Direttore scientifico
di Innovazione in Botanicals
Leggo dall’Internazionale alcune stentoree e autorevoli informazioni, da “Le notizie di scienza della settimana” di Claudia Grisanti che riporto testualmente:«Lo scorso settembre è stato il più caldo a livello globale, con una temperatura di circa 1,75°C più alta rispetto al periodo preindustriale.
Il 41 per cento delle specie di anfibi è a rischio di estinzione, a causa del cambiamento climatico e della perdita di habitat.
In Amazzonia la temperatura del lago Tefé è aumentata in questi giorni fino a 39 gradi. Sono morti molti animali, tra cui un centinaio di delfini.
Sono più di 43 milioni i minori che nel corso di sei anni hanno dovuto lasciare le loro case a causa di eventi climatici, soprattutto alluvioni e tempeste.»
E ancora altre simili notizie….
Da tempo mi chiedo come sia possibile che a fronte di questa, e ben altre e ancor più inquietanti realtà fattuali, e conoscendo i dati raccolti da illustri e autorevoli scienziati sul tema, possano esserci ancora persone scettiche riguardo al riscaldamento globale. Mi sono allora domandata quale bias cognitivo poteva intervenire a rimuovere tali evidenze e ho trovato non una ma ben sette possibili risposte.
Bias di conferma: le persone tendono a cercare e accettare informazioni che confermano le loro opinioni preesistenti e a respingere quelle che le contraddicono. Una posizione di scetticismo sul riscaldamento globale, induce a cercare attivamente informazioni/conferme che sostengono questa posizione.
Bias di autorità: alcune persone possono essere influenzate da autorità o figure pubbliche che negano o minimizzano il riscaldamento globale. Questo può portare a un’adesione acritica alle loro opinioni.
Bias di dissonanza cognitiva: in questo caso si è portati a evitare la dissonanza cognitiva, che è l’esperienza di disagio causata da opinioni contrastanti. Se accettare il riscaldamento globale comporta cambiamenti significativi nello stile di vita o richiede azioni che possono essere percepite come scomode o costose, si è indotti a negare o minimizzare il problema per ridurre questa dissonanza cognitiva.
Bias di ottimismo ingiustificato: significa credere che il riscaldamento globale sia un problema troppo grande o lontano da risolvere, il che produce un atteggiamento di ingiustificato ottimismo per evitare sentimenti di impotenza.
Bias di negazione del rischio: risulta oltremodo rassicurante minimizzare i rischi associati al cambiamento climatico o pensare che le conseguenze negative non ricadranno sulla propria persona. Questo può portare alla negazione del problema o alla sua sottovalutazione.
Bias di identità culturale: le opinioni sul riscaldamento globale possono essere influenzate dall’identità culturale e politica delle persone. Alcune ideologie o gruppi sociali potrebbero negare il riscaldamento globale perché è incongruente con le loro convinzioni o interessi.
Bias di percezione della complessità: il cambiamento climatico è un problema complesso e interconnesso che può essere difficile da comprendere completamente. Alcune persone potrebbero negare il problema perché lo trovano troppo complicato o perché si sentono sopraffatte dalla sua complessità.
Alcuni di questi bias sono alimentati e “giustificati” da posizioni negazioniste decisamente minoritarie tra gli scienziati del clima, i quali sostengono che statisticamente, e cioè leggendo il riscaldamento globale in una prospettiva temporale molto più lunga, la variazione di temperatura sia irrilevante. Ma tale tesi è ampiamente sconfessata da autorevolissime Organizzazioni scientifiche di rilevanza mondiale, come l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e la National Aeronautics and Space Administration (NASA) negli Stati Uniti, che hanno svolto ampie revisioni della letteratura scientifica e hanno concluso che il cambiamento climatico è innegabile, ed è causato principalmente dall’emissione di gas serra antropogenici provenienti da combustibili fossili e da altre attività industriali. E se è un fenomeno causato dall’uomo è quindi suscettibile di mitigazione. Ecco quindi che la transizione da un’economia lineare a quella circolare è imperativa e urgente non solo perché le risorse della terra non sono infinite, ma anche per ridurre significativamente le emissioni da combustibili fossili.
Educare le persone sul valore delle evidenze scientifiche, promuovere la consapevolezza e affrontare e risolvere i bias citati, può contribuire a migliorare la comprensione e le possibili azione sul cambiamento climatico. Ma evidentemente, non sono solo i bias cognitivi a essere in gioco.
Ho avuto il piacere, recentemente, di presenziare nuovamente alla giornata di Premiazione di Federchimica Giovani in un clima di ottimismo e di fiducia nella scienza; ebbene, mi ha riempito di gioia e di speranza poter vedere come la qualità dei lavori presentati, grazie a insegnanti appassionati e impegnati nella formazione scientifica dei loro studenti, fosse straordinariamente evoluta rispetto ad anni fa, e come temi quali l’economia circolare – e questo numero della rivista è ricco di esempi virtuosi – l’utilizzo di biotecnologie, e la sensibilità per i temi ambientali fossero sinceramente sentiti da tutti i presenti: alunni di scuole primarie e secondarie e insegnanti che con esemplare accuratezza nel linguaggio hanno presentato le più recenti innovazioni, spiegate in modo semplice come i migliori divulgatori scientifici potevano fare. Una lezione per molti e una speranza di un futuro migliore.
Ocimum centraliafricanum, Copper flower, indicatore di giacimenti di rame (5)