Uso di nanomateriali in nutraceutica

Nanotecnologie e integratori alimentari

L’uso di nanotecnologie nel campo degli integratori alimentari, ivi compresi i nanomateriali, è iniziato qualche tempo fa, soprattutto negli Stati Uniti d’America, grazie a normative e procedure di autorizzazione meno restrittive rispetto all’Unione Europea.

Nel 1994, negli USA è stata introdotta una normativa sui New Dietary Ingredient, che ha tolto alla FDA la possibilità di impedire la commercializzazione di integratori alimentari, riducendo di molto il numero di casi in cui l’Impresa è obbligata a produrre una notifica che includa informazioni sulla sicurezza dello specifico nuovo ingrediente. Le aziende, pertanto, possono immettere sul mercato il prodotto nutraceutico senza l’autorizzazione da parte della FDA, assumendosi la responsabilità della sicurezza del prodotto stesso. Secondo l’approccio statunitense, i nanomateriali sono considerati al pari delle altre sostanze e vengono valutati nello stesso modo. Al contrario, a livello europeo si applica un approccio precauzionale da parte del legislatore, e l’utilizzo di nanotecnologie negli alimenti è oggetto di particolare attenzione.

Per quanto riguarda l’Unione Europea, l’utilizzo inconsapevole di ingredienti alimentari autorizzati rispondenti alla definizione di nanomateriale secondo la Raccomandazione della Commissione Europea, così come l’applicazione volontaria di ingredienti in nanoforma al fine di aumentare biodisponibilità ed efficacia di principi attivi, ha reso necessaria l’adozione di norme atte a tutelare la salute del consumatore. Recentemente (novembre 2015) è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento (UE) 2283/2015 (1), che sostituisce il Regolamento (CE) 258/97 (2) sui nuovi alimenti e corregge il Regolamento (UE) 1169/2011 (3) abolendo il Regolamento (CE) 1852/2001 (4).

L’approvazione del nuovo regolamento Novel Foods è stata accolta con enfasi dai mezzi di informazione, sia per l’interesse dei consumatori verso “nuovi” alimenti, fra cui insetti, alghe, ma anche nanomateriali, sia per i possibili impatti per tutte quelle aziende intenzionate a sviluppare innovazione, utilizzando nanomateriali per lo sviluppo di nuovi ingredienti e formulazioni (5).

Prima di analizzare il quadro normativo sull’utilizzo di nanomateriali negli integratori alimentari, e di valutare gli impatti sulle aziende dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2283/2015 lo scorso 31 dicembre 2015, è bene descrivere brevemente il quadro attuale delle normative riguardanti gli integratori alimentari.

Quadro normativo degli integratori alimentari

Gli integratori alimentari sono considerati a tutti gli effetti alimenti, e quindi tutte le normative generiche, nazionali ed europee, che fanno riferimento agli alimenti si applicano anche agli integratori alimentari.

La normativa di base che direttamente riguarda gli integratori alimentari include le seguenti norme:

i la Direttiva Europea 2002/46/CE, per il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative agli integratori alimentari, che è poi stata recepita a livello nazionale con il Decreto legislativo 21 maggio 2004, n.169;

ii il Decreto legislativo 169/2004, aggiornato con il DM 9 luglio 2012, che regolamenta a livello nazionale l’impiego negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali (cosiddetti botanicals);

iii il Regolamento CE 1170/2009, che modifica la direttiva 2002/46/CE, e stabilisce una lista comunitaria di vitamine e minerali (e loro condizioni d’uso) che possono essere aggiunti agli alimenti, inclusi gli integratori alimentari.

Il DL 169/2004 stabilisce le procedure di autorizzazione per la messa in commercio di integratori alimentari, e permette l’utilizzo delle sole sostanze incluse nella lista positiva definita dal Regolamento (UE) 1170/2009, e dei botanicals elencati nel DM 9 luglio 2012. Nessuna di queste normative tratta esplicitamente i nanomateriali o la forma con cui un ingrediente è utilizzato, vincolando l’utilizzo di nanomateriali negli integratori a disposizioni e valutazioni delle autorità competenti nazionali. Il regolamento (UE) 1169/2011 relativo alle modalità di etichettatura di alimenti (inclusi gli ingredienti degli integratori alimentari) è importante per la commercializzazione di integratori alimentari innovativi basati su nanotecnologie. Nel Regolamento (UE) 1169/2011 sono esplicitamente previsti i nanomateriali, e ne è inclusa una definizione, benché diversa da quella della Raccomandazione della Commissione (6).

Regolamento 

Novel Foods

Il Ministero della Salute riporta che una sostanza, per poter essere usata in un integratore alimentare, deve aver fatto registrare in ambito UE un pregresso – cioè prima del 1997 – consumo significativo come prova di sicurezza. Se questo non è il caso, prima di poter usare l’ingrediente nell’integratore alimentare si deve ottenere l’autorizzazione dello stesso come nuovo alimento, secondo la normativa europea. Un nuovo alimento è, in generale, un alimento non consumato in modo significativo nell’Unione Europea prima del 15 maggio 1997, data di entrata in vigore del Regolamento (CE) 258/97. Anche alimenti prodotti con tecnologie non utilizzate prima del 1997, e che ne alterino in modo significativo metabolismo, valore nutritivo, e/o tenore di sostanze indesiderabili, sono da considerare nuovi alimenti.

Alla luce di questa predisposizione si evince l’importanza del Regolamento Novel Foods per aziende proiettate verso l’innovazione di ingredienti e formulazioni. La procedura di revisione di tale Regolamento è iniziata nel dicembre 2013, a seguito della proposta della Commissione di chiarire la definizione di nuovo alimento, con riferimento alle nuove tecnologie (sviluppate dal 1997 ad oggi) e ad una procedura di autorizzazione semplificata. Ad oggi la procedura di autorizzazione è regolata a livello di Stato Membro, e non è necessariamente valida a livello dell’Unione. Nell’80% dei casi, infatti, EFSA è costretta ad intervenire per definire la sicurezza di nuovi alimenti nelle contese fra Stati Membri. Infine, il processo di autorizzazione attualmente può durare anche anni (in media 3 anni), e costare fino a 1 milione di euro, a seconda del tipo e della qualità delle informazioni scientifiche richieste (7).

Il Regolamento (UE) 2283/2015, che entrerà definitivamente in vigore il 1 gennaio 2018, ovvia a questi problemi modificando la definizione di nuovo alimento, aggiornando la lista di alimenti considerati nuovi alimenti, e includendo in modo esplicito i nanomateriali ingegnerizzati. La procedura di autorizzazione viene centralizzata a livello di Unione Europea, riducendo i tempi necessari attorno a 18 mesi. Il Regolamento semplifica anche la procedura di autorizzazione alla commercializzazione di prodotti alimentari tradizionali da Paesi terzi. La valutazione della sicurezza di nuovi alimenti che possono, secondo la Commissione, porre problemi di salute, viene affidata ad EFSA. Viene stabilita una lista dell’Unione, che include nuovi alimenti autorizzati, con un periodo di embargo di 5 anni, durante il quale nuovi dati scientifici utilizzati per la richiesta di autorizzazione da parte di un richiedente non possono essere citati da altri applicanti.

Il Regolamento Novel Foods considera esplicitamente i nanomateriali ingegnerizzati; inoltre, nel consideranda 8 viene indicato che cibo sottoforma di micelle o liposomi potrebbe essere considerato Novel Food. Vitamine, minerali, e altre sostanze, se considerate nanomateriali ingegnerizzati secondo il nuovo regolamento, vanno considerate Novel Food, e la loro sicurezza va rivalutata secondo il Regolamento e la rispettiva normativa (consideranda 12).

Cosa è considerato nanomateriale ingegnerizzato? Nel Regolamento Novel Food la definizione è trasferita dal Regolamento (UE) 1169/2011, e recita: qualunque materiale prodotto intenzionalmente caratterizzato da una o più dimensioni dell’ordine di 100 nm o inferiori, o che è composto di parti funzionali distinte, interne o in superficie, molte delle quali presentano una o più dimensioni dell’ordine di 100 nm o inferiori, compresi strutture, agglomerati o aggregati che possono avere dimensioni superiori all’ordine di 100 nm, ma che presentano proprietà caratteristiche della scala nanometrica.

Le proprietà caratteristiche della scala nanometrica comprendono:

i le proprietà connesse all’elevata superficie specifica dei materiali considerati; e/o

ii le specifiche proprietà fisico-chimiche che differiscono da quelle dello stesso materiale non in forma nano.

Se valutiamo questa definizione alla luce dell’applicabilità ai fini regolatori, prendendo in considerazione la Raccomandazione della Commissione del 18 ottobre 2011 sulla definizione di nanomateriale (8), ed il lavoro condotto dal JRC per la prevista revisione della Raccomandazione, possono essere individuati alcuni aspetti critici:

1. Qualunque materiale: il termine “materiale” ha un significato più ampio rispetto al termine “particella” contenuto nella Raccomandazione. La definizione si applica quindi ad una varietà maggiore di nanomateriali, includendo anche particelle soft, come possono essere micelle e liposomi. Inoltre, come riportato nel testo che è composto di parti funzionali distinte, interne o in superficie, si considerano anche materiali nanostrutturati, quindi con dimensioni esterne maggiori di 100 nm. Tra l’altro, non è chiaro cosa si intenda per “parte funzionale distinta”.

2. Prodotto intenzionalmente: l’interpretazione del termine “intenzionalmente” non è univoca. Al momento, per intenzionalmente si intende che sia stato intenzionalmente prodotto in forma nanometrica, quindi di fatto escludendo i cosiddetti nanomateriali non intenzionali quali ad esempio minerali in uso da molti anni, e “scoperti” essere nanomateriali solo recentemente (9). Un’altra interpretazione del termine viene dall’atto delegato SANCO/11478/2014 (10), nel quale si indica che “intenzionalmente” fa riferimento ad uno specifico scopo, e non alla nanoforma. Interpretando la definizione di nuovo alimento nel Regolamento, sembra che dal 1 gennaio 2018 sarà necessario considerare vitamine, minerali e altre sostanze, anche se prodotte in forma nano non intenzionalmente, come nanomateriali, e quindi Novel Food.

3. Che presentano proprietà caratteristiche della scala nanometrica: questa parte della definizione si riferisce ad aggregati, agglomerati, e strutture, anche con dimensioni maggiori a 100 nm, ma con proprietà fisico-chimiche assimilabili alla forma nano. Tuttavia è di difficile applicazione: non si definisce quali siano queste specifiche proprietà, e inoltre si fa riferimento a generiche proprietà diverse da quelle del materiale in forma non-nano. Anche assumendo che si potrebbe valutare come criterio per definire questa differenza nelle proprietà chimico-fisiche delle “modifiche significative nel metabolismo, valore nutritivo, e tenore di sostanze indesiderabili”, non è definito cosa sia da considerare “significativo” in questo contesto.

La mancanza di una soglia percentuale atta ad identificare una sostanza come nanomateriale rende difficile l’applicabilità della definizione. Sostanze per uso industriale non sono quasi mai omogenee dal punto di vista della distribuzione dimensionale, ma spesso si identifica una frazione con dimensioni inferiori a 100 nm. La mancanza di un valore soglia comporta di fatto che anche la presenza di una minima frazione di sostanza in forma nanometrica, o una minima parte del materiale nanostrutturata, contribuisca a far classificare la sostanza come nanomateriale ingegnerizzato.

Questa ambiguità nella definizione comporterà un crescente numero di richieste di verifica alle autorità competenti degli Stati Membri ed alla Commissione (procedura prevista dall’articolo 4 del Regolamento 2283/2015) al fine di valutare se l’alimento può considerarsi nanomateriale, e quindi Novel Food. La Commissione inoltre potrà decidere attraverso un atto delegato, per sua iniziativa o su richiesta di uno Stato Membro, cosa è da considerare Novel Food.

Parallelamente alla classificazione di una sostanza come nanomateriale c’è la valutazione della sicurezza dell’alimento da parte dell’EFSA. Il Regolamento prevede che EFSA consideri, nell’analisi di rischio di un nanomateriale, che i metodi utilizzati per testare la sicurezza della sostanza siano “allo stato dell’arte”, senza indicare effettivamente quale sia il significato di questa espressione. Inoltre, è sottolineato nel Regolamento che per i nanomateriali (e solo per i nanomateriali), la scelta dei test deve essere giustificata, riportando eventuali adattamenti e modifiche considerate. Lo sviluppo di test adatti e validati per testare nanomateriali è in corso in diversi progetti di ricerca e iniziative internazionali.

Tuttavia il processo di validazione è lungo, e l’accettazione da parte dei decisori di un determinato test dipende molto dalla sua robustezza e affidabilità. Quindi al momento, cosa sia allo “stato dell’arte” è poco chiaro, e la scelta dei test da parte delle aziende può essere contestata, rendendo il processo di autorizzazione più lungo. Le piccole-medie imprese non hanno esperienza sufficiente per affrontare questo tipo di ricerca, e si dovranno appoggiare a laboratori ed istituzioni con esperienza nel campo della sicurezza di nanomateriali.

In mancanza di risorse economiche c’è il rischio che le aziende evitino l’innovazione basata sulle nanotecnologie, impedendo il trasferimento dei benefici ai consumatori.

In conclusione, se da un lato il Regolamento 2238/2015 mette un po’ di ordine nella normativa sui nanomateriali negli alimenti, dall’altro le ambiguità insite in alcune disposizioni del provvedimento possono ostacolare lo sviluppo innovativo basato sulle nanotecnologie. Il tempo a disposizione per la definitiva entrata in vigore del Regolamento, e la revisione della Raccomandazione della Commissione sulla definizione di nanomateriale, possono servire a produrre linee guida chiare e dettagliate.

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