Editoriale
Cosmetic technology 5, 2022
Lavoratori
e protezione solare
Siamo nel 1917 e immagino di scrivere questo editoriale del numero dedicato allo sport osservando il Maestro Carlo Carrà intento a dipingere “La musa metafisica”: una statuaria e composta giocatrice di tennis – se fosse stata dipinta recentemente, forse giocherebbe a padel – dagli inconfondibili tratti metafisici. Un golfino a maniche lunghe chiuso sul davanti, una cintura e una gonnella. Attorno a lei, il chiaro-scuro e le ombre ci fanno perfettamente intuire il punto di arrivo della luce anche se la finestra visibile nella stanza è lontana e buia. Pensandola come una sportiva (lavoratrice) potremmo concludere che la sua esposizione ai raggi UV sia piuttosto scarsa, ammesso che non conosciamo che tipo di tessuto è stato impiegato per realizzare i suoi abiti.
Facciamo un salto temporale di quasi 100 anni, arriviamo nel 2022: in un’estate caldissima e siccitosa. I vari telegiornali nazionali non mancano di ricordarci la temperatura del giorno, di bere acqua, di non uscire nelle ore più calde. La crisi energetica è fuori dalla porta, la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime incalza e gli aeroporti in serie difficoltà organizzative. È luglio inoltrato: parto per le vacanze; sono in auto, guido o sono passeggero ed osservo. Tanti sono i cantieri che si snodano lungo le autostrade italiane. Tanti sono i lavoratori lungamente sotto il sole: mi trovo a pensare come, a differenza della tennista di Carrà, si proteggono dai danni del breve termine oppure, peggiori e silenti, quelli che impiegano più tempo a insediarsi e a maturare. Sono cute e occhi i principali organi bersaglio dell’esposizione sia nel breve sia nel lungo periodo1.
Mi domando quindi se, in tutte le circostanze che vanno oltre l’adozione di misure tecniche e organizzative (come la turnazione, la creazione di zone d’ombra ecc.) e si deve ricorrere alle misure di protezione individuale (quali berretti, occhiali e solari), quanto l’applicazione di un cosmetico nella pratica venga “presa sul serio” ed entri effettivamente a far parte della quotidianità lavorativa di sportivi, agricoltori, edili, manutentori ecc. che sono esposti alla radiazione UV? Sono sufficienti l’informazione e la formazione previste dal Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) affinché i lavoratori siano a conoscenza dei rischi specifici cui sono esposti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa e delle misure di prevenzione e protezione applicabili? Oppure è facile sfuggirvi per ragioni legate al discomfort che possono provocare alcuni prodotti, magari untuosi e dall’effetto lucido o cementizio, alla percezione che il solare non sia un vero e proprio scudo invisibile e protettivo da un cancerogeno ma più un vezzo oppure ancora perché percepito come un rischio minore, in particolare da chi è costantemente all’esterno? Infatti, sembra che i cosiddetti indoor workers siano maggiormente consapevoli della probabilità di danno che è in grado di provocare l’esposizione solare rispetto a chi sta fuori. Addirittura, da un’indagine risulta che oltre il 70% degli outdoor workers non applichi mai la protezione solare. Invece, gli indumenti protettivi sono stati trascurati da più del 30% dei lavoratori2. Alcuni sembrano anche essere inadeguati allo scopo3.
1Modenese A, Korpinen L, Gobba F. Solar Radiation Exposure and Outdoor Work: An Underestimated Occupational Risk. Int J Environ Res Public Health. 2018;15(10):2063.
2Gallo R, Guarneri F, Corazza M, et al. Role of occupational and recreational sun exposure as a risk factor for keratinocytic non-melanoma skin cancers: an Italian multicenter case-control study. Ital J Dermatol Venerol. 2021;156(6):692-702.
3Miligi L, Benvenuti A, Legittimo P et al. Rischio da radiazione solare ultravioletta nei lavoratori outdoor: piano mirato della Regione Toscana [Solar ultraviolet radiation risk in outdoor workers: a specific project of Tuscany Region (Italy)]. Epidemiol Prev. 2013;37(1):51-59.
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