1753, Cappella Sansevero, Napoli. Cristo giace coperto da un velo sottilissimo. Guardandolo si coglie qualche spasmo muscolare di un uomo pervaso dalla fatica, si avverte un debole respiro, gli occhi aprirsi, la sofferenza patita, che il giaciglio sia confortevole. Ebbene, è un falso! L’uomo sofferente è indiscutibilmente un prodigio ma… non è un uomo e non ha un velo: è un unico meraviglioso blocco di marmo. Le sembianze talmente umane da farci pensare che, se avesse avuto un po’ più di forze in corpo, si sarebbe potuto alzare non lo allontanano dalla sua vera natura: è inorganico. Non c’è traccia di un cuore che batte e non c’è respiro. Davanti a tanta perfezione, il nostro occhio si arrende: vede qualcosa di dimensionalmente simile a un uomo, le fattezze sovrapponibili, empatizza con lo strazio fino a farlo vivere.
2023, ufficio, Milano. Mi propongono di fare un confronto tra la risposta di un professionista degli affari regolatori e quella dell’intelligenza artificiale; un cliente invia un quesito relativo a come avrebbe dovuto strutturare l’etichetta di un suo prodotto. Rispondo. Poi, leggo quanto proposto dall’intelligenza artificiale. Con mia sorpresa trovo un testo ben organizzato con riferimenti a quanto citato dal cliente e alle sue necessità, riferimenti di carattere generale alla norma e un suggerimento operativo, una buona sintassi, senza ripetizioni. Se non avessi padroneggiato l’argomento, io a quella spiegazione delle restrizioni d’uso avrei potuto credere.
Quante informazioni non veritiere ma ben confezionate potranno essere realizzate, con uno sforzo minimo? Un’amica quando le ho raccontato l’esperienza mi ha presentato il caso tesi di laurea. Se è vero che la tesi dovrebbe essere vissuta come un momento per far confluire il proprio sapere in un progetto, in questo modo, potrebbe essere ridotto alla mera esecuzione di un compito zeppo di prodezze linguistiche ma senza che questo offra la possibilità di cimentarsi e sperimentare.
In cosmetica, fiumi di prodotti destinati a individui diversi per età, genere, potere di spesa ecc. se da una parte, il consumatore è attento e dedito alla ricerca di informazioni su ciò che acquista, dall’altra è ancora più preoccupato degli effetti avversi. Per questo, in molti, come alternativa ai convenzionali, prediligono i prodotti naturali ritenuti maggiormente sicuri. La domanda è: come delle notizie false (o parzialmente vere, aggiungo io) possono insinuarsi nel consumers’ decision-making?1 Per quanto appena affermato, probabilmente molto! Inoltre, le informazioni vengono rapidamente diffuse attraverso i social; addirittura una percentuale significativa della popolazione americana si affida alle piattaforme per informarsi. Se da un lato, i social media favoriscono le interazioni tra gli individui e sono utilizzati dai brand per propagarsi capillarmente, dall’altro, la veridicità delle notizie è un aspetto critico, anche considerando la valanga di novità “dubbie” che diffondendosi rapidamente in alcuni casi possono danneggiare le imprese. Nella verifica dei contenuti online – così come nella revisione dei testi – la soluzione passa per la verifica di dati e fonti; se l’intelligenza artificiale può intervenire e sostituirsi all’uomo nell’esecuzione di lavori ripetitivi restituendo tempo, potrebbe addirittura essere messa all’opera per scovare i falsi e limitarne la divulgazione2.
1.Sushant K, Shalini Ta, Satish K et al. Purchasing natural personal care products in the era of fake news? The moderation effect of brand trust. J Retail Consum Serv. 2021;63.
https://doi.org/10.1016/j.jretconser.2021.102668
2.Obadă DR, Dabija DC. “In Flow”! Why Do Users Share Fake News about Environmentally Friendly Brands on Social Media?. Int J Environ Res Public Health. 2022;19(8):4861.
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Ocimum centraliafricanum, Copper flower, indicatore di giacimenti di rame (5)