«Ma poi un giorno da un portone mal chiuso tra gli alberi di un cortile vedremo il giallo dei limoni; e il gelo del cuore si scioglierà, e il petto si riempirà delle loro canzoni squillanti come le trombe dorate della solarità.»
Questo editoriale nasce durante le ferie estive. Quando la rivista arriverà tra le mani dei lettori saranno solo un ricordo di cui si conservano decine di foto archiviate negli smartphone o whatsappate agli amici, a sostituire le più storiche cartoline. Il Paese esibisce chilometri e chilometri di spiaggia, un susseguirsi di ombrelloni che si alternano agli scogli o manufatti antropici. In spiaggia siamo tutti rilassati, un miscuglio di accenti più o meno deformati dalla permanenza nei luoghi di lavoro; si sente la musica diffusa di un bar interrotta per annunciare la lezione di acquagym; c’è chi legge, chi osserva, chi fa il bagno, chi gioca a racchettoni con l’acqua alle ginocchia per rinfrescarsi con cappello e occhialoni da sole forse a mascherare una notte brava, chi prende più o meno attivamente il sole sul lettino accarezzato dalla brezza. La sera poi ha un collante sociale che ho recentemente rivalutato riconoscendone, a mio avviso, l’effettivo valore: le feste di piazza in cui le persone sono impegnate per il bene delle persone; pietanze semplici, tavoli allestiti appena fuori dai campetti da calcio o per strada, esibizioni di ballo, gruppi musicali. Appuntamenti a cui è chiamato a partecipare chiunque, senza etichette particolari per trovare refrigerio perché è rimasto solo in città, non si è potuto allontanare per varie ragioni e, come gli altri, ha tanta voglia di scrollarsi di dosso la pesantezza. Io sono qui e, a volte, sembra di essere in uno scatto di Martin Parr.
Percorrendo le strade d’Italia a scovare posti, anche da raccontare, mi rendo conto che Milano, dove sono stanziale da una decina d’anni, è un grande raccoglitore di persone, eventi e “week” che però rischia di essere una “bolla” in cui, generalmente, si finisce per convergere sugli stessi sfarzosi spazi dimenticando di quanto una cura armonica di tutto il territorio potrebbe giovare distribuendo bellezza ed opportunità. A questo proposito, in un’intervista di diversi anni fa l’architetto e Senatore a vita Renzo Piano ha ricordato che «il nostro Paese, così bello e così fragile, ha bisogno di un grande progetto di rammendo del territorio, perché sono tanti i problemi che abbiamo». «Amo i centri delle città, però la vera sfida del futuro è nelle periferie. Le periferie sono fabbriche di desideri, di aspirazioni e poi nelle periferie abita l’80-90% delle persone che vivono in città. Questa parola è sempre accompagnata da un aggettivo denigratorio […] quando ci lavori scopri che sono piene di energia e non solo, anche di bellezza. C’è bellezza umana, ma anche la bellezza tout court», così Piano invitò i politici ad occuparsi delle fragilità del territorio.
Il nostro Paese è anche colline e montagne che nascondono laghi, Borghi e Città. Tra gli elementi artistici a cui sono personalmente più legata vi sono le dimore storiche, testimonianza di antiche ricchezze e splendore in&out come Villa Lante (VT); un delicato ecosistema a mio parere rappresentativo dell’attenzione e dell’impegno che è necessario porre nella cura di sé ma anche nella cura degli ambienti in cui viviamo.
«Sotto il cielo di un’estate italiana» (cantavano Bennato e la Nannini) nel meriggiare pallido e assorto montaliano scopriamo angoli più o meno noti di territorio che, esattamente come pelle e capelli, hanno dei bisogni, soprattutto una necessità di protezione da ciò che è esogeno o comportamenti scorretti e dove spesso la cura è proprio mettersi nella condizione che non vi sia il trauma (1).
Hoareau F, Mahé A. Cosmetici e diversità: considerazioni sociopsicologiche.
EMC – Cosmetologia Medica e Medicina degli Inestetismi Cutanei.2024;21(1):1-4.
Ocimum centraliafricanum, Copper flower, indicatore di giacimenti di rame (5)