Cosmetici ed ingredienti naturali


Cosmetici ed ingredienti naturali

Considerazioni sulla sicurezza microbiologica e sulla formulazione

di Marina Camporese e Anna Caldiroli

Cosmetic products and ingredients with a natural origin
Considerations on microbiological safety and formulation of cosmetics

Cosmetic products characterised as green or to be free of something or other are finding rising support among consumers. The concept of “natural” cosmetics is often linked to safer products than the ones formulated with synthetic ingredients. As is widely known, regardless of the type of cosmetic formulation, our legislation requires that only safe cosmetic products from a chemical, toxicological and microbiological point of view for the entire life span of the product, even after it has been opened, can be placed on the market. The manufacturing process of ingredients with a natural origin can affect the safety of the finished product, in particular, but not only, due to microbial contaminations. A very interesting point is the opportunity to study and test substances with a natural origin, such as preservatives, considered alternative ones to those traditionally used, favouring our desire for “natural” components but complying with innovation in terms of knowledge about these ingredients and their effects, their production and our analysis techniques. Furthermore, an interesting point is represented by the search for (new) ingredients of natural origin, to replace synthetic substances our legislation has imposed restrictions on.


I prodotti cosmetici connotati come green o noti per essere senza qualcosa, cioè caratterizzati dal non avere nella propria ricetta alcuni specifici ingredienti che non godono di ampia accettazione da parte dei consumatori, stanno trovando sempre più consensi. Al concetto di “naturale” è spesso associato quello di più sicuro rispetto a un prodotto cosmetico formulato con ingredienti di sintesi. In realtà, a prescindere dal tipo di formulazione cosmetica, la normativa impone che siano immessi sul mercato prodotti cosmetici sicuri, sia dal punto di vista chimico e tossicologico, che dal punto di vista microbiologico, per tutta la durata di vita del prodotto, anche una volta aperto. Il processo produttivo relativo agli ingredienti di origine naturale può incidere sulla sicurezza del prodotto finito, in particolare, ma non solo, dal punto di vista delle contaminazioni microbiche. Un punto di sicuro interesse è rappresentato dalla possibilità di studiare e testare nuove sostanze, ad esempio conservanti alternativi a quelli tradizionalmente impiegati, assecondando così il desiderio di “naturale”, ma affiancandolo alla volontà di innovazione, in termini di conoscenza degli ingredienti e dei loro effetti, delle tecniche di produzione e di analisi. Inoltre, un punto interessante è rappresentato dalla ricerca di nuovi ingredienti, magari proprio di origine naturale, per sostituire sostanze di sintesi per cui la normativa ha imposto delle restrizioni.

Introduzione

I cosmetici green con il passare del tempo stanno guadagnando quote di mercato sempre più ampie: da una parte, i consumatori sono sempre più orientati verso scelte sostenibili, attente all’ambiente (connotati ad esempio come ecofriendly, magari con l’utilizzo di materie prime a km zero) e preferendo le formulazioni free from (cioè senza qualcosa, ad esempio senza parabeni, senza conservanti, senza glutine,…), e dall’altra, per i formulatori sembrano essere mutate la consapevolezza e la responsabilità etica. Tuttavia, resta la necessità di valutare la fattibilità della produzione dal punto di vista tecnico, della sicurezza e dell’efficacia e del rispetto delle normative vigenti.

La rivisitazione di antiche conoscenze

In linee generali, la tendenza del mercato ad assecondare il desiderio di “naturale” è comunque accompagnata dalla volontà di innovazione a fronte di una miglior conoscenza di molti ingredienti e della loro attività (in particolare per i principi attivi), delle tecniche di estrazione sempre più raffinate e che richiedono un minor utilizzo di solventi, o più rapide in modo da ridurre le ossidazioni e le alterazioni degli estratti, del miglioramento delle tecniche analitiche e dei limiti di rilevazione, che consentono di evidenziare una eventuale presenza di impurezze che potrebbero avere un impatto sulla sicurezza del prodotto finale oppure sul rispetto di eventuali restrizioni imposte dalla norma. Alcuni ingredienti, sintetizzati in laboratorio ma simili ai prodotti di origine naturale identificabili come prodotti naturali identici possono risultare maggiormente sostenibili rispetto a quelli naturali.

Sicurezza a prescindere

Una delle mistificazioni più frequenti riscontrate, in particolare tra i consumatori, è il distinguo tra prodotto chimico e prodotto naturale; tuttavia, è necessario ricordare che tutte le sostanze sono sostanze chimiche, anche quelle naturali, l’unica differenza sostanziale è rappresentata dall’origine: naturale o di sintesi. Del resto, naturale non deve essere confuso con “sicuro per principio”, basti pensare ai metalli pesanti presenti nelle acque, ai veleni di alcune piante o dei funghi, alle tossine algali, ecc…
A prescindere dal tipo di formulazione cosmetica, sia essa basata su ingredienti principalmente o esclusivamente di origine naturale o di sintesi, in ogni caso va rispettata la normativa cogente, cioè il Regolamento (CE) n.1223/2009, che detta le regole affinché siano immessi sul mercato prodotti cosmetici sicuri, sia dal punto di vista chimico e tossicologico, che dal punto di vista microbiologico, per tutta la durata di vita del prodotto, anche una volta aperto (1).

Come il processo produttivo può incidere sulla sicurezza del prodotto finito

In generale, le materie prime devono in ogni caso rispettare i requisiti di purezza (ad esempio non contenere sottoprodotti che possono avere effetti sulla sicurezza), essere “stabili” dal punto di vista microbiologico, fabbricate secondo le Good Manifacturing Practice (GMP) e nel rispetto delle procedure igieniche, a prescindere dalla loro origine. Non sono rari gli episodi di contaminazione microbica del prodotto finito che derivano da una contaminazione delle materie prime di origine vegetale avvenute nella fase di raccolta “in campo” o nelle successive fasi della lavorazione. Infatti, alcuni principi attivi innovativi o introdotti di recente spesso derivano da piante tropicali: è quindi essenziale verificare come e dove avviene la lavorazione, non solo ai fini della valutazione della sicurezza, ma anche per accertare il rispetto di specifiche tecniche (concentrazioni dichiarate del principio attivo, assenza di contaminanti).
Alcune sostanze di origine naturale subiscono dei processi di estrazione di cui bisogna accertare la sicurezza del prodotto finale. Ad esempio, uno dei metodi più diffusi per l’estrazione di principi attivi è la distillazione in corrente di vapore; tuttavia, è importante che il processo sia standardizzato al fine di evitare un eccessivo riscaldamento che potrebbe causare la formazione di sottoprodotti, in particolare idrocarburi, dalle parti legnose. Altre tecniche prevedono l’estrazione con solvente (ad es. etere o etanolo) e in questo caso le sostanze ottenute potrebbero contenere dei residui di solvente che possono incidere sulla sicurezza del prodotto finito.
Molto interessanti invece sono le estrazioni con CO2 in stato supercritico, in quanto l’estrazione avviene a basse temperature e quindi si riduce il pericolo di formazione di sottoprodotti per decomposizione termica e migliorano sia la concentrazione che la purezza delle sostanze attive.

La formulazione di un cosmetico con ingredienti di origine naturale

I principi attivi di origine naturale possono essere di interesse per il cosmetologo, anche considerando i vantaggi percepiti facilmente dall’utilizzatore a partire dall’appeal che esercitano anche solo con la rappresentazione grafica sull’imballaggio e i claims.
È indubbio che il formulatore dovrà trovare un equilibrio fra l’utilizzo di sostanze attive vegetali e l’efficacia, la capacità di permeazione cutanea (non è così infrequente che alcune sostanze per caratteristiche chimico-fisiche proprie siano difficilmente in grado di permeare e vadano perciò incorporate in sistemi di skin delivery), le modalità di fabbricazione, senza dimenticare la stabilità, la sicurezza e la funzionalità cosmetica, in quanto il consumatore si attende un prodotto che sia efficace e gradevole.
Il prodotto di origine naturale deve essere paragonabile nella texture e nell’efficacia al prodotto convenzionale; non deve avere odori sgradevoli derivanti dalle materie prime. Inoltre, come per le formulazioni più tradizionali non deve contenere contaminanti in quantità tali da alterare il prodotto e renderlo non sicuro per coloro i quali lo dovranno utilizzare, deve essere miscibile nelle fasi cosmetiche previste dalla formulazione e consono alla destinazione d’uso prevista.

Sostituire i conservanti: è possibile?

Una sfida interessante è la sostituzione dei conservanti di sintesi con ingredienti di origine naturale ma con effetti batteriostatici simili.
Spesso i clienti chiedono specificatamente prodotti “senza conservanti” o “senza parabeni”, in molti casi non avendo una vera e propria consapevolezza della funzione di queste sostanze che, invece, è quella di preservare il prodotto dall’inquinamento microbico e quindi garantire la sicurezza microbiologica, durante la fabbricazione e il riempimento, il trasporto, ma soprattutto dopo l’apertura e l’utilizzo proprio da parte del consumatore. Una volta che il prodotto cosmetico viene aperto fino al momento in cui viene terminato o non più utilizzato da parte del consumatore, una continua e variabile (cioè non nota) contaminazione microbica viene introdotta nel prodotto ed è provocata dalla salubrità dell’ambiente in cui si trova il cosmetico e dal fatto che verrà più volte a contatto con la pelle del consumatore (2). La produzione in azienda cosmetica prevede varie fasi potenzialmente “critiche” dal punto di vista microbiologico: ad esempio le materie prime tra cui anche l’acqua impiegata, l’ambiente di lavorazione (inteso come l’aria, le superfici, le macchine) rappresentano potenziali fonti di contaminazione anche se, grazie all’applicazione delle GMP, possono essere ridotte al minimo.
È importante che ci sia la percezione che i conservanti sono utilizzati proprio a garanzia della sicurezza del prodotto cosmetico, per evitare infezioni cutanee anche gravi (per quanto riguarda eventuali patogeni, Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus e Candida albicans sono considerati i principali potenziali patogeni per i cosmetici e devono risultare assenti dal prodotto cosmetico).
Sempre a proposito di qualità microbiologica del prodotto cosmetico finito, le linee guida redatte dell’CSSC (Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori) nella loro 9a versione distinguono i prodotti cosmetici in prodotti di categoria 1 (prodotti specificatamente formulati per bambini di età inferiore ai tre anni, per essere usati nell’area perioculare e sulle membrane mucose) e prodotti di categoria 2 (tutti gli altri).
Usualmente, per i cosmetici di categoria 1, il totale della conta dei microrganismi mesofili aerobi si vuole che non ecceda le 102 cfu/g o 102 cfu/ml di prodotto cosmetico finito (cfu = unità formanti colonia); mentre per i prodotti di categoria 2 il totale della conta dei microrganismi mesofili aerobi si vuole che non ecceda le 103 cfu/g o 103 cfu/ml di prodotto cosmetico finito (2).
A titolo informativo, si ritiene rilevante sottolineare che la 9a revisione delle linee guida redatte dal CSSC non è la più recente poiché ne è già stata pubblicata e resa disponibile una versione successiva (SCCS. The SCCS Notes of Guidance for the Testing of Cosmetic Ingredients and Their Safety Evaluation 10th Revision (2018)); tuttavia, è l’ultima in ordine cronologico che tratta l’aspetto microbiologico nel percorso di valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico e per tale ragione, rappresenta un punto di riferimento documentale importante.
Quantomeno da un punto di vista microbiologico, è piuttosto difficile pensare di formulare un cosmetico senza aggiungere alcuna sostanza con funzione conservante, se escludiamo qualche prodotto a basso rischio e confezionato in monodose. Intendendo con il termine prodotti a basso rischio quelli con un basso tenore di acqua libera (aw) come polveri, olii e prodotti alcoolici.
In ogni caso, il formulatore deve tenere in considerazione che talune sostanze potrebbero essere la causa dell’insorgenza di allergie (come gli olii essenziali e i metalli). Un obiettivo opportuno da porsi è di ridurre quando possibile le concentrazioni impiegate per evitare “effetti di sommatoria” dei conservanti impiegati, anche in ambiti diversi da quello cosmetico. Ad esempio, l’acido benzoico di per sé è un conservante di origine naturale (si trova nella frutta, in alcune spezie, nei funghi, ecc…) ed è utilizzato spesso in abbinamento con l’acido sorbico, sia in campo cosmetico che alimentare. Del resto, sono noti casi di allergia causati da acido benzoico, in quanto esiste un effetto sommatoria con quello utilizzato abbastanza frequentemente negli alimenti.
Pertanto, sarebbe ragionevole studiare e testare anche conservanti alternativi a quelli tradizionalmente impiegati. Come è noto, alcuni ingredienti di origine naturale possono avere anche proprietà antimicrobiche (ad esempio gli olii essenziali, alcoli, estratti vegetali); il meccanismo di azione è simile a quello dei conservanti convenzionali, vale a dire provocano la distruzione della parete cellulare (modifica della permeabilità di membrana o la sua distruzione, denaturazione delle proteine citoplasmatiche o di membrana, inattivazione dei sistemi enzimatici). Per contro, talune di queste sostanze potrebbero non figurare in Allegato V e quindi in tal senso, pur esercitando un’azione conservante, non sono soggette “a restrizioni” e cioè alle condizioni che stabiliscono:
1. il tipo di prodotto, le parti del corpo,
2. la concentrazione massima nei preparati pronti per l’uso,
3. eventuali altre indicazioni.
La valutazione della sicurezza deve tenere in debita considerazione anche queste sostanze, senza darla “per scontata”.
L’Allegato I stabilisce che per le sostanze contenute nei prodotti cosmetici debba essere noto il profilo tossicologico delle sostanze per tutti gli endpoint tossicologici pertinenti.
Naturalmente, il profilo tossicologico può riguardare una serie di endpoint diversi e in sede di valutazione finale, caso per caso, è possibile anche stabilire quali endpoint siano rilevanti, tenendo conto dei seguenti elementi: esposizione, uso del prodotto, caratteristiche fisico-chimiche delle sostanze, esperienza con le sostanze, ecc…. In particolare, l’Allegato I sottolinea che va dedicata particolare attenzione alla valutazione della tossicità locale (irritazione cutanea ed oculare) e alla sensibilizzazione cutanea. A tale scopo una valutazione dell’irritazione cutanea potrebbe essere condotta mediante l’esecuzione di patch test che potrebbe soddisfare un prerequisito importante per un’appropriata valutazione dei rischi e cioè la disponibilità di dati adeguati (3).
Da non sottovalutare il fatto che spesso sono soprattutto i comportamenti impropri dei consumatori che possono causare problemi di tipo microbiologico: contenitori lasciati aperti, aggiunta di acqua ai detergenti così durano di più, prendere il prodotto dal vasetto con le mani sporche, rimettere il prodotto nel contenitore perché se ne è preso troppo… Anche per questo motivo nella fase di progettazione di un cosmetico vengono eseguiti test allo scopo di verificare la stabilità del cosmetico quando sottoposto a vari stress, comprese le contaminazioni microbiologiche durante l’uso (ad esempio Challenge test, In use test, Curve di sopravvivenza, test di stabilità accelerata). Tra i più diffusi troviamo il Challenge Test e l’In use Test: il primo prevede una contaminazione artificiale del cosmetico con ceppi microbici a quantità nota e una valutazione della loro decrescita nel tempo; con l’In Use Test invece si simula l’utilizzo reale del prodotto da parte di un pool di utilizzatori per un certo periodo di tempo e si valuta la condizione microbiologica del prodotto al tempo zero e al termine della simulazione.

Altri ingredienti di origine naturale oggetto di interesse

Oltre ai conservanti, anche altri ingredienti non sono molto apprezzati dai consumatori più attenti all’ambiente a al concetto di green: un esempio su tutti è rappresentato dai siliconi.
Senza entrare nel dettaglio dei profili di pericolosità di queste sostanze e sulle diverse correnti di pensiero relative all’impiego nelle formulazioni cosmetiche, ci interessa descrivere la loro funzione e la possibile sostituzione con ingredienti alternativi.
I siliconi sono polimeri ottenuti mediante sintesi chimica, non sono derivati del petrolio ma sono composti da silicio, carbonio e ossigeno e sono generalmente definiti organopolisilossani; esistono diverse tipologie di derivati siliconici con diverse funzioni: siliconi leggeri e volatili, fluidi cere, elastomeri, gomme e resine, tutti caratterizzati da una notevole inerzia chimica (4).
Sono utilizzati in vari prodotti cosmetici grazie alla loro versatilità funzionale (skin-feel, effetto matt o gloss, idrorepellenza, emollienti e condizionanti) ma in particolare in prodotti per il make up, nello skin care e nei prodotti per i capelli, grazie alle proprietà filmogene; risultano essere coprenti pur non essendo untuosi o pesanti, impedendo la disidratazione di cute e capelli che è una delle caratteristiche per cui sono più apprezzati.
La ricerca si è orientata ad utilizzare sostanze con la stessa funzionalità ma di origine naturale, fra cui molto interessanti l’olio di Babassu, ma anche lo squalene, l’isoamil laurato, esteri dell’olio di oliva e tanti altri.
La ricerca di sostanze alternative all’impiego dei siliconi, se da una parte va nella direzione voluta dall’imposizione di restrizione che stabilisce che per 2 siliconi (Ottametilciclotetrasilossano (D4) e Decametilciclopentasilossano (D5)) non è ammessa l’immissione sul mercato di prodotti cosmetici da eliminare con acqua (noti come rinse-off) in concentrazione pari o superiore allo 0,1% in peso dell’una o dell’altra sostanza successivamente al 31 gennaio 2020 (5); dall’altra, asseconda la volontà di orientarsi alla scelta di ingredienti con un minore impatto ambientale che sarebbe opportuno accertare mediante la valutazione del profilo di pericolosità, in particolare per quanto riguarda i pericoli per l’ambiente, ai sensi del Regolamento CLP (6). Tuttavia, la valutazione della pericolosità per questi specifici aspetti per un prodotto cosmetico può rappresentare una priorità della società formulatrice o del responsabile dell’immissione sul mercato ma a tutti gli effetti, per i prodotti cosmetici allo stato finito e destinati all’utilizzatore finale il CLP non si applica. Inoltre, anche lo stesso Regolamento sui prodotti cosmetici si pone tra i propri obiettivi la sola tutela della salute umana, richiedendo nella relazione sulla sicurezza del prodotto cosmetico di specificare informazioni sull’esposizione umana e gli effetti tossicologici.

Conclusioni

I prodotti cosmetici caratterizzati dal fatto di essere formulati con ingredienti di origine naturale stanno guadagnando sempre più spazio sul mercato. Spesso al concetto di naturale viene affiancato quello di sicuro a prescindere oppure di più sicuro rispetto a un cosmetico tradizionale formulato impiegando ingredienti di sintesi. Tuttavia, il Regolamento sui prodotti cosmetici non fa sconti in tal senso e, indipendentemente dal tipo di ingredienti impiegati in una formulazione, impone che questa debba essere sicura dal punto di vista chimico, tossicologico e microbiologico, per tutta la durata di vita del prodotto, anche una volta aperto.
Nella scelta di ingredienti di origine naturale gioca un ruolo cruciale il processo di produzione (ad esempio, in fase estrattiva di prodotti di origine vegetale); in particolare le materie prime devono rispettare i requisiti di purezza, essere stabili dal punto di vista microbiologico, fabbricate secondo le Good Manifacturing Practice (GMP) e nel rispetto delle procedure igieniche. Non sono rari gli episodi di contaminazione microbica del prodotto finito che derivano da una contaminazione delle materie prime di origine vegetale avvenute nella fase di raccolta in campo o nelle successive fasi della lavorazione. L’uso di materie prime opportunamente certificate potrebbe essere di aiuto per avere a disposizione materie prime di elevato livello qualitativo.
Una sfida stimolante per la ricerca in ambito formulativo è indubbiamente volta alla sostituzione di alcuni ingredienti di origine sintetica con ingredienti di origine naturale: un esempio saliente è sicuramente rappresentato dai conservanti (di sintesi) rimpiazzati con ingredienti di origine naturale ma con effetti batteriostatici simili. Trovano infatti larga accettazione tra i prodotti free from quelli dichiarati “senza conservanti” anche se, in molti casi da parte di chi avanza questa richiesta non c’è una vera e propria consapevolezza della funzione di queste sostanze. Una volta che il prodotto cosmetico viene aperto fino al momento in cui sarà terminato o non più utilizzato, una continua e variabile contaminazione microbica viene introdotta nel prodotto. È fondamentale quindi che sia diffusa la percezione che i conservanti sono utilizzati a garanzia della sicurezza del prodotto cosmetico, per evitare infezioni cutanee anche gravi provocate dai principali potenziali patogeni per i prodotti cosmetici.
In ogni caso, è estremamente importante approfondire la conoscenza del profilo tossicologico degli ingredienti che si ritiene di voler impiegare, indipendentemente dall’origine di questi, anche mediante l’applicazione di test specifici e identificare quale è l’uso del prodotto cosmetico.
In generale, il grande goal per il formulatore è rappresentato dalla volontà e dalla necessità di coniugare la funzionalità del prodotto finito con la sostenibilità degli ingredienti (origine naturale, provenienti da fonti rinnovabili, se possibile biodegradabili o con impatto ambientale minimo, soprattutto per l’ambiente acquatico, anche nel mantenimento della biodiversità e della salvaguardia delle popolazioni), l’accettabilità da parte del mercato delle nuove formulazioni e l’imprescindibile sicurezza del prodotto cosmetico.

Bibliografia
1. Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 sui prodotti cosmetici
2. SCCS (2016) Revision of the SCCS Notes of Guidance for the Testing of Cosmetic Ingredients and their Safety Evaluation, 9th revision
3. Decisione di Esecuzione della Commissione del 25 novembre 2013 relativa alle linee guida sull’allegato I del regolamento (CE) n.1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici
4. AA.VV. (2007) Manuale del cosmetologo. Tecniche Nuove, Milano.
5. Regolamento (CE) n.1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n.793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n.1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE.
6. Regolamento (CE) n.1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n.1907/2006