Dal laboratorio dell’università
alla creazione di uno spin-off

Dal laboratorio dell’università
alla creazione di uno spin-off

L’esperienza di UNIRED

Due chiacchiere con...

Alessandra Semenzato
Direttore scientifico UNIRED e docente presso l’Università degli Studi di Padova

Ascoltare una presentazione della Prof.ssa Semenzato durante un convegno è come partire per un viaggio dal quale si tornerà arricchiti; si viene condotti per mano dalla sua determinatezza e indiscutibilmente rapiti dalla sua capacità di accogliere gli stimoli dall'esterno, di osservare oltre a vivere nel reale. Curiosi di conoscere qual è stata la sua carriera accademica fin dai primi esordi e di sapere come è nato UNIRED, spin-off dell’Università degli Studi di Padova, abbiamo fatto quattro chiacchere con Alessandra Semenzato.

R. Mi sono iscritta a Chimica e Tecnologie Farmaceutiche (CTF) con moltissima convinzione, perché fin dal liceo mi ero innamorata della chimica e quindi non ho mai avuto dubbi su cosa volessi fare. Ero inizialmente orientata a iscrivermi alla Facoltà di Chimica, ma nello stesso anno della mia immatricolazione universitaria è stato avviato il Corso di Laurea in CTF, proprio nella mia città. Ho quindi deciso di orientarmi alla chimica applicata anziché alla chimica pura. Mi sono laureata con una tesi in biochimica supervisionata da un professore che mi ha stimolato a proseguire la carriera accademica, avendo visto in me delle doti che io stessa non sapevo di avere. Ammetto che, prima di allora, non ci avevo mai pensato, ma insegnare è tutt’ora la cosa che mi piace di più del mio lavoro universitario, quindi gli sono davvero grata.
Il referente del gruppo di biochimica in cui lavoravo era il Prof. Benassi, da poco rientrato a Padova da Ferrara, dove aveva avviato l’iter per la realizzazione della scuola di specializzazione in cosmetica (oggi Cosmast) e aveva deciso di mettere in piedi insieme al Prof. Bettero un gruppo che si occupasse di cosmetica, in particolare di analitica, in appoggio alla richiesta crescente da parte delle aziende di metodologie, in vista del recepimento in Italia della Direttiva europea del ‘76.
Pochi giorni dopo la laurea il Prof. Benassi mi offrì una borsa di studio che accettai, nonostante la cosmetica fosse per me una disciplina sconosciuta e (lo confesso) lontana dai miei interessi. Catapultata a Ferrara alla scuola di specializzazione in cosmetica, ho scoperto un mondo che da una parte mi affascinava ma dall’altra mi spaventava, perché molto lontano dall’idea della ricerca “ideale” in cui mi ero formata.
Nel giro di pochi anni sono riuscita a entrare come ricercatrice all’Università degli Studi di Padova, dove ancora insegno Chimica dei prodotti cosmetici dal 2006 e dove nel corso degli anni ho scoperto una vera passione per la cosmetica, ampliando i miei interessi dall’analitica alla formulazione e alle tecniche fisiche di caratterizzazione dei materiali, in un processo naturale e continuo.
Se all’inizio la cosmetica non rientrava nel mio immaginario (anche perché avevo molti preconcetti al riguardo), alla fine si è rivelata una strada che mi corrispondeva pienamente, forse proprio in quanto non preordinata.
D’altronde John Lennon disse: “La vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti” (N.d.R).

R. Uno dei primi lavori che ho pubblicato riguardava un metodo per valutare la quantità di formaldeide derivante dall’uso dei preservanti; un metodo innovativo che rendeva la procedura molto semplice e rapida. Dopo la pubblicazione, il responsabile del Controllo Qualità di una multinazionale cosmetica mi inviò una lettera (le mail non esistevano ancora!) per ringraziarmi, in cui mi diceva come quel metodo aveva di gran lunga semplificato l’iter dei controlli, liberando tempo prezioso per i suoi collaboratori. Avevo gettato il primo seme. Il mio obiettivo, infatti, è sempre stato quello di fornire alle aziende delle soluzioni ma anche un metodo di lavoro. In molte realtà produttive mancano gli approcci metodologici che invece sono propri del bagaglio di chi lavora all’università. Provo molta soddisfazione quando la collaborazione crea qualcosa di utile che spesso si concretizza anche in nuovi prodotti. È un po’ come il lavoro dello chef… e a me piace cucinare, oltre che mangiare!
Da questo desiderio di relazione con le aziende è nato dunque UNIRED.

R. “UNI” sta per “università” e in origine il nome completo era UNIR&D, con un chiaro richiamo al reparto Research & Development delle aziende. Sfortunatamente la scelta di avere nel nome una lettera come la & commerciale non si è rivelata in linea con le logiche dei motori di ricerca, così quando abbiamo deciso di rivedere la nostra comunicazione digitale abbiamo scelto il nome UNIRED.

R. La prima idea di spin-off mi è venuta nel 2000 quando ho partecipato alla prima edizione di una competizione (Start Cup) proposta dall’Università degli Studi di Padova per la selezione di idee imprenditoriali innovative derivanti dalla ricerca dei propri laboratori. Sono arrivata in finale ma non sono stata finanziata. Meglio così perché i tempi non erano ancora maturi…!
UNIRED invece è nata nel 2012 in seguito alla collaborazione pluriennale con il Dott. Baratto, responsabile scientifico di UNIFARCO. Nella creazione dello spin-off ho coinvolto da subito altri colleghi con competenze molto diverse ma strategiche per il mondo healthcare e abituati a lavorare con le aziende. UNIRED cerca quindi di mettere l’approccio universitario al servizio e ai bisogni dell’azienda, costruendo soluzioni personalizzate. Credo che, come universitari, abbiamo questo “dovere”, ovvero vedere “al di là del nostro naso” al fine di proporre un’idea di ricerca applicata e rispondente a un bisogno ben preciso, per aiutare le aziende nel percorso di innovazione.
Spesso le aziende rinunciano a innovare per paura che approcci metodologici diversi portino via tempo e risorse senza dare un ritorno immediato, mentre l’innovazione è la chiave per capitalizzare e offrire al consumatore qualcosa di nuovo in una prospettiva di breve e medio termine. Il mercato sta diventando sempre più competitivo e le offerte sono sempre più ampie e variegate; è quindi necessario reinventarsi e per farlo è indispensabile un approccio scientifico di fondo.

R. Sì… nel mio percorso professionale ho intrapreso una collaborazione ultraventennale con la Facoltà di Economia, grazie alla quale abbiamo dato vita a un Master in Business and Management nel settore cosmetico conosciuto a livello internazionale, in quanto parte di un progetto denominato EFCM. Vedere che molti degli studenti che si sono formati presso questo Master oggi ricoprono ruoli chiave nel management delle aziende è motivo di orgoglio e conferma l’importanza del dialogo tra il mondo tecnico-scientifico e quello aziendale nel campo della cosmetica.
L’interdisciplinarietà è proprio ciò su cui dovremmo maggiormente puntare nella ricerca e nella didattica, come nei team di lavoro aziendale. Finalmente oggi anche l’università sembra muovere i primi passi in questa direzione, anche se persistono delle resistenze burocratiche e organizzative.

R. Naturalmente sì, sia tra i soci che tra i dipendenti e i collaboratori. Attualmente in UNIRED ci sono 5 dipendenti (un laureato in Economia Aziendale e 4 farmacisti), a cui si aggiungono un consulente psicologo e psicoterapeuta che si occupa di neuromarketing e qualità della vita, e un altro consulente, esperto di polimeri, che si occupa di packaging sostenibile. A queste persone si aggiunge altro personale dell’università come borsisti, assegnisti e laureandi. Quindi in totale siamo tra le 8 e le 10 persone. La differenza tra la mia prima idea di spin-off e UNIRED risiede nel fatto di avere al suo interno una squadra in cui ciascuno ha una sua specifica competenza e predisposizione.
Questa interdisciplinarietà e l’ottimo gioco di squadra sono alla base anche dai nostri podcast, un’idea nata durante il lockdown e con cui andiamo ad analizzare, con un linguaggio semplice e andando dritti al punto (da qui il nome del podcast Dritti al punto), le notizie scientifiche, spaziando dal settore chimico-farmaceutico al mondo dei cosmetici e del personal care, portando l’ascoltatore ad allenare il pensiero critico, utile ad approcciarsi razionalmente nei confronti della vastità di informazioni e delle fake news che riceviamo ogni giorno.

R. Il cosmetico è un prodotto per la persona; non nasce per rispondere solo alle esigenze della sua pelle o per evocare emozioni. Puntare sull’innovazione e sulla tecnologia significa dare risposte scientifiche ai bisogni della salute e del benessere della persona. Per fare questo ci vogliono però degli strumenti nuovi. Il successo del cosmetico è la risultante delle sue caratteristiche fisiche e applicative, ed è solo attraverso una vera conoscenza di come le materie prime si mettono in relazione tra di loro che si possono migliorare le performance dei prodotti. Oggi con gli studi di neuromarketing si possono misurare i benefici che essi sono in grado di apportare e quindi comprendere meglio come far diventare i nostri prodotti un vero successo di mercato.

R. Innanzitutto è importante prendere consapevolezza del fatto che la sostenibilità è un processo complesso che riguarda molte fasi della realizzazione di un prodotto.
Per questo la prima cosa che proponiamo è un ciclo di formazione aziendale che coinvolga tutti i reparti, dalla Ricerca e Sviluppo al Marketing, per allineare l’azienda ed evitare così di cadere nel noto fenomeno del greenwashing. Si capisce facilmente, quindi, come la sostenibilità sia un percorso di lungo periodo che include diversi obiettivi, realizzabili con tempistiche diverse.
Ad esempio, la sostituzione del packaging con materiali biodegradabili e compostabili richiede tempi di sviluppo lunghi e investimenti ingenti, mentre quando si parla di ingredienti e biodegradabilità della formulazione gli obiettivi sono più a breve termine. Un grande spazio della nostra ricerca è anche dedicato allo studio di nuovi principi attivi da materiali di scarto, che si inseriscono molto bene nel concetto di economia circolare, in quanto affronta il problema dello smaltimento dei rifiuti.

R. Il problema più grosso è quello delle impurezze perché ci sono delle criticità da governare.
Ma ci sono anche materiali di scarto che non presentano grosse criticità: c’è scarto e scarto. Più si va verso lo scarto di lavorazione e più ci saranno problemi, ma tutto è risolvibile. Anche in questo caso ci vuole tempo e sperimentazione.
Oltre alla rivalutazione dei materiali di scarto, la nostra ricerca si concentra anche sulla rivalutazione di prodotti del territorio a filiera corta che possono rappresentare una fonte di biodiversità ma sono poco appetibili per il settore alimentare, ad esempio la mela cotogna.
La sfida principale per le aziende che realizzano prodotti healthcare rimane quella di coniugare la sostenibilità con le performance del prodotto, non solo per gli attivi funzionali ma anche per le materie prime che strutturano il veicolo. Questo richiede l’utilizzo di tecniche di caratterizzazione fisica che possano supportare la sostituzione razionale di materie sintetiche come modificatori reologici e texturizzanti con materie prime naturali compatibili con l’eco-design del prodotto, in grado di mantenerne le proprietà applicative.

R. Secondo me le aziende non dovrebbero mai adattarsi e sedimentarsi su determinati procedimenti aziendali, perché non è detto che ciò che è sempre andato bene continuerà ad andare bene; gli scenari possono cambiare da un momento all’altro e il COVID-19 ne è la dimostrazione.
Una delle citazioni a me più care è la seguente: “Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità” (Alex Carrel). Concordo pienamente con questa affermazione e cerco di applicarla sia nel lavoro che nella mia vita personale. Essere buoni osservatori della realtà senza innamorarsi dei propri ragionamenti ci rende molto più aperti alla possibilità di cogliere le novità e, tradotto sul piano pratico per un’azienda, a ricordarci che i consumatori sono prima di tutto persone e non semplicemente dei target.
Quello che invece consiglierei di fare è creare delle figure di raccordo tra i vari reparti: un dialogo tra R&D e produzione e tra R&D e marketing rende i processi più fluidi. Questo dialogo porta allo sviluppo di team che sono realmente interdisciplinari, che riescono meglio a governare le complessità e in cui le competenze di ciascuno possono emergere ed essere valorizzate.
Riportare l’attenzione sulle persone, inoltre, è uno dei fattori che contribuisce a realizzare un’azienda sostenibile.

COSMETIC TECHNOLOGY

Alessandra Semenzato

tel 049 776766
alessandra.semenzato@unired.it
www.unired.it

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
UNIRED - HEALTH AND PERSONAL CARE INNOVATION

Soluzioni personalizzate per l’innovazione di prodotto
e la crescita del know-how delle aziende Health & Personal Care.

Microbiologia e cosmesi si incontrano

Microbiologia e cosmesi si incontrano

Cosmetici suscettibili di contaminazione e microrganismi implicati

Ogni giorno milioni di consumatori applicano prodotti cosmetici su viso e corpo.
È un rituale che, da migliaia di anni, è diventato una necessaria abitudine e del quale non è più possibile a fare a meno.
Principalmente a causa di una cattiva conservazione o di un utilizzo poco ortodosso, i cosmetici possono diventare una fonte di proliferazione di microrganismi, anche patogeni, associati a patologie della pelle e inestetismi cutanei. In particolare, i prodotti per lo skin care e alcuni prodotti makeup (mascara e beauty blender) possono essere i candidati perfetti per accogliere comunità microbiche in espansione.

Produrre prodotti microbiologicamente sicuri: quali i limiti?

I prodotti cosmetici devono essere affidabili e sicuri anche dal punto di vista microbiologico, al fine di evitare l’insorgenza di patologie e inestetismi cutanei che potrebbero derivare da un’eventuale contaminazione del prodotto. Nonostante non siano sterili, i cosmetici vengono realizzati accuratamente per garantire sicurezza e stabilità, al fine di limitare la proliferazione microbica.
Le raccomandazioni sui limiti qualitativi e quantitativi di contaminazione microbiologica dei prodotti cosmetici sono riportate nelle linee guida del Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori (Scientific Committee on Consumer Safety, SCCS), giunte all’undicesima revisione (1).
Tali limiti sono stabiliti dalla norma tecnica EN ISO 17516:2014; approvata dal Comitato europeo di normazione (European Committee for Standardization, ECS) il 9 agosto 2014, revisionata e confermata nel 2020 (1,2).
Macroscopicamente si possono distinguere i prodotti cosmetici in 2 categorie:
–    Categoria 1: prodotti specificatamente formulati per bambini al di sotto dei 3 anni e prodotti destinati all’applicazione attorno l’area oculare e sulle mucose.
–    Categoria 2: tutti gli altri prodotti considerati “meno preoccupanti”.

Tali limiti stabiliscono che il numero totale di microrganismi aerobi mesofili deve essere inferiore a 102 UFC* ogni ml/g di prodotto per i prodotti di categoria 1 e inferiore a 103 UFC ogni ml/g di prodotto per quelli di categoria 2. Inoltre, sono stabiliti anche dei limiti per quanto riguarda i microrganismi patogeni (Tab.1).

Fonti, modalità di contaminazione e microrganismi implicati

La contaminazione microbica dei prodotti può verificarsi principalmente: a) attraverso l’utilizzo di materie prime contaminate; b) durante il processo di produzione e confezionamento; c) durante l’utilizzo (3,4).
Analizzando i livelli di contaminazione di prodotti usati e i relativi effetti avversi, è stato possibile concludere come questi ultimi siano spesso imputabili per lo più a un uso scorretto da parte del consumatore e a una cattiva conservazione del prodotto.
Risultati ottenuti da studi osservazionali hanno messo in evidenza che le contaminazioni dei prodotti cosmetici sono frequentemente attribuibili a batteri Gram -: tra questi troviamo prevalentemente batteri aerobi quali Pseudomonas e anaerobi facoltativi quali Enterobacter (5), oltre a Salmonella ed Escherichia. Tra i Gram +, i batteri del genere Staphylococcus possiedono una posizione privilegiata.
L’analisi della composizione microbica dei prodotti cosmetici aiuta a comprendere quali siano le condizioni igieniche di tali prodotti, in particolare se utilizzati in maniera scorretta dal consumatore. Ad esempio, la presenza di microrganismi quali Staphylococcus haemolyticus e Staphylococcus saprophyticus (6) è indice di manipolazioni inadeguate e cattiva igiene personale; fattori che si pongono a fondamento della contaminazione dei prodotti cosmetici durante l’utilizzo.

Uno dei microrganismi che desta più attenzione è sicuramente Pseudomonas aeruginosa. Da anni è nota la sua implicazione nelle infezioni nosocomiali e, in alcuni casi, può essere responsabile di infezioni dell’orecchio medio ed esterno, di infezioni del tratto respiratorio, e di follicoliti e infezioni oculari (congiuntiviti, cheratiti e oftalmiti), in particolare in soggetti che utilizzano lenti a contatto (7,8).
Le infezioni da Pseudomonas sono poco frequenti in soggetti immunocompetenti; tuttavia, la compromissione della funzionalità della barriera cutanea determina un significativo incremento del rischio di infezioni associate a utilizzo di prodotti contaminati (9). Tali eventi non vanno quindi sottovalutati.
A tal proposito, un caso in particolare riguarda lo sviluppo di ulcere corneali associato all’utilizzo di mascara contaminati. Ad esempio, è descritto in letteratura un caso molto particolare verificatosi in una donna di 47 anni: lo sviluppo di ulcere corneali è stato associato alla presenza di Pseudomonas aeruginosa, successivamente isolato sia nell’ulcera corneale sia nel mascara (10).

Mascara e contaminazione microbica

I mascara presentano una variabilità di contaminazione microbica maggiore rispetto ad altre tipologie di prodotti per il makeup e risultano essere tra i prodotti più contaminati in assoluto (3,11). La contaminazione microbiologica che li vede protagonisti non è dovuta solamente alla loro formulazione acquosa, ma anche a un utilizzo scorretto da parte del consumatore.
Nel 2013 è stato condotto uno studio volto a esaminare le abitudini di utilizzo di mascara da parte di 44 studentesse brasiliane. Dall’analisi dei risultati è emerso che il 92% delle partecipanti utilizzava il mascara oltre 6 mesi dall’apertura e circa 2/3 protraeva l’utilizzo per oltre 2 anni (7).
I prodotti addizionati per assicurarne la conservazione perdono di efficacia qualora il prodotto dovesse essere utilizzato in maniera non adeguata e oltre la data di scadenza, rendendosi poco utili nel contrastare la proliferazione microbica (4).
Inoltre, il continuo contatto con le ciglia è un elemento fondamentale: i batteri presenti nell’ambiente, posandosi sulla superficie delle ciglia, vengono veicolati direttamente all’interno del prodotto immediatamente dopo l’utilizzo, e a lungo andare il sistema preservante è insufficiente a contrastare questo continuo apporto di microrganismi.

Sebbene Pseudomonas aeruginosa sia uno dei microrganismi maggiormente isolati nei cosmetici usati, una larga parte delle infezioni sono imputabili a batteri appartenenti al genere Staphylococcus, noti per essere implicati in alterazioni patologiche della pelle. Primo fra tutti Staphylococcus aureus, comunemente associato a infezioni di pelle e tessuti molli come dermatite atopica, vesciche cutanee e cellulite; una condizione flogistica che interessa il tessuto sottocutaneo. Anche in questo caso, i mascara sono terreno fertile per la proliferazione di Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis: la maggior parte delle infezioni causate da questi microorganismi è ricollegabile a lesioni a carico della superficie dell’occhio (7).
La presenza di graffi, abrasioni e piccoli traumi rende maggiormente suscettibili a infezioni stafilococciche. Una categoria di soggetti particolarmente a rischio è rappresentata da coloro che soffrono di dermatite atopica; a causa di fattori immunologici associati a una maggiore secchezza della pelle e a carenze lipidiche nello strato corneo, questi soggetti sono maggiormente esposti a infezioni cutanee causate da Staphylococcus aureus e per tale motivo devono prestare un’attenzione particolare (12).

Beauty blender: la “nuova arrivata”

Un accessorio degno di nota è la beauty blender, ovvero una particolare tipologia di spugnetta solitamente utilizzata per stendere il fondotinta e altri prodotti per il viso. I dati scientifici sono concordi nello stabilire che le beauty blender usate possiedono un’elevata carica microbica, potendo così rappresentare un rischio per la salute individuale.
Da un recente studio microbiologico effettuato su 467 prodotti makeup usati, divisi in 5 categorie (eyeliner, mascara, rossetti, lipgloss e beauty blender), è emerso che, mentre i prodotti makeup contenevano cariche batteriche comprese tra 102 e 103 UFC per ml, le beauty blender raggiungevano una carica batterica che andava oltre le 106 UFC per ml.
Tale studio ha inoltre evidenziato come alla base della contaminazione vi siano ancora una volta le cattive pratiche igieniche da parte del consumatore: dalle informazioni ottenute mediante un questionario è emerso che il 93% delle beauty blender non era mai stato pulito e che il 64% veniva riutilizzo dopo essere caduto a terra (6).
Dall’analisi dei dati mediante spettrometria di massa (Matrix Assisted Laser Desorption IonizationTime Of Flight, MALDI-TOF) è stato inoltre possibile identificare alcune specie di microrganismi presenti all’interno delle beauty blender. Tra questi vi sono sia Gram (-) come Escherichia coli, Citrobacter freundii e Acinetobacter ursingii, che batteri appartenenti al genere Pseudomonas (Pseudomonas monteilii e Pseudomonas aeruginosa).

Non solo makeup: la contaminazione dei prodotti per lo skin care

Quando parliamo di contaminazione microbiologica, i prodotti per il makeup non sono gli unici indiziati. Data la loro implicazione, è importante aprire una parentesi sul ruolo dei prodotti di skin care, con un’attenzione particolare alle emulsioni cremose.
L’elevato contenuto di acqua, l’utilizzo di minerali essenziali e l’inclusione, in alcune formulazioni, di prodotti che possono potenzialmente fungere da fattori di crescita contribuiscono a rendere l’ambiente favorevole a un’eventuale contaminazione (13), assicurando ai microrganismi un ampio spettro di sostanze organiche e inorganiche necessarie alla loro proliferazione. Tra il 2005 e il 2018, in Europa sono stati segnalati 104 prodotti oggetto di contaminazione e una porzione abbondante era rappresentata proprio da prodotti skin care (5,14).
L’eterogeneità delle formulazioni, dei processi di produzione e delle modalità attraverso le quali questi prodotti vengono utilizzati rende difficoltosa un’analisi completa e omogenea dei microrganismi rappresentati. Un aspetto molto curioso riguarda la distribuzione geografica dei prodotti contaminati: dai dati presenti in letteratura si evince che prodotti provenienti da Paesi caratterizzati da climi caldi quali India, Egitto e, più in generale, dal Medio Oriente presentano dei tassi di contaminazione più elevati. Questo potrebbe essere in parte dovuto alle condizioni climatiche che caratterizzano queste zone e che, quindi, favorirebbero la proliferazione della maggior parte dei batteri patogeni (15), ma, probabilmente, anche a una carenza del rispetto delle buone pratiche di fabbricazione (Good Manufacturing Practice, GMP).
Nonostante le varianti in gioco siano molte, i dati in letteratura permettono di stabilire che, per quanto riguarda le creme, la contaminazione microbiologica del prodotto inutilizzato non è affatto rara.
Ad esempio, in uno studio effettuato in Iran nel 2000, Behravan et al hanno analizzato 48 prodotti (creme idratanti e creme per viso e mani): 24 utilizzati dai consumatori e 24 inutilizzati e conservati all’interno delle confezioni originali.
Entrambe le tipologie di prodotti, in seguito all’analisi microbiologica, hanno dimostrato di possedere una carica batterica totale compresa tra le 102 e 106 UFC, anche se la maggior parte dei prodotti presentavano una carica batterica totale compresa tra le 102 e 103 UFC. Inoltre, è stata riscontrata la presenza di bacilli Gram-positivi e Staphyloccocus aureus. Sebbene l’incidenza di contaminazione fosse maggiore nei prodotti usati (75% dei 24 campioni), i prodotti inutilizzati non ne erano di certo esenti. Difatti, il 58% dei prodotti inutilizzati sono stati oggetto di contaminazione e tra i batteri responsabili è stato individuato anche l’Escherichia coli (16).
Un altro aspetto riguardante le emulsioni cremose è la presenza di funghi e lieviti: tra questi possiamo annoverare Aspergillus e Candida albicans che, sebbene non frequenti, possono comunque contaminare i nostri prodotti (15,5). La presenza di Candida albicans all’interno di prodotti cosmetici è assai sporadica; tuttavia, dal 2006 al 2012 sono stati segnalati due casi di prodotti contaminati da quest’ultima (17).

conclusione

L’identificazione di batteri patogeni nei prodotti cosmetici usati pone l’accento su un problema importante che molto spesso viene poco considerato. Mascara e beauty blender sono infatti veicoli ottimali di microrganismi quali Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa che, se sottovalutati, possono crearci qualche danno. Un capitolo fondamentale riguarda invece i prodotti per lo skin care. Creme idratanti e creme per il viso sono terreno fertile per batteri Gram-positivi, oltre che per funghi e lieviti quali Aspergillus e Candida albicans.
Come si è potuto osservare, la contaminazione dei prodotti cosmetici non è di certo rara. La stragrande maggioranza della popolazione, però, non è a conoscenza dei pericoli che si celano dietro l’uso di cosmetici contaminati. Considerato il rischio derivante sia dall’utilizzo inappropriato sia dall’utilizzo oltre il periodo dopo l’apertura (Period After Opening, PAO) e data di scadenza, una maggiore e più approfondita educazione del consumatore è sicuramente necessaria a evitare l’autocontaminazione con microrganismi potenzialmente dannosi (6). Una misura interessante potrebbe essere il suggerimento di pratiche corrette in specifiche porzioni dell’etichetta a questo dedicate. Ad esempio, un lavaggio periodico delle beauty blenders renderebbe il prodotto meno suscettibile a contaminazione e permetterebbe, quindi, di minimizzare i rischi derivanti da quest’ultima.
Un altro accorgimento fondamentale è quello di buttare i prodotti scaduti o aperti da troppo tempo: nonostante il prodotto sembri integro e incontaminato, al suo interno potrebbe contenere microrganismi patogeni che rappresentano un rischio per la salute del consumatore.

1. SCCS (2021) Notes of Guidance for the testing of cosmetic ingredients and their safety evaluation – 11th revision.
2. ISO (International Organization for Standardization), International Standard 17516:2014. Cosmetics-Microbiology-Microbiological limits.
3. Dadashi L, Dehghanzadeh R (2016) Investigating incidence of bacterial and fungal contamination in shared cosmetic kits available in the women beauty salons. Health promotion perspectives 6(3):159-163
4. Halla N, Fernandes IP, Heleno SA et al (2018) Cosmetics Preservation: A Review on Present Strategies. Molecules 23(7):1571
5. Michalek IM, John SM, Caetano Dos Santos FL (2019) Microbiological contamination of cosmetic products-observations from Europe, 2005-2018.
JEADV 33(11):2151-2157
6. Bashir A, Lambert P (2020) Microbiological study of used cosmetic products: highlighting possible impact on consumer health.
J Appl Microbiol 128(2):598-605
7. Giacomel CB, Dartora G, Dienfethaeler HS et al (2013) Investigation on the use of expired make-up and microbiological contamination of mascaras.
Int J Cosmet Sci 35(4):375-380
8. Stewart SE, Parker MD, Amézquita A et al (2016) Microbiological risk assessment for personal care products. Int J Cosmet Sci 38(6):634-645
9. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numero della segnalazione: 0508/07.
10. Reid FR, Wood TO (1979) Pseudomonas corneal ulcer. The causative role of contaminated eye cosmetics.
Arch Ophthalmol 97(9):1640-1641
11. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numero della segnalazione: A12/00657/20.
12. Tomczak H, Wróbel J, Jenerowicz D et al (2019) The role of Staphylococcus aureus in atopic dermatitis: microbiological and immunological implications.
Postepy dermatol Alergol 36(4):485-491
13. Jairoun A, Al-Hemyari S, Shahwan M et al (2020) An Investigation into Incidences of Microbial Contamination in Cosmeceuticals in the UAE: Imbalances between Preservation and Microbial Contamination. Cosmetics 7(4):92
14. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numeri delle segnalazioni: A12/0924/16; A12/0439/15; A12/1860/12; A12/1430/12; 1333/11; 0921/11; 0984/09; 0505/09; 0732/06.
15. EL-Bazza ZE, Toama MA, Taher HA (2011) Study of the Microbial Contamination of Cosmetic Creams before and after Use.
Biohealth Science Bulletin 3(2): 37-43
16. Behravan J, Bazzaz F, Malaekeh P (2005) Survey of bacteriological contamination of cosmetic creams in Iran.
Int J Dermatol 44(6):482-485
17. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numeri delle segnalazioni: 0081/12; 0831/06.

COSMETIC TECHNOLOGY

Ilaria Salvatori 
Biologa nutrizionista,
articolista per Microbiologia Italia

S.ilaria95@outlook.it

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
MICROBIOLOGIA ITALIA

Microbiologia e cosmesi si incontrano

Sotto sotto… c’è sempre l’infiammazione

di AIDECO, Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologiainfo@aideco.orgwww.aideco.org


Propria anche dell’immunità innata, cioè del complesso di difese immunitarie con cui si nasce, l’infiammazione (o flogosi) si può considerare come il più importante meccanismo di difesa dell’organismo e viene messo in atto ogni volta che un agente patogeno (qualcosa in grado di danneggiare cellule e tessuti), sia esso di ordine fisico, chimico o biologico, lo aggredisce.
Infatti, con l’infiammazione l’organismo tenta di eliminare la causa che lo ha danneggiato e di ripristinare lo stato di salute del tessuto/organo leso. Questo avviene attraverso una complessa sequela di eventi, ciascuno mirato a un compito specifico, ad esempio localizzare ed eliminare un microorganismo patogeno, rimuovere i detriti dei tessuti che si sono alterati, aumentare la circolazione sanguigna consentendo una diffusione dai vasi di fluidi, proteine e cellule del sangue come i globuli bianchi.
Le cellule del sangue che raggiungono la sede dell’evento patogeno sono di diverso tipo e comprendono neutrofili, basofili, eosinofili, ecc. che si uniscono alle cellule con funzioni immunitarie già presenti nei tessuti, come gli istiociti e i mastociti. Un vero “esercito” pronto a dare battaglia contro l’aggressore.
Il liquido che si accumula nella zona lesa contiene i tanti diversi fattori plasmatici, dagli anticorpi alle sostanze stimolanti la ricrescita dei tessuti, mentre le cellule coinvolte rilasceranno sostanze di varia natura che hanno tanti compiti diversi: da quello di segnalare alle altre cellule del sistema immunitario dove intervenire a quello di aumentare la vasodilatazione ritardando il flusso del sangue in quella zona, a quello di aggredire con sostanze, anche enzimatiche, l’agente patogeno e, se possibile, digerirlo per rimuoverlo definitivamente come fanno i macrofagi.
L’infiammazione era stata già ben definita dai Latini che avevano identificato i suoi cinque principali segni o sintomi: calor, rubor, tumor, dolor, functio laesa, cioè “calore”, rossore” (eritema), “rigonfiamento”, “dolore” e “alterazione funzionale”.
Un tipico esempio di infiammazione sono le punture di zanzara: attorno alla sede della puntura si sviluppa una zona calda, arrossata e leggermente edematosa, spesso molto pruriginosa. Questo accade proprio per confinare e combattere l’azione delle sostanze irritanti inoculate dalla zanzara.
Parimenti accade dopo un trauma che ha causato la liberazione dei mediatori chimici dell’infiammazione o per l’aggressione di batteri, ad esempio alle tonsille.
Se questa risposta infiammatoria si spegne in genere in pochi giorni (infiammazione acuta), con il risolversi della causa che l’ha determinata, altre volte l’infiammazione dura più a lungo, anche troppo a lungo.
In questi casi, a causa di molteplici e diversi fattori come il perdurare di un’infezione, una manifestazione allergica cronica (asma allergica), un trauma importante con danneggiamento dei tessuti e altre cause ancora, l’infiammazione dura di più (infiammazione cronica) e i danni che ne derivano superano i benefici che essa comporta.
Inoltre, a volte, il nostro sistema immunitario reagisce contro sostanze proprie dell’organismo scambiandole per sostanze estranee potenzialmente dannose (antigeni), come avviene durante il decorso di molte malattie, per questo definite “autoimmuni”.
Validi esempi di malattie autoimmuni sono il Lupus Eritematoso Sistemico (LES), il diabete di tipo I, la celiachia, la dermatomiosite, la tiroidite di Hashimoto, la miastenia gravis, la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide e altre ancora.
In queste patologie, il sistema immunitario, fatto di anticorpi circolanti e di cellule specifiche (i linfociti) presenti nel sangue, aggredisce gli antigeni, ovvero le sostanze considerate estranee riscontrate nelle cellule e nei tessuti dei diversi organi e apparati, i quali possono quindi essere localizzati nei vasi sanguigni, nelle ghiandole, nei muscoli o in altre strutture organiche.
Anche in questo tipo di malattie, la “nota costante” è un’infiammazione cronica che di per sé, insieme al danneggiamento specifico indotto dalle cellule immunitarie, rappresenta il sintomo dominante e che deve essere curato per evitare che le sostanze responsabili dell’infiammazione continuino a danneggiare gravemente le componenti interessate dell’organismo (1).
La compromissione del sistema immunitario e un suo sbilanciamento nella produzione di fattori come le citochine infiammatorie, le chemochine pro-infiammatorie, le molecole di adesione e le molecole co-stimolatrici che mediano la risposta immunitaria, entra poi in tante altre malattie, come ad esempio nella psoriasi. […]

Per leggere l’intero articolo, acquista il singolo numero o abbonati alla rivista

Acne del tronco

di Greta Ubiali, Silvia Romagnoli – Ricerca e Sviluppo OFI-Procemsa Group • s.romagnoli@ofi.it


Back acne
Cosmetics come to aid
Moderate back acne extends to the shoulders, chest and back, persists even beyond adolescence and the most common long-term effects are post-inflammatory pigmentation and scars. It is a disease hidden by the patient because it isn’t often brought to the attention of the dermatologist. Well-designed ad hoc cosmetic products can improve the signs and symptoms of acne-like disorders or skin rashes and assist pharmacological treatments that are often aggressive for the patient’s skin. A suitable cosmetic matrix must be designed to provide immediate moisturizing and soothing action, to maintain a balanced skin microbiome and to keep under control the thinning of the lipid barrier and the altered composition of fatty acids.

L’acne moderata del tronco si estende su spalle, torace e dorso; persiste anche oltre l’età adolescenziale e i più comuni effetti a lungo termine sono costituiti da pigmentazione post-infiammatoria e cicatrici. È una patologia nascosta dal paziente perché spesso non viene portata all’attenzione del dermatologo. Prodotti cosmetici ad hoc ben concepiti possono contribuire al miglioramento dei segni e dei sintomi dei disturbi acneiformi o rush cutanei, e coadiuvare i trattamenti farmacologici che spesso risultano aggressivi per la cute del paziente. Un’idonea matrice cosmetica deve essere progettata per fornire immediata azione idratante e lenitiva, mantenimento di un equilibrato microbioma cutaneo, tenuta sotto controllo dell’assottigliamento della barriera lipidica e dell’alterata composizione di acidi grassi.

Per leggere l’intero articolo, acquista il singolo numero o abbonati alla rivista

Acido azelaico

di Marilisa Franchini, CEO M 2.0 • marilisa@beautycology.it


Azelaic Acid
A multipurpose ingredient: useful in case of rosacea, acne and melasma

Azelaic acid is a natural derived ingredient that has numerous pharmacological uses in dermatology. Its anti-inflammatory and anti-oxidant properties are thought to correlate with its efficacy in papulopustular rosacea and acne vulgaris, amongst other cutaneous conditions. It is also shown to competitively inhibit tyrosinase and therefore is used in hyperpigmentary disorders including melasma. The main reported side-effects of azelaic acid in the reported studies were minor transient stinging, burning or itching sensation.
It is insoluble in water at high concentrations and provides poor cosmetic properties to formulations, for this reason a new molecule was invented: potassium azeloyl diglycinate (PAD).
It exhibits very high water solubility, high specific activity at low concentration, and the presence of glycine helps skin restoring, nonetheless, the studies on PAD are still not so many and so we need more scientific literature before replacing azelaic acid for its dermatological uses.

L’acido azelaico (AA) è un ingrediente di derivazione naturale, con diversi utilizzi farmacologici in campo dermatologico. Le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti si pensa siano correlate alla sua efficacia nella rosacea papulo-pustolosa e nell’acne volgare, oltre che in altre condizioni cutanee. Si è dimostrato in grado di inibire in modo efficiente la tirosinasi e per questo è utilizzato in casi di iperpigmentazione che includono anche il melasma. L’effetto indesiderato dell’AA più riportato negli studi è una sensazione pungente (stinging) leggera e transitoria, bruciore e sensazione di prurito.
È insolubile in acqua ad alte concentrazioni e apporta delle qualità cosmetiche poco piacevoli alle formulazioni, per questo motivo è stata introdotta una nuova molecola, il Potassium Azeloyl Diglycinate (PAD), che ha un’alta solubilità, vanta un’alta attività anche a basse concentrazioni e la presenza di glicina aiuta la pelle a ripristinarsi. D’altra parte, gli studi sul PAD sono ancora pochi e abbiamo bisogno di una maggiore letteratura prima di poter rimpiazzare l’AA nei suoi usi dermatologici. […]

Per leggere l’intero articolo, acquista il singolo numero o abbonati alla rivista

Cosmetic Technology N° 3/2021

Cosmetic Technology N° 3/2021

Focus: Inestetismi cutanei e processi infiammatori

L’estate è appena iniziata ma il caldo ha già cominciato a farsi sentire.

Se vi siete già attrezzati per refrigerarvi, che siate in città oppure al mare o in montagna una buona lettura non guasta mai.

Noi vi consigliamo Cosmetic Technology 3, un numero ricco di contenuti e notizie interessanti…come sempre del resto! Ed il focus è Inestetismi cutanei e processi infiammatori.

Allora mettetevi comodi a leggere la rivista, ma non dimenticate di tenere il vostro smartphone a portata di mano perché alcuni testi hanno un’integrazione digitale sul sito web di CEC Editore, dove sarà possibile trovare ulteriori contenuti.
Come fare ad individuarli? Molto semplice: vi basterà osservare il simbolo che vedete qui accanto.

Il numero si apre con l’Opinion Leader: Luigi Rigano, storica presenza nell’industria e nella ricerca cosmetica di fama internazionale, ha espresso una serie di riflessioni sull'(in)stabilità cosmetica.

Nella sezione degli articoli scientifici troviamo Greta Ubiali e Silvia Romagnoli di OFI – Procemsa Group che parlano dell’acne del tronco, un’infiammazione che interessa soprattutto la zona della schiena e colpisce maggiormente gli individui in età adolescenziale o giovani adulti di sesso maschile. Una patologia spesso addirittura nascosta dal paziente.

Acne del tronco
La cosmetica arriva in aiuto
Greta Ubiali, Silvia Romagnoli

L’acne moderata del tronco si estende su spalle, torace e dorso; persiste anche oltre l’età adolescenziale e i più comuni effetti a lungo termine sono costituiti da pigmentazione post-infiammatoria e cicatrici. È una patologia nascosta dal paziente perché spesso non viene portata all’attenzione del dermatologo. Prodotti cosmetici ad hoc ben concepiti possono contribuire al miglioramento dei segni e dei sintomi dei disturbi acneiformi o rush cutanei, e coadiuvare i trattamenti farmacologici che spesso risultano aggressivi per la cute del paziente. Un’idonea matrice cosmetica deve essere progettata per fornire immediata azione idratante e lenitiva, mantenimento di un equilibrato microbioma cutaneo, tenuta sotto controllo dell’assottigliamento della barriera lipidica e dell’alterata composizione di acidi grassi.

Segue un’intera review tecnica scritta da Marilisa Franchini di CEO M 2.0 e dedicata all’acido azelaico, che in campo dermatologico si attesta essere un ingrediente prezioso e di derivazione naturale: oltre alle indiscutibili proprietà, se ne scopriranno gli impieghi di quello che possiamo definire un ingrediente multifunzione, utile in caso di rosacea, acne e melasma.

Acido azelaico
Un ingrediente multifunzione: utile in caso di rosacea, acne e melasma
Marilisa Franchini

L’acido azelaico (AA) è un ingrediente di derivazione naturale, con diversi utilizzi farmacologici in campo dermatologico. Le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti si pensa siano correlate alla sua efficacia nella rosacea papulo-pustolosa e nell’acne volgare, oltre che in altre condizioni cutanee. Si è dimostrato in grado di inibire in modo efficiente la tirosinasi e per questo è utilizzato in casi di iperpigmentazione che includono anche il melasma. L’effetto indesiderato dell’AA più riportato negli studi è una sensazione pungente (stinging) leggera e transitoria, bruciore e sensazione di prurito.
È insolubile in acqua ad alte concentrazioni e apporta delle qualità cosmetiche poco piacevoli alle formulazioni, per questo motivo è stata introdotta una nuova molecola, il Potassium Azeloyl Diglycinate (PAD), che ha un’alta solubilità, vanta un’alta attività anche a basse concentrazioni e la presenza di glicina aiuta la pelle a ripristinarsi. D’altra parte, gli studi sul PAD sono ancora pochi e abbiamo bisogno di una maggiore letteratura prima di poter rimpiazzare l’AA nei suoi usi dermatologici.

Michele Massironi, Martina Hermann, Dominik Stuhlmann et al di Symrise ci illustrano un modello ex vivo di ghiandola sebacea umana, sviluppato a partire da diversi tessuti provenienti dalla chirurgia estetica e ricostruttiva: un innovativo screening per cosmetici.

Ghiandole sebacee ex vivo: un modello innovativo per lo screening di composti cosmetici
Studio dell’attività di Tetraselmis suecica sulla regolazione del sebo
Michele Massironi, Martina Hermann, Dominik Stuhlmann, Sandra Gaebler, Ann Christin Weseloh, Marco Massironi, Alessandro Croci, Imke Meyer

La ghiandola sebacea (GS) è una ghiandola olocrina situata nel derma ed è responsabile della produzione di sebo, un olio naturale che, assieme al sudore, partecipa a comporre il film idrolipidico della pelle. Il sebo umano è coinvolto nel mantenimento della barriera cutanea, nella distribuzione di antiossidanti e nella regolazione della perdita di acqua della pelle. La sovrapproduzione di sebo può causare sia alcune patologie della pelle sia disfunzioni di interesse per l’industria cosmetica.
Finora, l’esigua disponibilità di modelli sperimentali efficaci ha sempre ostacolato la ricerca su questi annessi cutanei.
Con il presente lavoro, proponiamo un nuovo modello ex vivo di GS umana sviluppato a partire da diversi tessuti provenienti da chirurgia estetica e ricostruttiva.
Utilizzando le GS in coltura abbiamo dimostrato che l’estratto ottenuto dall’alga marina, Tetraselmis suecica, riduce significativamente i lipidi da esse prodotti.

La sezione articoli si conclude con il lavoro di Barbara Catozzi, farmacista cosmetologa, la quale spiega in che modo è stata utilizzata l’uva in campo cosmetico; in particolar modo per la realizzazione di una linea a partire dall’uva della Valpolicella, comunemente impiegata per ottenere vini pregiati quali Amarone e Recioto.

Utilizzo dell’uva in cosmesi
Realizzazione di una linea cosmetica con uva della Valpolicella
Barbara Catozzi

I benefici dell’uva e le tecniche della sua lavorazione sono noti da lungo tempo e trovano impiego sia a livello nutraceutico che cosmetico. In questo articolo si descrive la realizzazione di una linea cosmetica a partire dall’uva della Valpolicella, comunemente impiegata per la produzione di vini pregiati quali Amarone e Recioto, le cui uve sono sottoposte ad appassimento. L’uva che è stata utilizzata per creare la linea cosmetica oggetto dell’articolo è stata trattata con il metodo della bioliquefazione a opera di enzimi, al fine di estrarre una sostanza a base acquosa ricca di principi attivi. In questo testo verranno considerate le principali attività delle molecole di interesse salutistico che sono state estratte. In maniera sintetica si fa riferimento alla trattazione in letteratura su estratti comparabili come profilo di sicurezza e purezza. Infine, verranno proposte due formulazioni esemplificative.

Dopo gli articoli è la volta degli Aggiornamenti, sezione sempre molto ricca e corposa che raccoglie contributi di vario genere, tra cui le rubriche fisse di Anna Ciranni (Segnalazioni Rapex e Pareri del Scientific Committee on Consumer Safety), Lorella Giovannelli (Letteratura Cosmetica) e Sonia Cudrig (Lab in a Hub).

Alla luce della recente entrata in vigore del nuovo Regolamento 2017/745, trova spazio un doveroso approfondimento sui Dispositivi Medici, per il quale Alessandra Iavello, Irene Giovanetto e Lola Frech di ChemSafe hanno fatto una bella panoramica della normativa e delle novità che ha portato con sé.

Non mancano gli Approfondimenti Cosmetici: Berenice Scarabelli, autrice e docente di Cosmetologia, ci parla dell’incenso come prezioso ingrediente cosmetico per gli inestetismi cutanei; Darya Bulbenkova, Alice Marchetti, Beatrice Castiglioni et al, dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale e Master Emotion, trattano invece il tema delle smagliature, le lesioni cutanee antiestetiche che noi tutti conosciamo, spiegandoci come e perché si sviluppano, quali sono i soggetti più a rischio e in che modo è possibile “combatterle”.

Ilaria Salvatori, biologa nutrizionista, articolista per Microbiologia Italia, ci fa invece riflettere sul binomio microrganismi e prodotti cosmetici, i quali possono diventare una vera e propria fonte di proliferazione di microrganismi, anche patogeni, associati a patologie della pelle e inestetismi cutanei

Samiha Tamanna e Sarah Cargnin, anch’esse dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale e Master Emotion, ci raccontano dell’impiego di probiotici e prebiotici in dermatologia, in particolar modo nella prevenzione o trattamento di alcune patologie della cute, mai come ora sotto stress a seguito del persistente impiego dei dispositivi di protezione individuale e del continuo lavaggio delle mani come prevenzione dall’infezione da COVID-19. 

Altro contributo è quello di AIDECO, Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologia, dove si parla dell’infiammazione intesa come meccanismo di difesa dell’organismo, che si attiva ogni volta che subentra un agente patogeno ad aggredirlo, e alla base di alcune patologie come la psoriasi, l’acne o la rosacea, ma anche come primitiva causa di altre manifestazioni cutanee come la cellulite o il fotoinvecchiamento.

Di acne (e di autofagia) scrive Cristina Patanè, Formulation Scientist, nella rubrica Beauty from Within, dove l’autrice illustra un nuovo approccio terapeutico per contrastare l’acne.

In Mercato Marco Francesco Mazzù, Angelo Baccelloni e Sara Zito, della Luiss University descrivono il ruolo cruciale che gioca il packaging nel processo di acquisto da parte del consumatore, presentano uno studio condotto su alcuni prodotti cosmetici simili ma con un diverso imballaggio.

Come dimenticare poi i contenuti delle rubriche “nuove arrivate”? Veramente impossibile!

In Eccellenze italiane  Floriana Sergio, CEO & Founder Farmaflo, rivela le proprietà di Opuntia ficus indica, una tra le specie più ricche di mucillagini e pianta utilizzata nella medicina tradizionale per alleviare le irritazioni e favorire la cicatrizzazione delle ferite.

Perche’ ci piace, la coloratissima infografica a cui si sono dedicate Serena Zanella e Ludovica Ferrari del Laboratorio Cosmopolita con una serie di intriganti consigli formulativi.

In Next Generation, Ludovica Polimeni, Marzia Oneto Domenici e Federica Ferrari, del Master di II livello in Scienza dei Prodotti Cosmetici e Dermatologici dell’Università degli Studi di Camerino, raccontano Spirulì, una linea di prodotti cosmetici ideata per ottenere la perfetta beauty routine per il trattamento di pelli impure con tendenza alle imperfezioni quali la maskne, sempre più frequente oggigiorno anche a causa dell’utilizzo continuativo della mascherina.

Ma manca qualcosa? Eh sì! Perché anche questa volta abbiamo incontrato delle personalità di primissimo ordine: la prima è Alessandra Semenzato, direttore scientifico UNIRED e docente presso l’Università degli Studi di Padova, la quale ha raccontato a tutta la redazione di CEC Editore la sua carriera accademica fin dai primi esordi e in particolar modo la nascita di UNIRED, spin-off dell’Università di Padova.

La seconda è Agostino Facchini, fondatore di Res Pharma Industriale, che ha condotto Anna Caldiroli, Direttore Scientifico della rivista, in una sorta di “visita guidata” all’interno dell’azienda, anticipata da una chiacchierata durante la quale Agostino Facchini ha raccontato la propria esperienza di imprenditore e la nascita di Res Pharma Industriale.

Non poteva mancare una selezione di formule a comporre il formulario di questo numero e, per rimanere sempre aggiornati sulle ultime tendenze messe in campo nel settore cosmetico, le schede ingredienti di:

Active UP
SILAB

DERMAPUR HP®

Deimos Group

Euro skinpure

LEHVOSS Italia
Bloomage Biotechnology

microHA™

Variati
Vytrus Biotech

QUORA NONI™

Chiudono il numero molte notizie del mondo della cosmetica e i decisamente imperdibili spunti tecnici sui prodotti finiti.
Allora cosa ne pensate? Avete abbastanza da leggere mentre vi rilassate prendendo il sole?
Occhio però a non scottarvi che a breve parleremo di Solari!

Da tutta la redazione di CEC Editore un sincero ringraziamento agli autori che hanno contribuito a rendere eccezioanle anche questo numero. Rivolgiamo un “grazie” speciale alla prof.ssa Teresa Cerchiara.

BUONA LETTURA!

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
cosmetic technology

Rivista tecnico-scientifica del settore cosmetico

EDITORIALE • CT 3, 2021

“Here I am, on the road again
There I am, up on the stage
There I go playin’ the star again
There I go, turn the page”.
Turn the page, Metallica

Anche oggi vi porto in bicicletta. Questa volta niente bike sharing. Saltiamo in sella a una bicicletta da sciura (da signora) nera, con il cestino. Perché è importante curare i particolari e osservarne il risultato. E il cestino è un particolare che fa la differenza: il peso dello zaino si sposta dalle spalle alla bicicletta. È come passare la propria fatica a qualcun altro. Il cestino (o le borse laterali, per i più moderni) è un ottimo collaboratore dal quale non ti puoi separare.
La prospettiva cambia: si passa dal presente del pedalare affaticati a essere protesi al futuro; dei veri esploratori urbani, pronti a osservare. Oggi non faremo un viaggio nella storia: incontriamo la modernità e la semplicità di Milano vista un sabato qualunque di primavera. Una città che in questo momento si è spogliata. Non è meta turistica, non è sede di quei grandi eventi che riempiono gli hotel fino a chilometri di distanza. È una città che aspetta.
Parto da casa. Il sole è timido, la giornata è ventosa… farò fatica ma non sarà certo il vento a fermarmi: circondata dalle persone giuste si va. In poco più di una decina di minuti sono ai piedi del Bosco Verticale. Attraversando Isola su una pista ciclabile, incrocio diverse persone: qualcuno sfreccia veloce, qualcuno passeggia lento. Nella lista delle positività di questo “tempo di attesa” aggiungo: “(Forse) è aumentato il numero delle persone in bicicletta…e con i monopattini, va bene!”.
Nei pressi di quella che l’altr’anno è stata allestita a spiaggia (perché a Milano il mare, per ora, non c’è ma per il resto ci si attrezza) non mancano i gruppetti di ragazz*. Una mamma con una bambina nel passeggino. I bambini sui giochi. Coppie di signori anziani passeggiano lenti, a braccetto, con un ritmo di chi osserva i cambiamenti. Tutti fuori: è come se le persone avessero fame d’aria.
Naso in su a guardare i palazzi e la vegetazione in verticale. Non ho ancora capito se sia un concetto di vegetazione che mi appaga oppure no. Forse io arrivo a concepirla orizzontale. In effetti, la Biblioteca degli alberi mi è più familiare. Radici ben salde sprofondate nella terra, il prato curato soffice su cui qualcuno si è messo scalzo, erba tagliata da poco. Alle spalle di una storica trattoria del quartiere, una casa di ringhiera detta “Vecchia Milano”. Porticine e finestre corrono lungo ballatoi carichi di gerani dai colori ipnotici.
Dopo una sosta si riparte. Un passaggio dietro al Palazzo della Regione con le sue fontane a raso. Qui a terra, tra i palazzi alti, il vento non si avverte se non per la temperatura e una meravigliosa pioggia di petali di fiori rosa che vengono trasportati via leggeri dai rami gonfi. In un attimo siamo in piazza Carbonari, poi gira di qua e di là, passiamo tra le casette igloo di via Lepanto. Poco più avanti un altissimo glicine discreto e possente, aggrovigliato ai balconi di alcune villette nei dintorni del Villaggio dei Giornalisti; i cedri del Libano svettano maestosi da alcuni giardini condominiali; le siepi di alloro a proteggere l’intimità domestica.
Le architetture che incontro non so collocarle precisamente nel tempo e allora facciamo un gioco: “Somiglia a …?”. Qualcuna è appuntita come una casa del Nord, una sembra uno chalet di montagna, un’altra una villa Liberty dai colori delicati e dalle decorazioni ripassate di recente. Sbirciamo i giardini (nessuno con 7 nani e Biancaneve, noto).
“Ma adesso dove siamo?”. Passiamo la Collina dei Ciliegi, poi la Manifattura Tabacchi ora Museo Interattivo del Cinema (“Oh! Quando riaprono veniamo!”, “Sì, veramente”, “Non ci sono mai stata”. Sono queste le promesse che ci si scambia: faremo cose che non c’è stato il tempo di fare perché è con il senno del poi che rivalutiamo quanto c’è stato prima).

Soluzioni applicative performanti per il makeup

Soluzioni applicative performanti per il makeup

Il sistema mascara

Da sempre il mascara è un vero must-have del makeup. La sua funzione è quella di dare più colore e spessore alle ciglia, per rendere seducente e magnetico lo sguardo attraverso formule che negli anni sono diventate sempre più avanzate e performanti. Al passo con la ricerca formulativa che ha raggiunto altissimi livelli di tecnologia e innovazione, è il packaging, quando accuratamente progettato e realizzato, a garantire la veicolazione delle performance del cosmetico. Il “prodotto mascara” costituisce un “sistema” perfettamente equilibrato e integrato di cosmetico e contenitore, la cui performance è la sintesi di un equilibrio perfetto. Solo le aziende specializzate, con alle spalle un profondo know-how tecnico, sanno tradurre con l’ingegneria dei processi e dei materiali le richieste dei formulatori, concretizzando qualità, estetica e praticità d’uso.

Application Solutions for Mascara
The mascara system

Mascara has always been an essential part of makeup. Its function is to give more color, thickness, and length to the eyelashes, to make the eyes look more prominent, seductive, and magnetic. While mascara formulation research has reached high levels of technology and innovation to create more advanced and performance enhancing formulas, it is the package that guarantees the ease of application and transmission to ensure the desired effect. A “mascara product” consists of the perfect balanced execution of an integrated system of formula and dispensing system, whose performance is the synthesis of a perfect balance. Only specialized companies, with a deep technical know-how behind them, know-how to translate the requests of mascara formulators with the engineering, manufacturing processes, and materials to realize the quality, aesthetics, and application performance necessary for a successful mascara.

Il mascara è il vero must-have del makeup e lo è diventato ancora di più con le nuove abitudini imposte dalla pandemia. Seduzione e femminilità trovano un grosso alleato nel mascara. Chiamato in questi mesi a valorizzare la bellezza del viso della donna, oggi in gran parte nascosto dalla mascherina protettiva, è diventato il protagonista incontrastato del makeup, guadagnando un primato storicamente attribuibile al rossetto. Quest’ultimo è stato sempre capace di superare senza grandi scossoni qualsiasi crisi e ha sempre registrato una tenuta in termini di vendite, grazie alla sua capacità di immediata valorizzazione della femminilità e per la disponibilità di offerta su diverse fasce di prezzo, a soddisfazione di tutte le capacità di acquisto. Oggi l’ampia disponibilità di proposte sul mascara offre esattamente le stesse aspettative.

Il binomio formula-packaging
Il mascara è il cosmetico utilizzato per dare più colore e spessore alle ciglia: le solleva e le scurisce andando a creare un contrasto con l’iride e la cornea, realizzando una cornice che valorizza l’occhio e lo sguardo. Da sempre immancabile nel beauty case femminile, il mascara ha una storia secolare che parte dagli antichi Egizi e passa dai Romani fino ad arrivare alla fine degli anni Cinquanta, quando acquisisce la conformazione attuale con il primo mascara di Helena Rubinstein. Oggi il cosmetico è un fluido cremoso, dalle diverse fisicità e viscosità a seconda della formulazione, e richiede l’impiego di un imballaggio in plastica composto basicamente da un flacone e da un accessorio integrato che consente l’applicazione sulle ciglia. Le aziende cosmetiche di tutto il mondo si contendono il mercato a colpi di innovazione e brevetti, alla ricerca di formule migliorate e diversificate: questo offre spunti e slancio allo sviluppo del packaging, con il quale la formula crea un binomio perfetto, equilibrato e integrato.

MAKEUP TECHNOLOGY

Andrea Vanoncini
Product Manager,
Brivaplast Group, Ornago (MB)
group@brivaplast.com

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
briva plast group

Soluzioni applicative
performanti per il makeup

Dispositivi medici a base di sostanze

Il Regolamento UE 2020/561 del 23.4.2020 ha rinviato l’entrata in vigore del Regolamento UE 2017/745 di un anno. Il rinvio è stato motivato dalla grave situazione determinata dalla pandemia. Ora un anno è passato e con il 26 maggio 2021 il nuovo regolamento sui dispositivi medici deve essere applicato.

La disciplina sui dispositivi medici è stata introdotta con la Direttiva 93/42/CE (MDD). Trattandosi di un atto legislativo non immediatamente applicabile negli Stati membri, è stato necessario un atto di recepimento. […]

Articolo integrale pubblicato su L’Integratore Nutrizionale 3/2021