era talmente di moda che spesso ci si rivolgeva ad un professionista per farsi acconciare. È proprio in Grecia infatti che la professione di barbiere diventa molto popolare, affermandosi anche nelle culture successive.
Nell’Impero Romano la cura dei capelli interessa soprattutto le classi più abbienti. Gli uomini, fortemente influenzati dalla cultura ellenistica, ereditano l’abitudine di rivolgersi ad un tonsor che ravvivava i capelli dei clienti secondo la tendenza del momento, generalmente dettata dagli imperatori; questi ultimi, a loro volta ammirati dalla grandezza di Alessandro Magno, iniziarono ad imitarne la lunga chioma così da richiamare l’idea di potenza a cui aspiravano.
Moda e vanità influenzarono fortemente anche il modo di acconciarsi delle ricche matrone, le quali tra l’altro, padroneggiavano molto bene anche l’arte della colorazione. Avevano infatti intuito il potere schiarente del sole e conoscevano diverse formule per modificare la sfumatura del colore. A seguito delle campagne germaniche, rimaste impressionate dalle chiome dorate dei popoli nordici, avevano introdotto l’uso di estratti di camomilla e fiori di zafferano per schiarire i capelli e, come gli uomini, anch’esse si avvalevano di parrucchiere chiamate allora ornatrix, che avevano la mansione di pettinare e adornare i capelli con fiori, nastri e gioielli.

Medioevo
Il collasso dell’impero romano, segna l’inizio dell’epoca medioevale, periodo in cui l’influenza della chiesa cristiana determina una serie di mutamenti in senso molto conservativo. L’uso delle parrucche, diffuso e apprezzato nel passato, viene ora considerato un peccato mortale e i capelli, lunghi a volte sino alle ginocchia, vengono ritenuti rappresentanti di un significato erotico: per questo motivo, le donne sposate dovevano coprirli con lunghi veli e il marito ne era considerato il legale proprietario. Successivamente le usanze si irrigidirono ulteriormente, portando ad un utilizzo presso che totale di copricapo e di acconciature che imbrigliassero le fluenti chiome camuffandole.
Va inoltre sottolineato come in questo periodo venisse assegnato un significato simbolico molto negativo alla nuance rossa. La chioma fulva era infatti considerata sinonimo di degenerazione morale e chi la portava era costretto a nasconderla, pena il disprezzo generale.

Dal rinascimento al periodo del terrore
I rigidi canoni medioevali vengono faticosamente superati solo con l’inizio del rinascimento, dove i capelli tornano ad essere utilizzati come strumento per valorizzare la bellezza e per evidenziare il ceto sociale di appartenenza. Le nobili donne, come si può apprezzare dai famosi dipinti di questo periodo, portavano capelli chiari, dal biondo cenere al ramato, ed erano inoltre solite rasarsi la fronte per farla apparire più alta. Le più abbienti utilizzavano finissime reticelle, adornate di perle e materiali preziosi, per raccogliere i capelli in morbidi chignon al centro o ai lati della nuca.
Le fanciulle e le giovani donne del popolo invece portavano i capelli sciolti e adornati da fiori e ghirlande, mentre dopo il matrimonio la tradizione voleva che venissero strettamente bendati a creare due torciglioni ai lati del collo.
Sicuramente però, la massima espressione dello sfarzo in fatto di capelli viene raggiunta alla corte di Luigi XIV (Fig.2). Il re Sole infatti, con i suoi 40 parrucchieri, detta moda con i suoi lunghi e corposi riccioli naturali che, all’occorrenza, vengono arricchiti o sostituiti da folte parrucche o capelli posticci. L’utilizzo di toni grigi e bianchi (ottenuti con l’uso di farine di grano e riso), contrapposto ai toni neri del periodo precedente, permetteva di addolcire i lineamenti e di ottenere quell’aspetto frivolo che era tipico dell’epoca. Inoltre, le aggiunte di capelli posticci permettevano agli acconciatori di realizzare vere e proprie sculture.
Le parrucche resteranno molto in voga, tra uomini e donne, fino alla rivoluzione francese, diventando addirittura oggetto di furti per strada! Mai come in questo periodo le acconciature diventano vere e proprie opere d’arte, segno distintivo di una classe sociale nobile e privilegiata; sarà proprio la stessa aristocrazia tuttavia ad abbandonare per prima questo sfarzo che, durante il periodo del terrore di Robespierre, esponeva i nobili al pericolo di essere riconosciuti e giustiziati.

L’ottocento e l’epoca vittoriana
“I capelli sono la corona di una donna”. Questa massima della regina Vittoria riassume l’ossessione di cui i capelli diventarono oggetto durante il 1800. Le acconciature femminili, austere e perbeniste, variavano al variare dell’età, dello stato sociale e delle occasioni mondane; una regola però accomunava quasi tutte le nobili in fatto di capelli, il divieto assoluto di tagliarli. Prostitute, ballerine e attrici erano le sole a sfuggire ai rigidi canoni imposti durante questa fase, per tutte le altre la lunghezza e la robustezza della chioma era motivo di orgoglio e competizione, tant’è che i capelli corti erano concessi solo in caso di malattia.
Le usanze prevedevano che fino a 16 anni le ragazze dovessero portare sempre le trecce e solo successivamente potessero usare acconciature e decorazioni con piume e fiori.
Il solo contesto in cui una donna era libera di lasciare i capelli sciolti era nell’intimità coniugale: questo perché i capelli erano considerati a tutti gli effetti un oggetto erotico, ed è forse proprio per questo motivo che, in caso di morte di una giovane fanciulla, i capelli venivano tagliati ed intessuti al fine di crearne monili per il consorte.

Novecento
Da qui in poi non sarà più l’aristocrazia ad arbitrare il gusto, bensì le star dello spettacolo. Infatti, è solo dopo la prima guerra mondiale che gli stili si susseguono ad una nuova velocità. Non osserviamo più tendenze lunghe secoli, che comunicano uno status sociale, ma una carrellata di stili che si mescolano e si intrecciano, per lasciare spazio ad una comunicazione non verbale, che spesso, più che inquadrarsi nella società, le si contrappone.
È questo il caso dei capelli corti tipici delle donne del primo dopo guerra che, chiamate ad interpretare ruoli tipicamente maschili, iniziarono a rasarsi il retro del capo lasciando solo alcune ciocche lunghe in segno di emancipazione. In questo stesso periodo vengono messe a punto alcune innovazioni come ad esempio l’asciugacapelli manuale, la permanente chimica (che modificando la struttura cheratinica del capello, permetteva di ottenere una chioma mossa in modo duraturo) e la brillantina. Quest’ultima, a base di olio minerale, cere e acqua, veniva usata perlopiù in campo maschile e fu commercializzata per la prima volta nel 1928 in Inghilterra, con il nome di Brylcreem. La brillantina permetteva di fissare i capelli rendendoli lucidi e il suo utilizzo si protrasse per buona parte del ‘900, sino ad arrivare ad ispirare il celebre film Grease.
Dagli anni ‘50 in poi ricorre la cotonatura, portata alla ribalta da stelle come Brigitte Bardot. Questo look consentiva di apparire eleganti e sofisticate mantenendo comunque un certo volume, che veniva stabilizzato grazie all’abbondante utilizzo della lacca. Nel 1948 infatti viene commercializzata, per la prima volta, la regina dei prodotti per il fissaggio che, rispetto alle tradizionali cere o gel, consentiva di ottenere un look più naturale creando sulla superficie dei capelli un film più flessibile.
La cotonatura sarà quasi d’obbligo anche nel periodo successivo e la pettinatura “ad alveare” o Beehive, ideata da Margaret Vinci Heldt e sfoggiata da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany” (Fig.3), diventa simbolo di seduzione e bellezza anche durante gli anni ‘60. Questo stile verrà poi ripreso e attualizzato dalla celebre cantante Amy Winehouse che ne fece il suo segno distintivo (Fig.4).
Contemporaneamente nel panorama maschile si sviluppa la figura del “capellone”. La moda di portare i capelli lunghi, incarnata ed esempio dai Beatles, esprime il disagio e l’insofferenza giovanile verso la forte chiusura della società borghese e introduce un importante elemento di discontinuità con il passato.
Ribellione e rifiuto delle regole arrivano però al loro apice negli anni ‘70. Il fenomeno forse più interessante di questo secolo appare infatti tra Stati Uniti e Inghilterra con l’esordio del periodo Punk che destruttura le forme fino ad allora conosciute e le contamina con generi di altre culture (Fig.5). Emblema di questo periodo è la classica cresta aculea, esibita con spregiudicatezza dai giovani di questa generazione.
La sfida alla gravità, lanciata dalla moda di questo periodo, difficilmente sarebbe stata vinta senza l’utilizzo di abbondanti dosi di gel. Questo prodotto, a base acquosa contenente filmogeni, venne introdotto nella sua veste attuale alla fine degli anni ‘60 negli Stati Uniti, e consentiva di ottenere un fissaggio molto rigido e persistente senza ungere il capello.
Forti dell’influenza degli stili precedenti, gli anni ‘80 si configurano come il decennio in cui tutto è concesso. Frisé, cotonature, meches e codini caratterizzano un look che definire originale è quasi riduttivo. Il Pop la fa da padrone e personaggi come Madonna e Cindy Lauper diventano icone di uno stile che si imporrà con tutte le sue stravaganze.
La decade successiva è caratterizzata da capigliature più lisce e ordinate di cui, riga al centro, scalature con ciuffi laterali e meches si fanno grandi portavoce. Il celebre taglio di Rachel, interpretata da una giovanissima Jennifer Aniston nel telefilm “Friends”, è forse il look più popolare in questo periodo, tanto da venir nominato da diverse riviste di moda “miglior taglio dell’anno”.
La libertà di scelta e la personalizzazione sono il tratto distintivo del nuovo millennio, dove la vera novità non è legata tanto all’uso della forma, quanto a quello del colore. Negli ultimi anni, infatti, nuance pastello come il malva, il rosa o il blu sono entrati in scena su teste di ogni età. Complice, probabilmente, la forte influenza dei social network, dove la comunicazione passa spesso attraverso i selfie, per la Z Generation l’importante è colpire lo spettatore con effetti speciali, scopo per cui il colore si presta estremamente bene. Inconveniente (o vantaggio) di queste colorazioni è la durata, che risulta essere estremamente breve poiché ottenuta attraverso l’applicazione di tinte temporanee washout.

Conclusione
Insomma, che la chioma sia scompigliata dopo una giornata di lavoro, elegantemente pettinata per un’occasione importante o ancora, tinta con i colori più improbabili, i nostri capelli, a volte alleati e a volte traditori, sono da sempre oggetto di moda e di un’attenzione quasi morbosa.
Attraverso la loro manipolazione possiamo parlare di noi e, che si voglia evidenziare uno status sociale o un desiderio di protesta, che l’accento sia posto sulla forma oppure sul colore, una cosa è certa: i capelli sono un formidabile strumento di comunicazione, capaci di influenzare tanto chi li guarda quanto chi li porta!