8 €
Microbioma cutaneo Lactobacilli
Il singolo numero è in formato PDF (NO formato cartaceo)
Dagli scarti al glamour*
I sotto-prodotti dell’industria alimentare rivivono nei prodotti skin care
Giorgio Dell’Acqua
Gli scarti di caffè, pomodori, olive e agrumi hanno un impatto negativo sull’ambiente e sull’economia. Il riciclo di questi rifiuti potrebbe ridurne l’impatto ed incrementare la sostenibilità di questi ingredienti. Gli scarti delle lavorazioni alimentari sono ricchi di composti che possono essere riciclati in formulazioni cosmetiche con diversi benefici per la pelle.
Oggigiorno assistiamo sempre più alla riscoperta del potenziale legato al riciclo degli scarti provenienti dalle lavorazioni dell’industria alimentare, che possono essere impiegati per creare prodotti nuovi, sicuri ed efficienti per altre applicazioni, ad esempio nel settore farmaceutico, energetico, nutraceutico e cosmetico, solo per citarne alcuni (1). Negli ultimi cinquant’anni, l’incremento delle lavorazioni alimentari ha lentamente e considerevolmente generato una quantità notevole di sotto-prodotti non edibili, fra cui bucce di frutta e verdura, semi e foglie. Anche lo smaltimento delle acque reflue derivanti dalle lavorazioni alimentari è ormai a tutti gli effetti una problematica gestionale che mira a prevenire l’inquinamento ambientale (2).
L’idea di poter utilizzare ogni parte di una materia prima senza scartare nulla non è certo nuova. Nel 1993, nel suo controverso e rivoluzionario libro Ecology of Commerce, Paul Hawken citava “esempi di integrazione nella produzione” e parlava di centri industriali creati intorno a specifiche materie prime e relativi sotto-prodotti, per poterne utilizzare ogni parte senza alcuno scarto (3).
Hawken chiamava questo processo ecologia industriale; qui “l’inquinamento è eliminato mediante la messa a punto di specifici sottoprodotti affinché questi divengano materia prima di processi successivi”. Diverse industrie, dedite allo sviluppo di prodotti destinati a mercati differenti, hanno creato consorzi locali per riciclare i sottoprodotti in vari prodotti finiti.
Nei paesi sviluppati, il riciclo degli ingredienti non è più una scelta, bensì un obbligo. La crescita dei consumi si associa ad una limitazione delle opzioni in termini di materie prime, spingendo al limite l’impronta ambientale di una materia prima. Di fatto, se differenti industrie fossero in grado di “sfruttare” al meglio l’utilizzo di una data materia prima, ciò limiterebbe la necessità di approvvigionare la stessa materia molteplici volte e ne incrementerebbe la sostenibilità.
A titolo di esempio, l’industria cosmetica potrebbe estrarre materiali ricchi di polifenoli da parti del frutto non utilizzate nell’industria alimentare. Questi ingredienti vegetali conferiscono benefici antiossidanti; le aziende, che producono succo di mela e che scartano la buccia ed i semi del frutto, potrebbero vendere questi materiali alle aziende che producono estratti di mela ricchi di polifenoli per applicazioni cosmetiche, cosmeceutiche, nutraceutiche o farmaceutiche. Agli albori del 2000, la ricerca in questo ambito è letteralmente esplosa in diverse università finanziate da governi locali di tutto il mondo. Il punto cruciale sta ora nel comprendere e sviluppare protocolli di lavorazione in grado di valorizzare questi sottoprodotti.
Un recente esempio è il programma BioWaste fondato dalla DG AGRI (Direzione Generale dell’Agricoltura della Commissione Europea). Questo programma include progetti come Apopros e Tansbio. Apopros mira a “sviluppare soluzioni di lavorazione eco-efficienti e bio-meccaniche per arricchire le frazioni intermedie da residui di lavorazioni contenenti elevate quantità di oli e proteine, derivanti da sottoprodotti di agricoltura”. Tansbio invece si focalizza sullo sviluppo di nuovi prodotti dell’industria della lavorazione di frutta e verdura, utilizzando soluzioni biotecnologiche eco-compatibili (4).
I sottoprodotti, che includono semi, germogli, foglie e bucce, polpa inutilizzata, sono generalmente scartati. La quantità totale di questi sottoprodotti può variare dal 3 al 60% dell’intero alimento vegetale, come ad esempio avviene nel caso del carciofo (5). La sfida, nel recupero di questi sottoprodotti, sta nel trovare la tecnica di estrazione migliore e più eco-sostenibile per avere la maggiore resa senza compromettere la stabilità dell’estratto e dei suoi componenti. A questo seguirebbe la chimica analitica degli scarti e delle procedure volte alla valorizzazione di questi.
Poiché la composizione chimica di un sottoprodotto è simile a quella delle sue parti edibili (6), non ci è voluto molto a scoprire che la maggior parte dei sottoprodotti naturali di scarto ha un valore salutare similare, se non addirittura superiore, alle controparti edibili (7,8). La ricerca sulle proprietà dei sottoprodotti e sulle loro applicazioni è stata pubblicata e parte di essa è presentata di seguito. Vengono quindi riportati esempi di lavorazione di scarti di caffè, pomodoro, olive e agrumi per uso cosmetico. Questi ingredienti sono molto utilizzati in tutto il mondo, quindi i loro rifiuti hanno un impatto negativo sull’ambiente e sull’economia. La possibilità di riciclare questi rifiuti potrebbe ridurre questo impatto ed incrementare la sostenibilità di questi ingredienti.
Riconnettiti con le tue origini per una pelle più “sana”
Rafforzare la doppia funzione barriera
Júlia Comas, Olga Laporta, Marie Ollagnier, Laia González, Raquel Delgado, Antonio Tedesco, Susanna Staiano
La mancanza di un efficace sistema di difesa è evidente in molte persone che vivono in ambienti urbani, più inclini a soffrire di sensibilità cutanea con disidratazione della pelle, squamosità e disagio. Un ridotto contatto con la natura e il crescente processo di urbanizzazione sono correlati a un aumento del rischio di condizioni infiammatorie della pelle, principalmente a causa di alterazioni nel microbiota cutaneo.
Lo studio del microbioma cutaneo di una popolazione che viveva a stretto contatto con la natura e che non aveva alcun precedente contatto con il resto del mondo ha permesso di capire come fosse la pelle dei nostri antenati. Pertanto, contribuendo a promuovere un microbioma cutaneo simile a quello dei nostri antenati, è possibile ottenere una pelle più sana e forte.
Reconnect with your origins for a healthier skin
Strenghtening the double skin barrier function
A lack of an effective defense system is evident in many individuals living in urban environments, who are more prone to suffer from skin sensitivity, with signs such as skin dehydration, scaliness and discomfort. A reduced exposure to nature, associated with the urbanization process, has been correlated with an increase in the risk of inflammatory skin conditions, mainly due to alterations in the cutaneous microbiota.
The study of the skin microbiome of an uncontacted population, who lived in close contact with nature and who did not have any previous contact with the rest of the world, allowed to understand how the skin of our ancestors was. Therefore, by helping promote a similar skin microbiome to that of our ancestors, a healthier and more reinforced skin can be obtained.
Anti-pollution: innovativo test in vitro
Per quantificare il particolato che entra nel nostro corpo
Marta Cavo
Il particolato atmosferico è considerato l’inquinante più pericoloso, poiché a causa delle sue ridotte dimensioni ha la capacità di infiltrarsi nelle cellule del nostro corpo, e in particolare in quelle del tratto superiore dell’apparato respiratorio (cavità nasali, faringe e laringe) e della pelle (follicoli). A contatto con la pelle, l’inquinamento può generare vari effetti indesiderati come infiammazione e secchezza. Il mercato cosmetico e dei medical devices si sta muovendo per proporre soluzioni avanzate atte a contrastare l’infiltrazione degli inquinanti nella pelle; questi prodotti sono per lo più a base di sieri antiossidanti o fosfolipidi. Alla necessità di proporre nuovi prodotti si affianca però la necessità di test affidabili e realistici per valutare in modo preciso e riproducibile l’efficacia di tali formulazioni. React4life, nata nel 2016 a Genova, si occupa di test in vitro innovativi, condotti in ambienti altamente tecnologici (bioreattori); nel campo della cosmetica e in particolare dell’anti-pollution, ha brevettato un innovativo test in vitro che permette per la prima volta di quantificare gli inquinanti che penetrano nella pelle. Il test permette quindi di avere dati precisi e riproducibili sull’effetto schermante dei prodotti anti-pollution; ciò contribuirà ad avere prodotti sempre più competitivi per la protezione della pelle. In questo articolo vengono spiegati i metodi adottati dall’azienda e i risultati ottenuti testando una lozione anti-pollution commerciale.
Anti-pollution innovative in vitro test
To quantify the particulate that enters from the skin in our body
Atmospheric particulate matter is considered the most dangerous pollutant, due to its small size and to its ability to infiltrate the cells of our body, and in particular those of the upper respiratory tract (nasal cavity, pharynx and larynx) and of the skin (hairs pores). In contact with the skin, pollution can generate various undesirable effects such as inflammation and dryness. The cosmetic and medical devices market is moving to propose advanced solutions to fight the infiltration of pollutants into the skin; these products are mostly based on anti-oxidant or phospholipid sera. However, the need for new products is accompanied by the need for reliable and realistic tests to assess the effectiveness of these formulations in a precise and reproducible way. React4life, founded in 2016 in Genova, deals with innovative in vitro tests, conducted in highly technological environments (bioreactors); in the field of cosmetics and in particular of anti-pollution, has patented an innovative in vitro test that allows for the first time to quantify the pollutants passing through the skin. The test therefore allows to have precise and reproducible data on the shielding effect of anti-pollution products; this will contribute to having increasingly competitive products for skin protection. This article explains the methods adopted and the results obtained by testing a commercial anti-pollution lotion.
Tutta la verità (o quasi), numeri alla mano
Andrea Maltagliati
Nella vasta galassia del cosmetico, ci sono mondi che stiamo imparando sia meglio non esplorare, o meglio non esplorare più. Sono sempre più numerosi, ed a volte bizzarri, i “divieti ed i limiti” imposti al formulatore che vanno sotto il nome di Free-from. A volte sembra che non importi nemmeno “senza” cosa, basta che sia Free-from. Ciò, insieme ai numerosi claim che richiamano a naturale, sostenibile ecc., crea uno stretto imbuto attraverso il quale il formulatore passa ormai con estrema difficoltà cercando di bilanciare stabilità, performance e costi del formulato. La Business Unit Solution di Zschimmer & Schwarz Italia ha provato a “fare i conti” in merito ad uno dei claim tra i più usati ed abusati: Sulfate-Free. Abbiamo analizzato inoltre, quasi ogni possibile aspetto dal punto di vista del formulatore, delle performance dei formulati, della situazione di mercato, della percezione dei consumatori e dei costi formula. I risultati ottenuti sono stati, per certi versi, sorprendenti.
Sulfate-Free
(Almost) all the truth, in numbers
In the wide galaxy of cosmetics, there are worlds that we are learning it is better not to explore, or rather do not explore anymore. “Prohibitions and limits” imposed to the formulator are growing in number and sometimes are bizarre too, they are known under the name of “Free-from”. Sometimes it does not even matter “without” what, it is just enough to be “Free-from”.
This, together with the many demands that call to the natural, sustainable, etc., creates a narrow funnel through which the formulator now passes with great difficulty trying to balance: stability, performance and cost of the formulation. The Business Unit Solution of Zschimmer & Schwarz Italia has tried to “calculate and face” one of the most used and abused marketing claim: Sulfate-Free. We have analyzed almost every possible aspect from the point of view of the formulator, the performance of the finished products, the market situation, the consumers perception and the cost-in-use. The obtained results are sometimes surprising.