Come ben noto, le materie plastiche sono estremamente presenti nelle nostre vite e nella nostra economia. Esse infatti sono sufficientemente leggere, risultano idonee per diversi scopi in contesti di lavoro e domestici, e sono spesso meno costose di altre. Tuttavia, se non vengono correttamente smaltite o riciclate nella fase post-consumo, possono venire abbandonate nell’ambiente dove sono in grado di “sopravvivere” per periodi infinitamente lunghi e degradarsi via via in pezzetti piccoli chiamati “microplastiche”, che sono la causa di grandi preoccupazioni per gli effetti che sono in grado di provocare.
Abbiamo incontrato Federica Keller, R&D e supporto tecnico in Biochim, e con lei abbiamo parlato proprio di polimeri, plastiche e microplastiche.
D. Iniziamo a dire qualcosa a proposito dei polimeri. Come sono legati tra loro polimeri e prodotti cosmetici?
R. È il caso di specificare che il termine “polimeri” include una grande varietà di ingredienti usati nei cosmetici caratterizzati da differenti proprietà. Essi offrono una vasta gamma di importanti vantaggi funzionali per consentire le performance e le qualità richieste ai prodotti per la cura della persona: coprono funzioni tra cui film former, modificatori reologici, leganti, fissativi, disperdenti e agenti incapsulanti.
D. È sempre più diffusa l’attenzione che i consumatori e il mercato, più in generale, rivolgono agli effetti che le loro scelte hanno sull’ambiente. Le etichette possono aiutare?
R. A fronte delle emergenti preoccupazioni relative agli effetti provocati sull’ambiente dagli ingredienti polimerici e dalle microplastiche, come operatori dobbiamo essere consapevoli che l’elenco degli ingredienti riportato in etichetta da solo non è sufficiente per identificare (e far identificare ai consumatori) un potenziale ingrediente microplastico. Infatti, materiali con lo stesso nome INCI potrebbero avere una chimica simile ma presentare caratteristiche fisiche estremamente diverse, oltre a qualità e applicazioni differenti. Come spiega anche il Personal Care Product Council in un suo documento informativo, sono molti i fattori che devono essere considerati per discriminare e identificare un materiale come una microplastica. Bisogna tener conto sì della dimensione delle particelle, ma anche delle proprietà chimico-fisiche e della persistenza a livello ambientale, oltre al fatto che le microplastiche, per essere definite tali, devono essere materiali solidi. È chiaro che tutte queste caratteristiche non sono esplicitate solo con un nome INCI di un ingrediente, e sebbene sia vero che tutte le plastiche sono polimeri è importante ricordare che non tutti i polimeri sono plastiche. Infatti, sono noti diversi ingredienti che pur contenendo il termine “poli” all’interno della propria denominazione sono materiali completamente solubili in acqua e non potrebbero mai esistere come microplastiche in particelle solide. Ci sembra inaccurato e fuorviante concludere che tutti i polimeri danno “vita” a delle microplastiche.
D. Come possiamo descrivere le microplastiche?
R. A questo proposito vorrei citare testualmente la definizione data dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA): A material consisting of solid polymer-containing particles, to which additives or other substances may have been added, and where ≥ 1% w/w of particles have (i) all dimensions 1 nm ≤ x ≤ 5 mm, or (ii), for fibres, a length of 3 nm ≤ x ≤ 15 mm and length to diameter ratio of >3.
Quindi, semplificando, potremmo dire che si tratta di particelle solide molto piccole (inferiori a 5 mm), con forma fisica definita e composte da miscele di polimeri (i componenti primari della plastica) e additivi funzionali. Possono anche contenere impurezze residue del processo di fabbricazione.
D. Mi sembra di intuire che ci sia un grande misunderstanding nell’immediata connessione tra polimeri e microplastiche? Da che cosa è nato?
R. Dobbiamo fare un passo indietro e posizionare il calendario a gennaio 2019, quando l’ECHA ha presentato una proposta di restrizione ai sensi dell’Allegato XV del Regolamento REACH proprio relativa alle microplastiche, a cui ha fatto seguito la consultazione pubblica iniziata a marzo 2019. Lo scopo di questa restrizione è limitare l’uso di microplastiche aggiunte intenzionalmente in prodotti di consumo o di uso professionale di qualsiasi tipo. Le microplastiche possono formarsi in maniera non intenzionale per effetto dell’uso di prodotti di plastica di dimensioni maggiori (è questo il caso dei tessuti sintetici) o, al contrario, essere fabbricate e aggiunte intenzionalmente nei prodotti per uno scopo specifico, per esempio i vecchi beads di polietilene, restando in tema di prodotti cosmetici.
Proprio nella proposta di restrizione sono stati menzionati i polimeri (e le loro funzioni); tuttavia, i polimeri inclusi nella Tabella 44 dell’Allegato D della proposta non incontrano necessariamente la definizione di microplastica.
Si tratta, infatti, di un elenco che è stato usato dall’Agenzia solamente per calcolare l’impatto di eventuali restrizioni per questi polimeri. Per questo motivo, la lista di ingredienti contenuta nella “famosa” tabella non è da intendere come una lista di ingredienti che devono essere considerati microplastiche.
D. Le diverse associazioni dell’industria cosmetica di tutta Europa sono impegnate in una raccolta dati sull’uso reale delle materie prime presenti nella sopracitata tabella, al fine di fornire numeri più precisi nella consultazione pubblica inerente alla proposta di restrizione dell’ECHA. Come si sta muovendo l’industria?
R. Lubrizol (di cui Biochim è rappresentante per l’Italia) si è impegnata e tuttora continua a garantire che l’ECHA riceva solide informazioni scientifiche per la sua deliberazione su una possibile restrizione all’uso intenzionale di microplastiche.
D. Quali sono gli esiti delle valutazioni che sono state condotte sui polimeri di interesse per la vostra società?
R. A questo proposito è possibile affermare che i polimeri della nostra casa mandataria, che trovano impiego in prodotti personal and home care (tra cui ricordiamo alcuni noti marchi come Carbopol®, Pemulen®, Merquat™ e Avalure™), non incontrano la definizione proposta dall’ECHA di microplastica e quindi non rientrano nell’ambito di una futura restrizione all’uso delle microplastiche in prodotti cosmetici.
Infatti la nostra casa mandataria ha condotto una valutazione comparativa delle proprietà chimico-fisiche tra i polimeri acrilici e le microsfere di plastica solida, al fine di evidenziarne le differenze. Si è mostrato che questi polimeri sono modificatori reologici, stabilizzanti, film former o copolimeri cationici acquosi sviluppati per una migliore compatibilità e trasparenza nei sistemi di tensioattivi anionici. Nelle formulazioni non mantengono né una forma fisica definita né vengono utilizzate come particelle per lo scrub. Inoltre sono altamente disperdibili in acqua.
Ma non solo! La nostra casa mandataria ha realizzato anche una valutazione del rischio al fine di accertare, in condizioni d’uso realistiche, il potenziale rischio ambientale derivante dall’uso di polimeri acrilici nei prodotti cosmetici finiti. I risultati sono stati in grado di dimostrare che l’uso dei polimeri acrilici nei prodotti finiti per la cura della persona non determina un rischio per l’ambiente.
D. Ad oggi a che punto è arrivato lo stato di avanzamento dei lavori che porterà probabilmente a formalizzare una restrizione?
R. Il Risk Assessment Committee (RAC) ha adottato la sua opinione dello scorso giugno. Si attende per la fine dell’anno l’opinione finale del Socio-Economic Analysis Committee (SEAC) a seguito di una consultazione pubblica che avverrà durante l’estate.
La consultazione della Draft Opinion del SEAC durerà 60 giorni ed è stata avviata proprio a inizio luglio. Il parere consolidato di entrambi i comitati dovrebbe essere pronto entro la fine del 2020. La decisione sulla restrizione sarà adottata dalla Commissione europea dagli Stati membri dell’UE ed esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Si ritiene che l’entrata in vigore della restrizione sarà per il 2022.
D. Qual è il parere di Cosmetics Europe?
R. In alcune recenti interviste rilasciate da John Chave, Direttore generale dell’associazione1, sono state delineate diverse tipologie di scenari. Nella peggiore delle ipotesi le industrie cosmetiche, in particolare le PMI, avranno bisogno di tempo per adattare le proprie formulazioni, in particolare quelle relative ai prodotti leave-on che sono generalmente piuttosto complesse. Potrebbero addirittura trovarsi nella condizione di rivedere il loro portafoglio prodotti. Una delle ipotesi è che alcuni prodotti “cadano” al di fuori di questa restrizione (ad esempio i prodotti per il makeup, unghie e labbra), poiché incidono estremamente poco sull’ambiente considerando che i consumatori solitamente li rimuovono aiutandosi con le salviettine. Questa eventuale restrizione sui prodotti cosmetici è stata definita “sproporzionata”, intendendo che i costi di riformulazione sono molti ampi e viene richiesto uno sforzo economico molto importante a fronte di prodotti che hanno un impatto estremamente limitato sull’ambiente in questo senso2.
1www.cosmeticsdesign-europe.com/Article/2020/06/18/ECHA-microplastics-restriction-impact-on-beauty-and-personal-care-clear-says-Cosmetics-Europe
2www.cosmeticsdesign-europe.com/Article/2020/06/18/ECHA-microplastics-restriction-disproportionate-against-cosmetics-says-Cosmetics-Europe-and-CTPA?utm_source=copyright&utm_medium=OnSite&utm_campaign=copyright
Per informazioni: federica.keller@biochim.it • www.biochim.it
Intervista pubblicata su Cosmetic Technology 4, 2020