CEC Editore e S.I.S.T.E. – EXPO 2015

Invecchiamento e Salute
14 maggio
• Invecchiamento, nutrizione e salute mentale
     Stefano Govoni (Università di Pavia)
• Piante funzionali nella prevenzione dell’invecchiamento
     Marco Valussi (SISTE, Milano)
• Ruolo di dieta, microbiota, infiammazione, ritmo circadiano e segnali ormonali nell’invecchiamento in salute
     Debora Rasio (Università della Sapienza, Roma)
• Dieta, esercizio fisico e invecchiamento attivo in buona salute
     Guido Iaccarino (Università di Salerno)
• Cosa abbiamo imparato sul tema alimentazione e salute dalla popolazione anziana del progetto Moli-sani?
     Licia Iacoviello e Giovanni De Gaetano (Neuromed, Pozzilli)
• Nourish your Eyes and your Brain: Focus on Lutein and Zeaxanthin
     Samanta Maci (Kemin)

Salute e Bellezza
19 giugno
• Ruolo dell’alimentazione nel mantenimento in buono stato di pelle e annessi
      Leonardo Celleno (Università Cattolica, Roma)
• Gli estratti di piante: da tutto il mondo un sostegno alla bellezza e alla salute
      Giada Maramaldi (Indena)
• Beauty Inside & Beauty outside: sinergia tra cosmetici, alimentazione e integratori alimentari al servizio del “ben” “essere”
      Rita Patrizia Aquino (Università di Salerno)
• French Maritime Pine bark extract for health and skin beauty: latest clinical evidences
      Yannick Pirou (DRT company, FR)
• Innovative Beauty Solutions based on CollagenPeptides. Scientifi c update, new concepts, claims and highlights from global markets
      Stephan Hausmanns (Gelita, AG)

Allergie ed Intolleranze alimentari
10 luglio
• Celiachia e dieta senza glutine: tra verità scientifiche e falsi miti
     Marco Silano (ISS, Roma)
• La dieta senza glutine non è una moda: essere celiaci oggi
     Caterina Pilo (Associazione Italiana Celiachia)
• Civiltà, cultura, alimentazione e allergie: da “iva” ai ristoranti
     Massimo Alfieri (FederAsma e Allergie onlus – Federazione Italiana Pazienti)
• L’industria alimentare Vs le esigenze dei soggetti allergici ed intolleranti
     Marco Oreglio (Mellin)
• Attualità sulle allergie alimentari
     Alessandro Fiocchi (Bambin Gesù, Roma)
• Probiotici e allergie
     Patrizia Malfa (Proge Farm)

Sindromi metaboliche
18 settembre
• Globesità: una questione minimizzata
     Michele Carruba (Università di Milano)
• Esempi di estratti standardizzati attivi da piante commestibili sulla modulazione dei rischi nei disordini metabolici
     Paolo Morazzoni (Indena)
• Nutraceutici come trattamenti di supporto nella sindrome metabolica
     Francesco Visioli (IMDEA, Madrid)
• Botanicals e integratori alimentari per il mantenimento dei livelli di glucosio basali
     Maria Daglia (Università di Pavia)
• Ruolo degli integratori nutrizionali nel trattamento del diabete mellito e dei dismetabolismi correlati: recenti acquisizioni dalla ricerca biochimica e clinica
     Gianfranco Liguri (Università di Firenze)

Prebiotici, Probiotici e Immunità
16 ottobre
• Il microbiota intestinale e il sistema immunitario
     Annamaria Castellazzi (Fondazione Danone)
• Meccanismi della modulazione immunologica dei prebiotici
     Lorenzo Morelli (Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza)
• Probiotici e sistema immunitario umano: tra evidenze scientifiche innovative e sfide normative
     Luca Mogna (Probiotical)
• Probiotics and immune modulation; the case for reducing coldand flu risk
     Arthur Ouwehand (DuPont Nutrition and Health, Kantvik, Finland/GLP)
• Using mechanistic data to predict and interpret clinical outcomes in probiotic studies on immunity
     Thomas Tompkins (Lallemand Health Solution, FR)

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Simbiotici

Nuove ricerche hanno evidenziato che la somministrazione di prebiotici dopo un trattamento con i probiotici può avere un effetto benefico, soprattutto nei soggetti anziani spesso interessati da una riduzione delle salutari popolazioni microbiche intestinali. Tuttavia i prodotti simbiotici, ovvero i prodotti che combinano probiotici e prebiotici, sono ancora in una fase del tutto emergente nel settore degli alimenti e delle bevande funzionali. Considerando tutti i lanci globali di alimenti e bevande funzionali avvenuti fra il 2010 e l’ottobre 2014, si rileva che meno della metà di un punto percentuale ha utilizzato un ingrediente sia prebiotico che probiotico. A titolo di paragone, il 2% di tutti i lanci globali di alimenti e bevande funzionali ha utilizzato un ingrediente prebiotico e l’1% un ingrediente probiotico.



La maggior parte dei lanci di alimenti e bevande funzionali con ingrediente sia prebiotico che probiotico, ha avuto luogo nel settore caseario, che rappresenta il 67% dei lanci globali durante il periodo temporale analizzato. Dato che i prodotti caseari sono generalmente riconosciuti come fonte di probiotici, l’aggiunta di prebiotici a sostegno della salute digestiva è un connubio perfetto e naturale (Tab.1).

Tab1

La maggior parte dei lanci di alimenti e bevande con ingrediente probiotico e prebiotico ha avuto luogo in Cina, dove si verifica il 19% dei lanci a livello mondiale. Secondo Ingredient Trends-China, di gennaio 2013, il 55% dei consumatori cinesi ricerca espressamente i cosiddetti batteri buoni quando va a fare la spesa. Circa la metà di essi, ovvero il 47% della popolazione cinese adulta, dichiara di acquistare con regolarità prodotti e bevande con claim funzionale probiotico o prebiotico. La Cina ha del resto una lunga tradizione come paese consumatore di prodotti fermentati, come tempeh e salsa di soia; il concetto di probiotico è dunque familiare ai consumatori cinesi che accolgono con favore questi prodotti (Fig.1).Fig1
Ciò premesso, vale la pena evidenziare che negli Stati Uniti, quando si parla di salute digestiva, i consumatori preferiscono ricorrere alle fibre piuttosto che ai probiotici. Secondo Gastrointestinal Remedies, Stati Uniti, luglio 2014, il 32% dei consumatori statunitensi che ha avuto disturbi gastrointestinali afferma di aver fatto ricorso ad alimenti più ricchi di fibre per migliorare la salute digestiva, mentre solo il 16% di essi afferma di aver assunto probiotici con regolarità.
Alcuni prodotti già ben noti per il loro contenuto di prebiotici iniziano ora ad apparire anche con probiotici. Agli inizi di quest’anno, Post Foods ha lanciato i cereali Great Grains Digestive Blend contenenti colture probiotiche in grado di supportare l’apparato digerente, mantenendolo in salute. Altri marchi di cereali hanno sfruttato l’appeal probiotico dello jogurt aggiungendolo alla miscela di cereali, come nel caso del recente lancio di Yog Active Fiber.
Si tratta di un prodotto a base di perle di jogurt con colture di batteri attivi Lactobacillus acidophilus LA-5 e croccanti fiocchi integrali e pezzetti di crusca; il risultato è dunque un cereale probiotico ad elevato contenuto di fibre, in grado di contribuire al mantenimento di una sana flora intestinale.
Anche i prodotti privi di glutine permettono di combinare prebiotici e probiotici a supporto della salute digestiva. Sebbene le ragioni che spingono i consumatori a ricorrere ai prodotti privi di glutine siano molteplici, un regime alimentare strettamente privo di glutine può causare carenze nutrizionali soprattutto in termini di fibre. In effetti, secondo la Gluten-free Foods, Stati Uniti, settembre 2014, circa un quarto (22%) dei consumatori statunitensi ritiene che il valore nutrizionale dei prodotti privi di glutine sia povero rispetto ai prodotti con glutine. La combinazione di fibre e probiotici può attirare i consumatori che ricercano prodotti privi di glutine e che hanno problemi di salute digestiva. Udi ha recentemente lanciato una barretta per la colazione con probiotici e priva di glutine che utilizza colture BC30 ed è anche ricca di fibre.

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Invecchiare in salute

Negli ultimi decenni l’allungamento dell’aspettativa di vita ha incrementato in modo considerevole il numero di anziani, facendo crescere l’attenzione verso questa categoria e impattando in modo significativo il mercato healthcare. Secondo i dati ISTAT in Italia a livello censuario gli ultra sessantacinquenni nel 2011 erano 12,3 milioni (pari al 20,3% dei 60,6 milioni del totale della popolazione nazionale residente), mentre le stime per il 2030 portano il numero a 16,6 milioni (su 63,5 milioni) e a 20 milioni nel 2065, cioè il 32,3% (Fig.1). Il modificarsi in modo così radicale della società non potrà che rappresentare una sfida sempre più impegnativa per i governi che si succederanno nel prossimo futuro.
Fig1_Mercato

A dimostrazione della crescente attenzione verso la popolazione più anziana, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unione Europea e tutti gli Stati hanno messo a punto programmi per promuovere la coscienza dell’healthy ageing, vale a dire uno stile di vita più corretto che include una regolare attività fisica, una dieta salutare, normali relazioni sociali e così via.
Studiosi ed esperti hanno poi studiato i vari aspetti dell’invecchiamento, con approcci differenziati al fine di capirne le differenti implicazioni sociali, psicologiche, mediche, ecc. Particolare attenzione è stata rivolta all’alimentazione: non vi è dubbio che l’età avanzata sia esposta a rischi di carenze nutrizionali a causa di vari fattori, alcuni dei quali sono una diretta conseguenza dell’invecchiamento.
Nelle persone anziane è spesso difficile rimuovere le cause di una nutrizione sbagliata o modificare vecchie e inveterate abitudini, per cui risulta spesso complesso ottenere l’adesione volontaria ad una corretta alimentazione. In questi casi può essere necessario ricorrere all’uso corretto e prudente degli integratori alimentari che, a seconda del bisogno, possono essere polivitaminici, multi-minerali o supplementi specifici per deficit nutrizionali.
La gamma di prodotti indicati per le persone in età avanzata è molto vasta, e in linea di massima si può suddividere nel seguente modo:
• Integratori vitaminici
• Integratori a base di minerali
• Integratori di acidi grassi
• Integratori a base di fibre
• Prodotti naturali e derivati erboristici
Conoscere l’effettivo consumo di prodotti nutraceutici da parte della popolazione in età avanzata è importante per capire la portata del fenomeno. Riuscire ad avere un dato certo però è difficile, in quanto molto spesso l’acquisto di questi prodotti viene delegato ad altri; nondimeno si può cercare di definire un mercato di riferimento che include tutti i prodotti utilizzati anche da questa categoria di consumatori.
I dati IMS Health mostrano come il mercato di riferimento sia in forte crescita: nell’anno mobile terminante a novembre 2012 si sono effettuati acquisti per 126,4 milioni di confezioni che, tradotti in giro d’affari delle farmacie, ammontano a oltre 1,8 miliardi di Euro. Gli stessi dati riferiti al 2014 hanno portato i volumi a sfiorare i 140 milioni di pezzi, per un controvalore di oltre 2 miliardi di Euro (Fig.2).

Fig2-3_Mercato
I nutraceutici sono presenti in tutte le classi terapeutiche del mercato OTC ed è interessante notare come in tutte le categorie (con la sola eccezione dei dimagranti, peraltro di scarsa rilevanza per gli anziani) i tassi di sviluppo tra il 2012 ed il 2014 siano molto incoraggianti.
Le due classi più rilevanti nell’economia di questo segmento – il giro d’affari di ciascuna di esse è, infatti, prossimo ai 500 milioni di Euro – includono i prodotti gastrometabolici ed intestinali e le vitamine, i minerali e gli integratori alimentari; in entrambi i casi la crescita a valori rispetto al 2012 è stata molto positiva, rispettivamente del 15,4 e del 13,8%.
Con una spesa superiore ai 100 milioni di Euro troviamo poi i cardiovascolari (+19%), i genito-urinari (+22,6%), i prodotti per l’apparato respiratorio (+24,2%) e gli analgesici (+27,9%). Tra le classi minori, si distinguono in particolar modo per tasso di crescita calmanti e sonniferi (+16%) e i derivati erboristici (+17,7%, indicati come “Varie”), mentre è più contenuto il progresso degli oftalmici (+5,5%).
Scendendo nel dettaglio delle due classi più importanti, notiamo che, tra i prodotti per l’apparato digerente e intestinale, i probiotici coprono oltre il 50% del giro d’affari, seguiti dai lassativi e dai prodotti per stomaco e addome (antiflatulenza, digestivi, ecc.). Più limitato l’apporto degli antiacidi, dei prodotti per il fegato, degli antidiarroici e dei vermifughi. Rispetto al solo 2013 il tasso di crescita complessivo di questo gruppo è stato del 9,4% (Fig.3).
Nel comparto VMS sono gli integratori minerali la categoria più importante: la loro quota di mercato è superiore al 30% e precedono i multivitaminici con sali minerali (19,4%), gli antiossidanti (17%) e gli altri integratori (10,9%). Più modeste, ma comunque in incremento, le quote delle classi minori, tra le quali si distinguono per il loro peso le vitamine ed in particolare quelle del gruppo B. Anche per tutti questi prodotti la variazione percentuale rispetto al 2013 è stata più che soddisfacente (+8,5%) (Fig.3).
Allo stato attuale, quindi, non si hanno evidenze di un possibile calo dei consumi di prodotti nutraceutici, e sulla base dei dati IMS Health è ragionevole supporre che il trend positivo continuerà anche nei prossimi anni.
IMS Health Italia in a nutshell
IMS Health si qualifica come società leader mondiale specializzata nelle informazioni di marketing per l’industria farmaceutica e della cura della salute. Presente in più di 100 Paesi, con oltre cinquant’anni di attività ed esperienza, IMS è partner essenziale per il settore nella sua globalità, in quanto fornisce informazioni, soluzioni e servizi di consulenza utili per la comprensione e la previsione dell’andamento del mercato dei farmaci. Servizi personalizzati e progetti di consulenza permettono inoltre di sviluppare analisi specifiche a supporto delle decisioni sia operative che strategiche.

Informazioni aggiuntive sono disponibili su
www.imshealth.com

GIUSTO FARAVELLI SPA

Giusto Faravelli SpA è tra le 10 aziende vincitrici del “Nastro d’Onore” per la categoria “Customer Focus” agli European Business Awards.
La casa madre del Gruppo Faravelli è infatti tra le 110 aziende europee – tra i 709 National Champion in gara provenienti da 33 paesi – che si sono aggiudicate il Nastro d’Onore, titolo conferito da un panel di giudici provenienti dal mondo accademico, imprenditoriale e politico europeo.
In particolare, Giusto Faravelli è tra i 10 finalisti per la categoria Customer Focus ed è una delle sette aziende italiane ad accedere alla volata finale della competizione che dal 2007 premia le aziende europee più innovative, di successo ed etiche.
Giusto Faravelli è stata selezionata tra oltre 24.000 aziende provenienti da 33 paesi europei che hanno preso parte all’edizione 2014/2015 del premio.
“Siamo davvero contenti di aver raggiunto questo importante risultato e di rappresentare l’Italia in una manifestazione così prestigiosa. Adesso ci apprestiamo ad incontrare il panel di giurati per raccontare di persona come lavoriamo” dice Luca Benati – CEO dell’azienda.
I vincitori delle 11 categorie in gara, infatti, presenteranno di persona nelle prossime settimane i loro risultati a un gruppo di giudici che includono senior executives, membri dello Strategic Advisory Panel, accademici e analisti finanziari e giornalisti.

Le categorie in gara sono
The RSM Entrepreneur of the Year Award
The International Award for Environmental and Corporate Responsibility
The UKTI Award for Innovation
The Business of the Year Award (T/O €0-25m)
The Business of the Year Award (T/O €26-150m)
The Business of the Year Award (T/O €150m+)
The Growth Strategy of the Year Award
The Award for Customer Focus
The Chairman’s Selection
The Import/Export Award
The Employer of the Year Award
I vincitori di ciascuna categoria saranno annunciati nel corso del Gala di premiazione finale che si terrà a giugno e che proclamerà inoltre il vincitore assoluto degli European Business Awards.

Per ulteriori informazioni sugli Awards e per conoscere tutti i vincitori del “Nastro d’Onore”, vi invitiamo a visitare il sito dedicato
www.businessawardseurope.com
Vi ricordiamo inoltre che la votazione pubblica che decreterà il National Public Champion di ogni paese è ancora aperta e si concluderà il 24 febbraio. I vincitori verranno annunciati il 3 marzo 2015. Continuate a votarci!

Per informazioni su Giusto Faravelli SpA e sul Gruppo Faravelli:
www.faravelli.it www.faravelligroup.com

Ufficio PR & Corporate Communications: pressoffice@faravelli.it
Silvia Di Tommaso silvia.ditommaso@faravelli.it

Ufficio stampa e PR European Business Awards:
Vanessa Wood, EBA PR – Tel: +44 (0) 796 666 6657/Email: vanessa.wood@businessawardseurope.com

Il mercato dei probiotici

I probiotici sono generalmente associati alla salute gastrointestinale. Nel Regno Unito, il 66% dei consumatori consapevoli della funzionalità dei probiotici, crede che essa risieda nell’aiutare la digestione, ma solo il 31% di essi associa i probiotici al potenziamento del sistema immunitario, sebbene molte ricerche ne documentino questo effetto.
Da una ricerca di Mintel condotta negli Stati Uniti nel settembre 2013 emerge che tra i consumatori che assumono integratori di vitamine e minerali, il 50% li utilizza per potenziare il sistema immunitario, quindi i probiotici che stimolano l’immunità potrebbero ampliare l’utilizzo di questi prodotti da parte dei consumatori e la concezione che essi ne hanno.

I probiotici nelle categorie alimentari
I probiotici si trovano più frequentemente nei prodotti caseari e nelle categorie di prodotti alimentari per bambini (Tab 1). Solitamente, in altre categorie, l’uso dei probiotici è limitato dalla vitalità del ceppo, poiché alcune tecniche di lavorazione e determinate caratteristiche dei prodotti, come il pH, possono essere nocive per la sopravvivenza dei probiotici.
Per questo negli ultimi anni si è ampliata la ricerca di ceppi più resistenti. Ad esempio il ceppo brevettato del Bacillus coagulans GBI-30,0686 (BC30) di Ganden Biotech (Cleveland, Ohio, Stati Uniti), è un probiotico ultra resistente. Il ceppo ha ricevuto il riconoscimento come GRAS (Generalmente Riconosciuto Come Sicuro) da parte dell’FDA ed è stato oggetto di studio in termini di sicurezza ed efficacia in 17 pubblicazioni. Secondo il produttore è stato dimostrato che BC30 supporta la salute immunitaria alla concentrazione di 500 milioni di unità formanti colonie (UFC) e promuove la salute digestiva alla concentrazione di un miliardo di UFC.
Secondo il loro brevetto, BC30, essendo un batterio che forma spore, è in grado di sopravvivere a pH molto acidi e di tollerare tecniche di lavorazione e condizioni estreme. BC30 è quindi utilizzato in una vasta gamma di prodotti inclusi succhi, cereali, caffè istantaneo, dolcificanti e cioccolato. Recentemente Ganden Biotech ha annunciato un programma relativo allo sviluppo di probiotici per monodose di caffè con Copper Moon K-Cups.

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Succhi potenziati con probiotici
I consumatori più giovani sono una popolazione che consuma grandi quantità di succhi e quindi rappresentano un pubblico potenziale per i prodotti probiotici. Tuttavia, in alcuni mercati, questa fetta di popolazione è stata sostituita da un settore che tende a concentrarsi maggiormente sui consumatori più anziani e più in particolare, sulle donne.
I claim per la salute dell’apparato digerente sono ancora rari nei succhi, dal momento che i succhi probiotici restano ancora un mercato di nicchia, ed i succhi contenenti fibre di norma non riportano benefici di tipo prebiotico. L’aggiunta di probiotici ai succhi è resa più complessa dal fatto che i consumatori tendono a considerarli come un ingrediente prevalentemente relativo agli jogurt piuttosto che come ingredienti funzionali che possono essere aggiunti ad altre bevande.
Le aziende casearie scandinave leader, Tine e Valio, si sono unite in una partnership nell’obiettivo di promuovere, nel loro territorio, i benefici dei probiotici nella categoria dei succhi. In base a tale accordo, Tine, azienda norvegese, permetterà l’utilizzo del ceppo probiotico Lactobacillus GG (LGG), di proprietà brevettuale di Valio, nei suoi nuovi succhi Biola.
LGG ha una presenza molto forte nella gamma di prodotti Valio, incluso il marchio di succhi Geflilus. Secondo l’azienda, LGG stimola l’immunità, la formazione di anticorpi durante l’infezione virale e riduce l’incidenza di infezioni gastrointestinali.
I succhi Tine, potenziati con probiotici, si aggiungeranno alla linea esistente Biola di bevande a base di latte fermentato, che ne promuovono anche le qualità probiotiche. Le aziende affermano che i nuovi succhi saranno particolarmente interessanti per i consumatori desiderosi di assumere probiotici, ma intolleranti al lattosio o che, per altre ragioni, preferiscono i succhi rispetto ai prodotti caseari.
La promozione dei probiotici nei succhi resta un fatto raro anche nelle regioni al di fuori dell’Europa dove i claim sulla salute gastrointestinale ed altri claim probiotici sono permessi. Gli Stati Uniti rappresentano il mercato leader per l’introduzione di nuovi prodotti e vedono circa il 30% dei nuovi succhi probiotici lanciati negli ultimi due anni.
A conferma della linea scandinava, Finlandia e Svezia completano la rosa dei tre paesi leader, rappresentando il 24 ed il 18%, rispettivamente, dei lanci di nuovi succhi probiotici (Fig 1).

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Negli Stati Uniti, Good Belly è un innovatore leader nel segmento, con diversi lanci di bevande e succhi probiotici a base di frutta e verdura, oltre all’acqua di cocco potenziata con probiotici. Secondo quanto riportato, questi prodotti contengono 20 miliardi di colture vive e attive per porzione.
In Svezia, come in Norvegia e in Finlandia, la forte influenza casearia sul segmento dei succhi può essere riscontrata nel marchio leader di succhi Rynkeby di Arla Foods. La descrizione del suo succo God Morgon Bifido Kiwi Guava Juice riporta che esso contiene ‘colture di batteri buoni’.
I succhi contenenti fibra prebiotica sono leggermente più comuni, sebbene la maggior parte di essi non ne metta in evidenza le qualità prebiotiche (cioè il loro ruolo di supportare i batteri probiotici nel tratto intestinale). In realtà la maggior parte di essi fa semplicemente riferimento al loro ruolo come fonte di fibre. Negli Stati Uniti, il prodotto Capri Sun Super V di Kraft Foods, ad esempio, contiene fibra di mais solubile, sebbene la dicitura lo presenti soltanto come una ‘buona fonte di fibre’. Il marchio Simply Sqeezed della Nuova Zelanda, tuttavia, evidenzia entrambe le proprietà probiotiche e prebiotiche.
Il succo Dairy Free Prebiotic & Probiotic Juice di Happy Belly è una miscela di mela, ananas, mango e frutto della passione e contiene fibra alimentare Litesse e il probiotico HOWARU bifido.
La fibra contenuta offre 4 g di fibra per una porzione da 250 ml ed il marchio combina i benefici probiotici e prebiotici al fine di potersi presentare come un prodotto fortemente promotore della salute digestiva.

I consumatori sembrano fidarsi dei probiotici ma solo in formati familiari
Mentre i claim relativi ai probiotici sono stati severamente penalizzati in Europa, e negli Stati Uniti l’idea che certi ceppi di batteri siano più efficaci di altri sia stata messa in discussione, i consumatori continuano ad associare positivamente alcuni alimenti alla salute digestiva.
Nel Regno Unito, il 72% dei consumatori di jogurt e bevande a base di jogurt concorda sul fatto che il consumo di questi prodotti sia un buon metodo per promuovere la salute digestiva. In altri mercati europei, queste opinioni sono leggermente inferiori, sebbene comunque forti. In Spagna, sette consumatori su dieci concordano anche sul fatto che jogurt e bevande a base di jogurt siano positivi per la salute digestiva; questo dato si attesta al 67% in Italia, al 58% in Germania e al 39% in Francia.
Queste opinioni sono probabilmente dovute alla nota reputazione dei benefici dello jogurt sulla salute digestiva piuttosto che alla reale comprensione, da parte del consumatore, del meccanismo d’azione dei probiotici.
Di fatto, in molti di questi paesi, i consumatori ammettono di non sapere esattamente cosa siano i batteri probiotici e il ruolo che essi svolgono (Tab 2).

Tab2_IN4_2014

Il fatto che in Norvegia e in Finlandia i consumatori siano ben consapevoli che Tine e Valio sono due aziende casearie, potrebbe agevolarli nel prendere consapevolezza del legame tra i succhi di queste aziende e i benefici salutari legati alle produzioni di tipo prettamente caseario.
In altri mercati, dove i consumatori potrebbero essere meno in grado di comprendere tale legame, le miscele di succhi e jogurt potrebbero palesare la suddetta correlazione.
Le ricerche condotte negli Stati Uniti mostrano che i giovani consumatori sono la popolazione maggiormente suscettibile alle problematiche di tipo gastro-intestinale; ciò potrebbe essere dovuto non solo a fattori di stress collegati agli impegni scolastici, ma anche a stili di vita frenetici che non prevedono una nutrizione adeguata o il necessario riposo notturno. I giovani rappresentano un importante potenziale per i prodotti probiotici in ragione del fatto che essi costituiscono una popolazione che consuma grandi quantità di succhi. Tuttavia, essi potrebbero essere trascurati da un mercato che in precedenza si concentrava prevalentemente sulle persone più anziane e più in particolare, sulle donne. Infatti, solo il 13% circa dei consumatori statunitensi che ha problemi legati al tratto gastrointestinale afferma di assumere probiotici con regolarità, nell’ottica di gestire al meglio la propria salute digestiva, eccezion fatta per le donne di più di 55 anni, delle quali il 19% afferma di affidarsi ai probiotici.
I consumatori più giovani, tuttavia, sono più inclini ad affermare di essere frustrati dal fatto che i loro problemi gastro-intestinali interferiscono nella loro vita quotidiana, poiché queste problematiche li fanno sentire a disagio, condizionando la loro vita sociale. Queste motivazioni, potrebbero essere forti incentivi per spingere a provare i succhi probiotici e inoltre, sarebbero un messaggio esclusivamente riservato ai succhi, data la minore diffusione nel segmento caseario.

Conclusioni
I consumatori associano i probiotici presenti in alcuni alimenti, come ad esempio jogurt, con la salute dell’apparato digerente, ma hanno minore familiarità in merito all’uso dei probiotici come ingredienti di altri prodotti alimentari, quali succhi e prodotti caseari, che potrebbero rappresentare una interessante innovazione.
L’incorporazione di probiotici in prodotti di consumo quotidiano può incrementare la possibilità che i consumatori assumano la dose raccomandata affinché questi prodotti siano efficaci. Particolari segmenti di mercato, quali i giovani e le persone intolleranti al lattosio, potrebbero essere particolarmente interessati ai succhi contenenti probiotici.
Sebbene i benefici dei probiotici differiscano in base al ceppo, esistono nuovi ceppi resistenti a pH e condizioni di lavorazione che possono essere aggiunti a categorie alimentari diverse, per diminuire la riluttanza dei consumatori all’utilizzo, visto che l’attuale consumo di probiotici è basso.

Mintel in a nutshell
Mintel è la principale agenzia di Market Intelligence a livello mondiale, fornendo informazioni attendibili, analisi e raccomandazioni essenziali. Il portfolio di Mintel di prodotti affidabili e soluzioni per l’industria supporta clienti di alto profilo in settori chiave come beni di largo consumo (CPG), servizi finanziari, media, retail, tempo libero e istruzione. Con uffici a Londra, Chicago, New York, Toronto, Shanghai, Tokyo, Sydney, Singapore, Mumbai, Kuala Lumpur e San Paolo, la presenza di Mintel continua a crescere a livello globale. Il team di specialisti e di analisti di fama mondiale di Mintel utilizza le fonti più credibili di dati, notizie e opinioni, e fornisce dati per l’innovazione e le tendenze, in modo da comunicare la visione più affidabile delle prospettive future.

Il mercato dei carboidrati non digeribili

Il settore del controllo degli zuccheri nel sangue presenta enormi opportunità alla luce del crescente numero di persone affette da diabete e pre-diabete. La Federazione Internazionale del Diabete stima che 382 milioni di persone nel mondo convivano con il diabete e si ritiene che entro il 2035 questa cifra aumenterà del 55%, attestandosi a 592 milioni.
La questione del controllo degli zuccheri nel sangue è sempre più correlata al controllo dell’appetito; ciò significa che essa interessa anche la popolazione generica ed in particolare le persone che vogliono mantenere il loro peso corporeo o ridurlo.
I prodotti ad elevato e basso indice glicemico (IG) generano diverse risposte glicemiche ed insuliniche quando consumati. Si dice che i cibi a basso indice glicemico aiutino anche a regolare e a soddisfare meglio l’appetito, mentre taluni studi suggeriscono che gli alimenti ad elevato IG potrebbero essere collegati alla dipendenza dal cibo. Ne consegue che l’IG è una discriminante sempre più utilizzata per comunicare ai consumatori la ‘qualità’ dei carboidrati e, negli ultimi cinque anni, il numero di alimenti e bevande a basso indice glicemico introdotti sul mercato è cresciuto considerevolmente (Tab 1).
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La consapevolezza in materia di IG è tuttavia ancora relativamente bassa: solo il 22% dei consumatori americani di bevande si preoccupa di verificare che i dolcificanti in esse contenute siano a basso IG. Ciò malgrado, i consumatori sembrano attribuire una certa importanza al concetto di ‘sentirsi sazi più a lungo’, ed il 41% dei consumatori del Regno Unito acquista cereali per la colazione proprio in virtù del fatto che questo alimento ‘riempie fino all’ora di pranzo’ e ‘fornisce energia’. Quando si intende promuovere prodotti a basso IG, l’utilizzo di dichiarazioni relative al senso di sazietà, come ad esempio ‘aiuta a sentirsi sazi più a lungo’, oppure fornisce ‘una prolungata fonte di energia’, aiuta a comunicare al consumatore il legame fra basso IG, un livello costante di zuccheri nel sangue ed una maggiore soddisfazione.

Esempi di lanci di prodotti a ‘basso indice glicemico’
Cereali integrali ‘Bear Alphabites’
(Regno Unito)
Questi cereali da colazione sono dolcificati con nettare di fiori di cocco che, rispetto ad altri zuccheri, hanno un inferiore indice glicemico. Il prodotto spiega i benefici dello zucchero a basso IG affermando che ‘previene sregolati picchi di zucchero e repentini cali di zuccheri, saziando più a lungo i vostri bambini’.

Riso integrale a basso IG di Sun Rice
(Australia)
Questo riso a basso IG vanta di rilasciare energia in modo costante, dando un senso di carica energetica per un lungo periodo dopo il pasto. Sul fronte della confezione, insieme alla scritta ‘a basso IG’ si afferma anche ‘aiuta a sentirsi sazi più a lungo’ e fornisce un ‘prolungato rilascio di energia’.

Yogurt alla vaniglia di Yoplait
(Australia)
Si tratta di uno yogurt a basso IG che fornisce un sostenuto rilascio di energia, conferendo un prolungato senso di sazietà.

La comunicazione del controllo dello zucchero nel sangue va nella giusta direzione
La ricerca di ingredienti efficaci che aiutino a gestire e ridurre i livelli di zuccheri nel sangue, riducendo in modo utile la risposta glicemica di un prodotto alimentare, è in continuo sviluppo.
Sebbene diversi ingredienti abbiano dimostrato un certo potenziale nella gestione dei livelli di zucchero nel sangue, fra cui avena, acido alfa lipoico e cannella, nessuno di essi detiene un claim sulla salute approvato, né negli USA, né in Europa.
Ciò malgrado, la recente approvazione di un claim sulla salute da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), nel mese di gennaio 2014, ha ufficialmente riconosciuto il legame fra carboidrati non digeribili e la riduzione della risposta glicemica dei prodotti alimentari.
Tre dei grandi fornitori di carboidrati non digeribili, inulina e frutto-oligosaccaridi (FOS) derivati da cicoria, ovvero Beneo-Orafti SA, Sensus BV e Cosucra-Groups Warcoing SA, hanno presentato la richiesta di valutazione all’EFSA.
I tre studi di intervento e i tre studi meccanicistici sull’uomo presentati all’EFSA avevano lo scopo di documentare la relazione fra carboidrati non digeribili ed una ridotta risposta glicemica post-prandiale.
L’EFSA ha concluso che vi è una relazione di causa/effetto fra il consumo di alimenti/bevande che contengono carboidrati non digeribili al posto dello zucchero ed una riduzione delle risposte glicemiche post-prandiali rispetto ai prodotti contenenti zucchero. Ciò può essere attribuito alla non digeribilità dei carboidrati e significa che, rispetto allo zucchero, su base peso-per-peso, vi è una ridotta quantità di carboidrati disponibili per l’assorbimento.

Riduzione della risposta glicemica dei prodotti con carboidrati non-digeribili
I carboidrati non digeribili, il cui consumo produce effetti fisiologici benefici, sono anche classificati come fibre funzionali. Le fibre funzionali, come inulina e polidestrosio, sono già utilizzate per favorire la riduzione del contenuto di zucchero e grassi negli alimenti e nelle bevande. Studi hanno dimostrato che l’inulina, insieme all’oligofruttosio, permette una riduzione del contenuto di zucchero e grassi dei prodotti da forno, mimando le proprietà funzionali e sensoriali conferite da zucchero e grassi.
FOS, polisaccaridi non amidacei, oligosaccaridi resistenti e amidi resistenti, possono tutti riportare il claim recentemente approvato, purché il 30% almeno degli zuccheri all’interno del prodotto sia sostituito con carboidrati non digeribili.
L’approvazione di questo claim aiuterà a promuovere l’utilizzo di carboidrati non digeribili per ridurre la risposta glicemica di un prodotto alimentare ed aiutare i consumatori a gestire meglio i livelli di zuccheri nel sangue. Ciò è particolarmente significativo, viste le crescenti pressioni poste da patologie correlate all’obesità e la crescente domanda di prodotti alimentari e bevande che possano aiutare a ridurre questi problemi.
Per concludere, i carboidrati non digeribili possono essere utilizzati al posto dello zucchero per ridurre la risposta glicemica post-prandiale di alimenti e bevande. L’uso di dichiarazioni fondate sulla sazietà di prodotti a basso IG aiuterà a comunicare i benefici dei prodotti ai consumatori. Inoltre, i prodotti che aiutano a gestire i livelli di zucchero nel sangue, dovrebbero essere rivolti a diabetici e pre-diabetici, nonché a tutti coloro interessati al controllo del peso.

Le potenzialità delle alghe nei functional foods

Secondo una ricerca Mintel, l’attenzione nel settore dei functional foods per le alghe sta crescendo.
Alghe negli snack
In Cina, le alghe sono considerate un alimento molto nutriente; articoli on line dedicati alle lavoratrici cinesi raccomandano il consumo di snack a base di alghe essicate. Molto di questi articoli illustrano le proprietà dimagranti, detossificanti e salutari delle alghe. Da una ricerca Mintel, il 55% dei cinesi sceglie abitualmente prodotti ittici (comprese alghe, frutti di mare e capesante) per migliorare le condizioni generali di salute. Nonostante le popolazioni occidentali non siano abituate al consumo di alghe, escluso il sushi o la zuppa di miso, le Aziende possono guardare all’Asia come ispirazione per lo sviluppo di alcuni alimenti funzionali. L’approccio asiatico per una vita salutare in una società che invecchia può essere uno spunto di riflessione per gli occidentali.
Esempi di snack a base di alghe:
– Cracker di riso giapponese con alghe e olio di oliva: cracker di riso dall’Olanda con alghe e aroma di olio d’oliva. Aggiungere una minima quantità di alghe al 1.14% sull’etichetta è un approccio utile per abituare i consumatori occidentali al consumo di snack con alghe.
– Sfoglie di alghe fritte aromatizzate alla paprika: uno snack vegetale dalla Tailandia a base di alghe fritte con aroma di paprika. Per adattarli al gusto occidentale possono essere utilizzati differenti aromi.
– Alghe coreane salate con pepe e aromi: uno snack tutto naturale dagli USA che utilizza sapori tradizionali come pepe e piante aromatiche. La confezione spiega che lo snack, ricco di gusto, vitamine e minerali, favorisce il benessere per tutta la giornata.
– Snack a base di grano: uno snack a base di grano dalla Cina che utilizza polvere di alghe come condimento per dare un aroma di mare.

Alghe come nuova fonte di proteine
Considerato l’aumento della popolazione e delle aspettative di vita nei paesi evoluti, la domanda di proteine di derivazione animale è destinata a crescere. Ciò è legato all’aumentare della consapevolezza e del riconoscimento delle proteine come nutriente importante. Il consumo di proteine contenute in cibi e bevande non è solo una necessità degli atleti; è diventato un bisogno nella vita quotidiana dei consumatori, con oltre 6 Americani su 10 che legano la scelta degli alimenti al contenuto di proteine.
Per far fronte alla crescente domanda, è fondamentale il miglioramento nella produzione di proteine animali, ma allo stesso modo è importante anche iniziare a valutare e ad esplorare le potenzialità delle proteine ottenute da fonti non animali.
La disponibilità di fonti alternative per le proteine è già particolarmente evidente sul mercato, con i lanci di prodotti sostitutivi della carne aumentati globalmente nei passati cinque anni e arrivati a rappresentare un quarto dei prodotti lanciati nel 2012.
I più comuni sostituti della carne sono soia, farine, micoproteine – che sono un prodotto fermentato derivato da funghi e tofu – e proteine vegetali.
La diffusione di prodotti contenenti proteine di derivazione non animale è provata dall’aumento di lanci di prodotti con i claims ‘ingredienti non animali’ e high protein, con il numero totale di lanci triplicato dal 2008 al 2012 (dal 9% al 27%, dati Mintel).
Una delle fonti alternative più innovative sono le alghe, caratterizzate da una abbondanza di proteine, che ne costituiscono oltre il 47% del peso.
La loro funzionalità e il loro utilizzo per la produzione alimentare sono particolarmente interessanti; in particolare la proteina rubisco, trovata in alte concentrazioni nelle alghe, si è rivelata molto utile nei prodotti sostitutivi della carne grazie alla sua particolare struttura. Il metodo di produzione per la riproduzione delle alghe è inoltre più sostenibile rispetto alle proteine animali, che compete direttamente con le fonti alimentari umane e richiede l’utilizzo di molte più risorse. Le proteine derivate dalle alghe inoltre offrono una alternativa vegana per le proteine animali.
Fattore importante per la diffusione delle proteine derivate dalle alghe è l’accettazione da parte dei consumatori; tuttavia il costante aumento dell’uso di alghe come ingredienti di alimenti e bevande fornisce segnali incoraggianti, con oltre la metà dei prodotti contenenti alghe degli ultimi cinque anni proposti sul mercato solo negli ultimi due anni (Fig 1).
Anche la diffusione dell’alga spirulina, con lanci triplicati dal 2008 al 2012, è segnale di un atteggiamento positivo dei consumatori nei confronti dei prodotti alimentari a base di alghe (Fig 2).
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Di seguito, alcuni esempi di cibi e bevande contenenti spirulina.
– Frappè di frutta con alga spirulina: offre benefici per la salute apportati dall’alga spirulina, e da frutti quali mela, banana, arancia e kiwi.
– Caramelle energetiche a base di spirulina e ginseng: mix gommoso di noci, avena e semi che contengono spirulina e ginseng, proposto come energizzante naturale.
– Barrette di muesli con mirtilli e spirulina: muesli combinati con mirtilli e spirulina.

Il futuro della nutrizione sportiva passa da Internet

I prodotti alimentari formulati o commercializzati per le persone che praticano sport o attività fisica sono sempre più numerosi, con una dimensione del mercato nazionale sicuramente importante.
Per l’Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM, 2013), sulla base di uno studio Unintegra, un’associazione di categoria, ha recentemente stimato un giro d’affari di 78 milioni di euro per il settore più propriamente ed esclusivamente dedicato agli sportivi (quello di integratori e prodotti per sportivi notificati) (AGCM. I718 – ENERVIT-CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE, Bollettino N. 49 del 9 Dicembre 2013, p. 7-15 http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/3990-49-13.html).
Il settore della nutrizione per lo sport è naturalmente molto più grande: nella stima AGCM, non sono state considerate le vendite nel canale farmacia (che pure è diventato un canale abituale, con marchi ad hoc anche di alcune aziende farmaceutiche), le bevande isotoniche di largo consumo, tra cui quelle delle multinazionali (come Gatorade o Powerade), il grandissimo mercato del settore vendite dirette, o marketing multi-level (le cui dimensioni si possono apprezzare dall’ubiquità delle sponsorizzazioni di Herbalife) e anche di alimenti ordinari, come il miele o le barrette biologiche, etichettati con immagini che ne suggeriscono l’utilizzo in ambito sportivo.
Si tratta dunque di un settore di grandi dimensioni, ma che è anche in quasi inevitabile crescita. In tutta Europa, ci si aspetta un aumento della popolazione che si dedica all’attività fisica e sportiva, anche per gli indiscussi benefici per la salute; le fasce più giovani sono più informate e sportive, pur con variazioni geografiche importanti. Secondo i dati dell’Organizzazone per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, i bambini italiani sono forse i meno attivi d’Europa (per attività fisica moderata o intensa, età 11-15, dati 2009-2010); nonostante la fase economica non favorevole, c’è quindi ampio margine di crescita, con una futura platea per una nutrizione dedicata alla persone fisicamente attive (OCSE, Health at a Glance: Europe 2012. Determinants of health.2.4. Physical activity among children http://www.oecd-ilibrary.org/sites/9789264183896-en/02/04/index.html).
Se aumenta la popolazione interessata allo sport attivo, la crescente accettazione di integratori e di altri prodotti formulati con obiettivi nutrizionali o salutistici dovrebbe anch’essa essere positiva per il settore; l’Italia è il primo mercato europeo per gli integratori alimentari. Non solo, anche se il tema dei rischi per la salute non può essere trascurato nei settori innovativi come questo, i dubbi sulla sicurezza e liceità di molte sostanze, quali per esempio la creatina o le proteine, sono sostanzialmente scomparsi, e la creatina è ormai proposta agli anziani e perfino ai bambini, mentre meno di un decennio fa era oggetto dei più oscuri (e spesso infondati) sospetti.

Le sfide per gli operatori italiani ed europei
Accanto ai margini di crescita, esistono però alcune sfide importanti, anche per gli operatori italiani e più generalmente europei, siano essi produttori o contoterzisti, distributori, titolari di marchi o dettaglianti. Le più rilevanti appaiono:
1 le sfide legate alla comunicazione, per il nuovo assetto normativo in materia di etichettatura e pubblicità alimentare;
2 le problematiche di innovazione formulativa, di qualità e sicurezza;
3 le opportunità e difficoltà del commercio elettronico.

Limiti alla comunicazione ai consumatori
Dal punto di vista regolatorio, possono essere destinati (anche) agli sportivi alimenti di uso corrente o arricchiti di vitamine o minerali, gli integratori alimentari (‘per sportivi’) e, in maniera più specifica, alcuni prodotti dietetici.
Il legislatore europeo, con il Regolamento 609/2013, ha previsto, salvo ripensamenti improbabili, la scomparsa della categoria del prodotto dietetico destinato allo sportivo (‘alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi’) per il 2016. Secondo il parere prevalente delle autorità comunitarie, le indicazioni sulla salute, in inglese health claim, dovrebbero fornire garanzie sufficienti alle imprese per comunicare i benefici dimostrati, per lo sport, di alcune sostanze o alimenti; non vi sarebbero basi scientifiche sufficienti a meglio definire ed uniformare formulazioni ‘per sportivi’, e sarebbe quindi preferibile un approccio basato sulle singole indicazioni sulla salute.
Tra l’altro, molte autorità nazionali non ritengono l’indicazione ‘per sportivi’ di per sé un health claim, o tutt’al più la considerano riconducibile a quei benefici generici (art.10.3) che possono essere richiamati se vi sono health claim più specifici in etichetta, semplificando quindi il futuro regolamentare di questi prodotti.
D’altro canto, un’applicazione del Regolamento sui claims che trascende, in senso restrittivo, lo spirito e la lettera della norma, senza un beneficio informativo per il consumatore, sembra prevalere presso alcune autorità in taluni Paesi. Indubbiamente questo può rendere più complicata la comunicazione e, nel mercato europeo e anche nazionale, regolato in maniera poco uniforme, opaca la concorrenza. L’elemento di dubbio è quindi come a livello europeo e nazionale verrà monitorata la comunicazione per questi prodotti, se la categoria dei dietetici per sportivi verrà meno, e con quale flessibilità verrà applicato il regolamento claim.
Un dilemma per gli operatori è poi la comunicazione per le sostanze, quali gli aminoacidi ramificati, la beta-alanina o la glutammina, popolari per gli sportivi, e con evidenze di benefici non sufficienti a convincere EFSA, e quindi senza health claim autorizzati. È opportuno ricordare che, anche senza claim approvati, queste sostanze possono essere impiegate negli integratori alimentari, poiché sono sicure. In Italia, può essere indicata la loro destinazione agli sportivi, ma non possono essere associati benefici per la salute. Il futuro di queste sostanze non sembra quindi essere di crescita perché gli incentivi ad investire in nuovi studi sono bassi (tranne forse per la beta-alanina). EFSA ha scelto un approccio particolarmente rigoroso per queste sostanze, e parlarne ai consumatori – in maniera legale – sarà sempre più difficile.
Creatina, proteine, minerali e vitamine, insieme ad alcuni claim specifici per lo sport (da idratazione e carboidrati alla vitamina C), restano le sostanze su cui è più facile fare comunicazione.
I Botanicals, grazie alla sospensione dell’armonizzazione comunitaria, quindi con health claim utilizzabili in via transitoria, offrono particolari margini sia per la formulazione che per la comunicazione di un prodotto. Tuttavia, qualsiasi armonizzazione comunitaria sarà realisticamente in senso restrittivo.

Problematiche di innovazione formulativa, di qualità e sicurezza
Per quanto riguarda formule e qualità, i limiti imposti all’innovazione dal regolamento Novel Foods (Reg. 258/97) sono sensibili, ove questo viene applicato in maniera attenta e coe-rente (e non accade in alcuni paesi europei). D’altro canto, la qualità delle materie prime richiede attenzione.
Anche in Europa e in Italia, sono stati identificati casi sporadici, ma reali, di spaccio di sostanze sintetiche come derivati vegetali (il famoso caso DMAA, notificato anche da noi come olio di geranio); sono episodi che mettono a rischio l’immagine del settore (è una sostanza dopante), possono mettere a rischio la salute dei consumatori (numerosi i casi gravi nel mondo legati al DMAA), sono difficili tecnicamente da individuare; purtroppo, questi casi sporadici hanno avuto una flebile risposta sul piano repressivo, con la probabile considerazione che sono le aziende e le loro rappresentanze a doversi attivare per tutelare legalità, concorrenza e consumatori.
Meno grave per la salute, ma altrimenti importante è la presentazione di sostanze sintetiche natural identiche, spesso di origine cinese, come di derivazione naturale, fenomeno che parte dagli USA ma che sembra aver preso piede anche in Europa. Anche qui la situazione dovrebbe essere regolamentata in maniera trasparente e proporzionata, specie nell’applicazione del regolamento (Reg. 258/97). Qui è opportuno non avere preclusioni alla verifica caso per caso, vista la possibilità di reperire dati che ne dimostrino la presenza sul mercato prima del 1997, ma neanche supporre conformità che poi si rivelano inesistenti.
Da un altro punto di vista, l’effettiva concentrazione delle sostanze indicate in etichetta è risultata in Europa non sempre rispondente alle attese, anche considerando le tolleranze ministeriali (in parte in via di superamento); in questo caso sono gli Stati Uniti ad avere definito standard più rigorosi con le GMP. Alcuni paesi, diversi dall’Italia, stanno attivando controlli ufficiali puntuali. D’altro canto, la continua domanda di sostanze stimolanti (invece della ‘banale’ caffeina) porta a soluzioni molto rischiose, da cui le aziende dovrebbero rifuggire senza convincenti prove di sicurezza; i prodotti dimagranti, inoltre, richiedono un approfondimento sulla sicurezza, con attente valutazioni che non tutte le aziende extra europee fanno. Era venduto in tutta Europa (anche se non in Italia) Oxy Elite Pro, un prodotto responsabile di decine di casi di epatite acuta (ancora inspiegata).

Opportunità e difficoltà del commercio elettronico
Ma la sfida principale riguarda i canali di vendita. La contrazione e concentrazione dei dettaglianti specializzati in nutrizione sportiva è un fenomeno probabilmente reale ed irreversibile, anche se qualche catena specializzata potrebbe avere un certo successo. D’altro canto, i farmacisti non vanno mai sottovalutati, anche se probabilmente il canale è funzionale solo ad una certa tipologia di prodotti e di consumatori, senza soffrire la concorrenza della grande distribuzione.
Tuttavia, è il commercio elettronico a mostrare i risultati e le prospettive di crescita più importanti.
Un pubblico tendenzialmente giovane, e comunque più aperto alle tecnologie per strato socio-economico, è naturalmente più propenso all’acquisto online. Il tipo di prodotto, la possibilità di presentarlo in maniera adeguata in formato digitale, la facilità di restituire merce difettosa, gli importi relativamente elevati dell’unità di prodotto favoriscono lo spostamento verso questo canale del commercio dei prodotti per sportivi; dopo aver provato un prodotto acquistandolo al dettaglio, il consumatore può facilmente cercare offerte migliori online. Il pubblico di questo tipo di consumatori è anche abituato a leggere e a discutere dei prodotti sui social media. La conseguenza è stata, negli ultimi cinque-dieci anni, la comparsa di siti di e-commerce con proiezione europea o nazionale di particolare efficienza.
Come auspicato dalla Commissione Europea, si è creato quindi un mercato transfrontaliero all’interno dell’Unione, che però ha compresso gli spazi degli operatori nazionali minori nel campo di produzione, importazione e distribuzione (anche se opportunità nuove per i produttori si sono oggettivamente aperte).
Di particolare preoccupazione per il settore è l’attuale relativa mancanza di regole di questo mercato. Infatti, se le autorità nazionali italiane hanno continuato ad effettuare controlli sugli operatori di e-commerce nazionali, lo stesso non si può dire delle autorità di paesi quali la Slovenia, la Spagna, il Portogallo, l’Olanda o il Regno Unito, anche se alcuni hanno di recente mostrato una maggiore sensibilità.
Si è creato pertanto uno spazio di rischio per il consumatore, in alcun casi, e molto spesso di concorrenza sleale, diretta in maniera specifica al mercato italiano, o altri mercati controllati, con il preciso fine di aggirare non legalmente le norme nazionali, di evitare una seria applicazione delle norme europee, di risparmiare l’obbligo di notifica e di etichettatura in italiano. L’attività di contrasto da parte della autorità italiane, nonostante la buona volontà di singoli funzionari, è stata finora quasi impercettibile.
La conseguenza è una maggiore difficoltà per produttori, distributori ed operatori e-commerce italiani, con negative ripercussioni economiche.
Del resto la libertà formulativa e comunicativa di cui questi operatori off-shore godono, almeno oggi li pone in una posizione invidiabile. Questa situazione probabilmente evolverà verso maggiore regolamentazione e controllo, anche per l’azione di associazioni di categoria e di autorità transnazionali, ma l’esito non è ancora chiaro.
Certamente, al di là degli operatori dell’e-commerce, vi è un interesse di tutti gli operatori europei del settore a regole certe applicate in tutti i paesi, comprese le norme nazionali , ove conformi al diritto comunitario.

Gli scenari futuri
Uno scenario più favorevole si avrebbe nel caso di una flessibilità corrispondente allo spirito e alla lettera del regolamento per quanto riguarda i claims, di un’applicazione trasparente e proporzionata della norma sui novel food, accompagnata a controlli ufficiali sulla qualità e, come assoluta priorità, utilizzando gli strumenti che la legge già prevede, sui siti esteri.
In questo caso, i prodotti italiani e i rivenditori italiani potrebbero competere adeguatamente sul mercato nazionale ed europeo, aprendosi ai promettenti mercati medioorientali ed africani. La composizione demografica di questi paesi e l’emergere di una classe media suggerisce che siano i mercati del futuro.
Uno scenario più complesso, ma forse più probabile, prevede rigidità crescente nell’applicazione delle due norme, almeno in Italia, bassa intensità di controlli ufficiali in altri paesi europei ed un lento incremento dei controlli sui siti esteri. In questo caso evidentemente la produzione nazionale potrebbe orientarsi verso soluzioni low-cost, con prodotti e comunicazione specifica per il mercato estero, anche per rivolgersi ai mercati dei paesi terzi.
Se dovesse prevalere quest’ultimo scenario, non è nella formulazione di integratori alimentari con sostanze particolari (salvo lo spazio dei botanicals, sempre da verificare però per esportazioni anche nella UE) che dovrebbe trovarsi il futuro (pochi spazi per claims, problemi per i novel food, concorrenza di prodotti meno vincolati). Le prospettive potrebbero invece stare in un più ampio raggio di prodotti in cui gli aspetti sensoriali, nutrizionali, di digeribilità e assorbimento, possano coniugarsi con una strategia comunicativa che affronta aspetti diversi da quelli della semplice efficacia, o che lo fa con un mix di messaggi e di immagini, o di altri strumenti comunicativi.

La nutrizione sportiva

La dizione ‘nutrizione sportiva’ e l’immagine che essa suscita da sempre nella mente è quella dei sollevatori di pesi e di atleti di élite, ma oggi tutto questo è ben lungi dal rappresentare la realtà.
La nutrizione sportiva ha smesso di essere una questione riguardante esclusivamente gli atleti di élite diverso tempo fa, ed il suo utilizzo non è ormai più confinato ai seguaci del sollevamento pesi o del bodybuilding. Sebbene continui ad essere una pietra miliare nei regimi alimentari delle star sportive internazionali, oggi essa è seguita anche da milioni di entusiasti del fitness e dello sport in tutto il mondo, che praticano attività che vanno dalla corsa alle arti marziali.

Nell’ultimo decennio, l’industria europea ha rivestito un ruolo di primo piano nel settore degli alimenti e delle bevande, raggiungendo traguardi importanti, e continuando a prosperare, consolidandosi come mercato specializzato. Questa crescita, tuttavia, non è stata priva di problematiche; i responsabili delle politiche ed i regolatori di tutta Europa hanno combattuto per capire come regolare al meglio questo mercato in crescita senza abbandonare i criteri di flessibilità e innovazione; hanno sfidato se stessi e l’industria, per tutelare i consumatori ed evitare che prodotti illegali e pericolosi fossero immessi sul mercato. Inoltre, hanno incoraggiato il commercio transfrontaliero attraverso l’adeguato funzionamento del mercato interno.
Da dove proviene dunque questa crescita? E cosa ci riserva il futuro?

Storia della nutrizione sportiva
Il concetto di massimizzazione della performance sportiva e di esercizio fisico su cui si basano tutte le bevande, i gel e le tavolette di moderna concezione è noto dall’antichità. Fin dai Giochi Olimpici del 500 A.C, gli atleti avvertono la necessità di sostenere la propria performance attraverso l’assunzione di nutrienti ed il consumo di grandi quantità di carne, pane, frutta secca, miele, diverse varietà di funghi ed erbe.
E’ riconosciuto che il moderno mercato della nutrizione sportiva sia sorto negli Stati Uniti negli anni ‘40 con la nascita di Weider Nutrition. La società è stata fondata su richiesta dei praticanti di bodybuilding alla ricerca di modi attraverso i quali migliorare le loro prestazioni e sulla base degli avanzamenti scientifici e delle prove che testimoniavano la correlazione fra l’incremento dell’uso dei carboidrati e il miglioramento della performance sportiva. Tutto ciò ha condotto alla prima generazione di prodotti per la nutrizione sportiva che all’epoca consistevano in bevande dolci e zuccherine a base di amido – una rivoluzione rispetto al precedente utilizzo di alcool, stricnina e altri ‘integratori’ discutibili che gli atleti erroneamente credevano potessero incidere positivamente sulla prestazione.
I decenni seguenti hanno registrato una rapida evoluzione. Gli allenatori e gli sportivi da loro seguiti, hanno riconosciuto i benefici degli integratori alimentari e ne hanno favorevolmente accolto l’utilizzo. Studi scientifici hanno dimostrato i benefici di diversi ingredienti, e la crescente innovazione ha portato allo sviluppo di prodotti complessi inimmaginabili negli anni ’40. Ulteriori studi e letteratura scientifica hanno messo in evidenza le esigenze nutrizionali accresciute ed esclusive degli atleti che non seguivano un regime alimentare giornaliero a causa di mancanza di conoscenza, mancanza di convenienza o non volontà di adottare un regime alimentare rigoroso.
Questa evoluzione nel mondo sportivo è stata seguita da una evoluzione nel pubblico generico che è divenuto più consapevole dell’importanza di stili di vita salutari e dei benefici dell’attività fisica. Anche comuni cittadini hanno iniziato a utilizzare integratori alimentari praticando la loro attività sportiva. Ciò ha significato che il settore della nutrizione sportiva ha assistito ad un ampliamento del profilo di età del mercato e ad una espansione delle tipologie di attività intraprese – dallo jogging del fine settimana agli entusiasti del fitness, fino alle giovani madri, desiderose di migliorare la loro salute e benessere.
Questa popolarità ed accettazione è stata guidata anche dalla praticità: i consumatori hanno risposto positivamente alle barrette nutrizionali, alle bevande a base di carboidrati e ai frullati come sostituzione del pasto, cogliendoli come nuovi mezzi per soddisfare le loro esigenze in termini energetici e nutrizionali all’interno di una vita impegnata e in cui il tempo per se stessi scarseggia. L’industria della nutrizione sportiva ha risposto a questa domanda con la creazione di nuove categorie di prodotti che soddisfano le richieste dei consumatori e, mettendo i prodotti a disposizione del grande pubblico piuttosto che lasciarli confinati in un mercato altamente specializzato come quello dei bodybuilder. Il risultato è stato che oggi sugli scaffali dei supermercati, è possibile reperire non soltanto gel, tavolette, barrette, frullati, capsule e compresse ma anche prodotti simili a pancake, cereali e zuppe.
Anche i canali di distribuzione sono cambiati. Fino a dieci anni fa, i consumatori avrebbero dovuto certamente rivolgersi ad un rivenditore specializzato, ad un sito web o persino recarsi di persona in una palestra per reperire questi prodotti di nutrizione sportiva; oggi invece, in qualsiasi supermercato o minimarket è possibile scegliere tra una vasta gamma di prodotti.
Il risultato? L’industria della nutrizione sportiva globale rappresenta un mercato di più di 5 miliardi di dollari (3.66 miliardi di Euro) all’anno e gli analisti stimano che nei prossimi quattro anni essa supererà i 6.17 miliari di dollari (4.5 miliardi di Euro).

La sfida della percezione
Tutto questo non significa che la crescita e lo sviluppo dell’industria della nutrizione sportiva siano avvenuti senza problemi; in effetti, nel pubblico vi è stata, e vi è tutt’ora, una allarmante ed erronea confusione tra nutrizione sportiva e sostanze per migliorare la prestazione. Questa situazione non è certo aiutata dai prodotti del cosiddetto ‘mercato nero’, molti dei quali nascono negli Stati Uniti e riescono a infiltrarsi nei negozi e nei siti web europei. Molti di questi prodotti causano gravi danni alla salute dei consumatori – persino decessi – e questa situazione ha contribuito a fornire una percezione scorretta della nutrizione sportiva. La realtà è che molti di questi prodotti del mercato nero sono semplicemente droghe illecite e non hanno nulla a che fare con la nutrizione sportiva scrupolosamente sviluppata.
Gli ormoni o i prodotti simili a steroidi e i forti stimolanti sono vietati da diversi anni nei paesi Europei. Ciò non ha comunque impedito il verificarsi di storie mediatiche che hanno portato ad affermare che gli ‘integratori sportivi’ contengono sostanze vietate, o che la produzione e il commercio al dettaglio sono privi di regole o scarsamente controllati.
In alcuni casi, gli atleti professionisti hanno cercato di addossare le colpe dei loro esiti positivi ai test anti-droga agli integratori per sportivi, ignorando che le sostanze per migliorare la prestazione, vietate dall’Agenzia Mondiale Anti-Doping (WADA) e dal Comitato Olimpico Internazionale (IOC), non sono presenti nei prodotti per la nutrizione sportiva e la loro vendita come specialità da banco è vietata nell’Unione Europea.
L’industria della nutrizione sportiva e i governi nazionali si sono adoperati al fine di tutelare i consumatori da queste sostanze illegali, attuando un’apposita legislazione riguardante ingredienti potenzialmente pericolosi o indicazioni sulla salute fuorvianti. Oggi esistono numerose leggi UE che regolano la produzione, il confezionamento, la distribuzione, la vendita al dettaglio e l’etichettatura dei prodotti alimentari – una categoria in cui ora rientra anche la nutrizione sportiva. I produttori intraprendono azioni volte a minimizzare, se non addirittura eliminare, il rischio di contraffazione legata alla contaminazione incrociata di prodotti. Molti si spingono addirittura oltre, testando i prodotti finiti presso strutture indipendenti.
Negli anni recenti, l’industria della nutrizione sportiva ha sofferto le conseguenze derivanti da claims erronei; la colpa di questa situazione è attribuibile ai prodotti venduti senza alcuno scrupolo nel mercato nero che si affianca all’industria severamente regolata della nutrizione sportiva e degli integratori. Ciò malgrado, l’industria ha reagito e adesso comincia a raccogliere i frutti della vittoria, dato che i consumatori ora riconoscono l’importanza di riporre la loro fiducia in prodotti di buona fama e provenienti da fonti sicure.

Il limbo regolatorio
Ciò che ha reso lo sviluppo dell’industria della nutrizione sportiva ancora più considerevole è il fatto che essa debba confrontarsi con una regolamentazione severa che in alcuni casi ha rischiato di intralciare l’innovazione piuttosto che tutelare i consumatori.
Nel 2003, la Commissione Europea ha proposto la creazione di rigidi criteri per la nutrizione sportiva; questi criteri avrebbero collocato questi prodotti in una fascia regolatoria comprendente alimenti per neonati e bambini o alimenti utilizzati per specifiche finalità mediche. Detti criteri avrebbero subordinato i prodotti già considerati sicuri e legali, ad un livello di rigorosità regolamentare che avrebbe soffocato l’innovazione dell’industria e ridotto la sua crescita, poiché i produttori avrebbero dovuto modificare i loro ingredienti per soddisfare le definizioni restrittive in merito a ciò che potevano e non potevano utilizzare. Per i consumatori ciò avrebbe significato una contrazione del numero di prodotti disponibili fra cui scegliere.
L’industria ha risposto in modo deciso nel 2003, con la creazione della European Specialist Sports Nutrition Alliance (ESSNA); si tratta di una associazione di commercio pan-europea che rappresenta l’industria ed i suoi interessi in tutta l’Unione
Europea.
L’ESSNA è stata specificatamente incaricata di negoziare con l’UE per assicurare un approccio regolatorio più realistico e meno gravoso nei confronti della nutrizione sportiva, rispetto a quanto considerato dalla Commissione Europea. Grazie agli interventi dell’ESSNA, la Commissione Europea ha rivisto la propria posizione accettando che la nutrizione sportiva fosse soggetta ad una legislazione alimentare generica piuttosto che obbligata a rispondere a norme speciali.
Ciò non ha tuttavia sancito il via libera per l’industria della nutrizione sportiva e le preoccupazioni manifestate in Europa (derivanti dall’associazione erronea fra nutrizione sportiva e sostanze illecite per migliorare la prestazione) hanno comunque posto il settore sotto vigilanza, in una sorta di limbo regolatorio. Nell’ultima fase di questo limbo, la Commissione Europea sta preparando un rapporto sui prossimi due anni ‘sulla necessità, se opportuno, di disposizioni relative agli alimenti pensati per sportivi’.
Piuttosto che opporsi a quella che sarebbe apparsa come una procrastinazione, il settore della nutrizione sportiva, tramite l’ESSNA, ha accolto il rapporto della Commissione come opportunità per assicurare che le specifiche esigenze nutrizionali degli sportivi fossero riconosciute e che vi fosse un mercato interno funzionante in modo corretto per il settore. Dopo la pubblicazione di questo rapporto, l’ESSNA si aspetta che l’elaborazione di una nuova legislazione per i prodotti del settore venga permanentemente fermata.

Dopo più di dieci anni di impasse, ora sembra esservi una luce in fondo al tunnel regolatorio dell’industria della nutrizione sportiva. Questo decennio ha tuttavia causato problemi all’interno degli Stati Membri a causa dell’esistenza di una legislazione conflittuale nei singoli paesi, che ha ostacolato la libera circolazione di merci. Questa incertezza ha generato uno shopping regolatorio fra i venditori al dettaglio senza scrupoli, che hanno approfittato delle lacune di alcuni paesi per farsi strada. A sua volta, questo fenomeno ha comunque permesso ai prodotti illeciti di riapparire sul mercato.
Questo non significa che la risposta risieda in una regolamentazione severa. La soluzione, secondo quanto sostiene l’ESSNA da dieci anni, risiede nell’applicazione e nell’attuazione delle norme già esistenti piuttosto che nella creazione di nuove norme che non farebbero altro che confondere le acque. L’ESSNA ha già intrapreso azioni contro i fornitori senza scrupoli ed ha ampliato la propria competenza passando da un ruolo di stretta negoziazione ad un ruolo che le permetta di incrementare la consapevolezza nel settore della nutrizione sportiva e, cosa più importante, di identificare e segnalare ai regolatori i prodotti illeciti al fine di garantire che la reputazione della nutrizione sportiva lecita non venga intaccata.

Il problema dei food claims
La nutrizione sportiva ha infine dovuto affrontare anche le sfide riguardanti gli attuali claim salutistici e nutrizionali dell’Unione Europea che possono essere apposti sugli alimenti.
In poche parole i produttori ed i venditori al dettaglio non possono apporre claim che affermino che un prodotto sia salutare o abbia valore nutrizionale, se questo claim non può essere provato. Ma le norme che regolano questi claim, fino a poco tempo fa, hanno definito soltanto cosa deve essere messo sull’etichetta. Ciò ha lasciato poco spazio per l’attuazione. Ed anche in questo ambito, ciò è stato applicato e attuato a livelli differenti nei diversi Stati Membri. Il risultato? Nel 2006 l’UE ha adottato una nuova legislazione per armonizzare le norme relative all’uso dei claim relativi al valore nutrizionale, come ad esempio ‘ad elevato contenuto proteico’ e ‘con pochi grassi’, o claim salutistici come ‘contribuisce all’aumento della massa muscolare’.
In ragione di questa legislazione, i claim nutrizionali o salutistici di prodotti alimentari, devono essere autorizzati prima di poter essere apposti sulle etichette dei prodotti destinati alla vendita. Le basi scientifiche dei claim sono valutate dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).
L’EFSA ha effettuato un vero e proprio giro di vite sui claim non comprovati e fino ad oggi soltanto 200 claim circa sono stati approvati dalla Commissione Europea, malgrado le migliaia di domande di claim che sono state presentate per l’approvazione.
Rispetto ad altri settori, la nutrizione sportiva si è ben destreggiata in questo quadro normativo. I prodotti contenenti proteine, soluzioni di creatina o di carboidrati e elettroliti, possono asserire di avere numerosi effetti sulla salute dell’uomo. La creatina ad esempio, incrementa la performance fisica nell’ambito di serie di brevi esercizi ad elevata intensità. Le proteine contribuiscono alla crescita ed al mantenimento della massa muscolare. Le soluzioni di carboidrati ed elettroliti promuovono la resistenza in caso di allenamento prolungato e incrementano l’assorbimento dell’acqua.
Questi non sono gli unici claim che sono riconosciuti. Anche la maggior parte delle vitamine e dei nutrienti hanno claim approvati.
Ma sebbene sia stato migliorato, il sistema non è perfetto. Sarebbe erroneo affermare che un claim non è vero perché non approvato dall’EFSA. In molti casi infatti, le domande non presentavano documentazioni sufficienti, oppure in altri casi i risultati presentati non erano chiari, e questo molte volte per la mancanza di chiare linee guida per la presentazione delle domande di approvazione dei claim.
L’altro problema di questo sistema concerne il fatto che la Commissione Europea e le singole autorità di stato non hanno sempre preso in considerazione le esigenze specifiche dei gruppi che compongono la popolazione. Un esempio ne sono gli sportivi. Un claim salutistico per il sodio è stato respinto sebbene scientificamente provato. La base razionale della Commissione e delle altre autorità era che il parere salutistico generico fosse che la popolazione dovesse ridurre e non incrementare l’apporto di sodio. Ma questo ignorava le diverse esigenze degli sportivi rispetto alle persone fisicamente meno attive.
Un dibattito similare è attualmente in corso per quanto concerne caffeina, carboidrati e glucosio.
L’industria della nutrizione sportiva si è evoluta rapidamente negli ultimi dieci anni. Ma il settore ha ancora un grande potenziale; la realizzazione di questo potenziale, tuttavia, richiederebbe ai responsabili delle politiche regolatorie di tutta Europa di comprendere al meglio gli obiettivi dell’industria nel promuovere il modo in cui i consumatori possono raggiungere una salute ottimale, incluso l’apporto nutrizionale. Ciò significherebbe anche che i politici valutassero i benefici in termini di spesa sanitaria e benessere sociale.
Per mettere a frutto questo potenziale, il settore della nutrizione sportiva necessita che la Commissione Europea e gli altri organi pongano le domande corrette per fare in modo di non ostacolare la crescita di questo interessante ed innovativo settore.