Cari Lettori…

Questo numero de L’Integratore Nutrizionale, come potete vedere, è dedicato ai Botanicals, un tema molto attuale e molto dibattuto che abbiamo volutamente lasciato come ultimo dell’anno per dare seguito all’evento che CEC Editore ha organizzato per in-vitality sugli aspetti scientifici e regolatori dell’utilizzo di piante e derivati vegetali negli integratori alimentari e nei cosmetici. Infatti, non è stato possibile dare spazio in una sola giornata ai tanti aspetti e contributi innovativi e interessanti che, sempre in parte, vengono presentati su questo numero della rivista.

Si parla non solo di ingredienti innovativi derivati da piante, quali ad esempio l’acido abscissico, ma anche dei lieviti, utilizzati sempre più sia nell’uomo sia in veterinaria. Inoltre, continuiamo a dare spazio agli aspetti tecnici, presentando il confronto delle attività in vitro di estratti di Serenoa repens ottenuti con diversi solventi di estrazione. Troverete anche esempi di come prodotti di “scarto”, come le vinacce di uva Aglianico o le bacche esauste di mirto della Sardegna, possano passare da rifiuti speciali, che devono essere smaltiti in maniera opportuna, a risorse da valorizzare, proprio per il contenuto in sostanze bioattive. Ed è proprio con i profumi di questi ultimi esempi che, insieme alla redazione, vi offriamo un brindisi virtuale, augurandovi Buon Natale e un Felice Anno Nuovo!

L’accumulo di biossido di Titanio (E171) nel fegato e nell’intestino induce uno stato infiammatorio

Il biossido di Titanio (TiO2) è un pigmento bianco opaco di origine minerale, largamente utilizzato nell’industria farmaceutica, cosmetica e alimentare. In qualità di additivo alimentare (E171), è usato come colorante nella produzione di caramelle, confetti e gomme da masticare. In genere si presenta sotto forma di nanoparticelle di 200-300 nm; dimensione grazie alla quale si ottiene il massimo effetto colorante. Tuttavia, il suo processo produttivo fa sì che nella materia prima sia presente anche una percentuale variabile di particelle con dimensioni <100 nm, che possono essere assorbite dopo assunzione sistemica. […]

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Come produrre un probiotico multi-ceppo di alta qualità per un suo impiego ottimale nella pratica clinica?

I prodotti probiotici rappresentano un unicum nel mercato degli integratori alimentari perché sono progettati per fornire microrganismi selezionati “vivi” all’utente finale, con lo scopo di conferire un beneficio per la salute in accordo con la definizione accettata a livello internazionale del termine “probiotico”. Mentre la definizione del termine probiotico è ampiamente condivisa, non esiste eguale condivisione sui criteri di qualità che dovrebbero essere applicati per garantire l’efficacia di un prodotto probiotico durante il consumo e nella pratica clinica. Il controllo microbiologico dei probiotici è attualmente limitato alla tassonomia dei microrganismi utilizzati nelle diverse formulazioni in commercio e al numero delle loro cellule vitali. Tuttavia, dovremmo chiederci se questi parametri siano sufficienti a garantire la qualità microbiologica del prodotto e se gli approcci metodologici attualmente utilizzati siano appropriati e in linea con le attuali conoscenze scientifiche. Per meglio comprendere la necessità di migliorare i controlli qualitativi su questa tipologia di prodotti, ci dovremmo chiedere se un medico prescriverebbe un farmaco non essendo sicuro del principio attivo in esso contenuto o della quantità di principio riportata in etichetta. In assenza di criteri di qualità condivisi, il rischio è che il mercato si possa arricchire di prodotti probiotici che non rispondano agli standard microbiologici minimi, i quali dovrebbero essere oggi richiesti sulla base delle attuali conoscenze scientifiche. La valutazione della qualità in prodotti probiotici richiede approcci metodologici più semplici o più complessi a seconda che il prodotto sia costituito da un unico singolo ceppo microbico piuttosto che da miscele di diverse specie e ceppi microbici. Questi controlli, oltre a garantire al consumatore un prodotto controllato e omogeneo nei diversi lotti di produzione, saranno fondamentali per dare la giusta valenza scientifica a tutti quegli studi di intervento in cui viene valutata l’efficacia di una formulazione probiotica sullo stato di salute di specifiche categorie di soggetti. Di conseguenza, in assenza di prodotti probiotici la cui qualità è rigorosamente controllata, sarà estremamente difficile, se non impossibile, confrontare i risultati ottenuti in diversi studi di intervento sull’uomo.

Verranno di seguito proposti e discussi, usando come modello il complesso multi-ceppo VSL#3*, una serie di criteri di qualità che dovrebbero essere applicati periodicamente o sistematicamente su ogni lotto di produzione di ogni prodotto probiotico commercializzato.

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Regolamento 1924/2006

[…] Il Regolamento 432/2012, al considerando n. 11, stabilisce che le indicazioni sulla salute, per le quali il processo di valutazione non è stato ancora completato, possono continuare ad essere utilizzate sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare, purché siano conformi alle vigenti disposizioni nazionali applicabili.

Questa deroga rappresenta la prima opportunità che è stata data agli operatori del settore alimentare. Infatti, i cosiddetti “claim pending”, cioè tutti quei claim essenzialmente riferiti ai botanicals, per i quali il processo di valutazione è stato rimandato, possono essere utilizzati fino al completamento del suddetto processo di valutazione. Oggi, infatti, in questa situazione, possiamo utilizzare moltissimi claim pending, a cui si aggiungono altrettanti claim presenti nel Decreto Ministeriale del 10 agosto 2018 e successive modifiche.

Ciò, sicuramente, anche se non si sa fino a quando, rappresenta per il settore produttivo una grande opportunità innovativa e di marketing, che offre la possibilità di differenziare i propri prodotti rispetto a quelli della concorrenza.

Ma alla luce del fatto che questa opportunità potrebbe essere solo transitoria, il mondo produttivo e gli esperti del settore regolatorio hanno iniziato a scandagliare altre alternative in grado di creare opportunità diverse per proporre azioni specifiche dei propri prodotti, aggirando in maniera del tutto legale i limiti imposti dal regolamento 1924/2006. […]

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Ig Nobel per la medicina 2019 a ricercatori italiani

Sembra uno scherzo ma non lo è, l’irriverente e ormai famoso Premio Ig Nobel (istituito nel 1991) è il riconoscimento che la rivista divulgativa americana Annals of Improbable Research assegna alle ricerche più improbabili dell’anno. Sempre di scienza si tratta; scienza che “prima fa ridere poi fa pensare”. E quest’anno il Premio Ig Nobel per la medicina è andato a un team italo-olandese, per “aver raccolto evidenze sul ruolo protettivo della pizza contro malattie e morte, ma solo se la pizza è fatta e mangiata in Italia”.

A ricevere il riconoscimento è stato Silvano Gallus, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, nella consueta cornice del Sanders Theatre della Harvard University di Boston (Massachusetts). Le ricerche di Gallus e colleghi, pubblicate su importanti riviste internazionali, risalgono ai primi anni Duemila. Analizzando i dati provenienti da studi caso-controllo condotti in Italia su migliaia di persone, i ricercatori avevano riportato, per i consumatori abituali di pizza, un rischio ridotto di infarto miocardico e tumori dell’apparato digerente. La riduzione del rischio di tumori orofaringei, dell’esofago e del colon, era di notevole entità (in alcuni casi, compresa tra il 25 e il 60%). Lo stesso Gallus ribadisce, però, come il ruolo protettivo della pizza, da loro identificato, andasse visto come indicatore di una dieta salutare, di tipo mediterraneo, grazie al contenuto di ingredienti con effetti benefici sulla salute, quali pomodoro e olio di oliva, e aggiunge: “Se ripetessimo questi studi su altre popolazioni, dove la pizza è concepita diversamente e all’interno di schemi alimentari diversi, potremmo avere risultati molto diversi”. Si tratta di un chiaro plauso alla pizza nostrana e a una dieta salutare ed equilibrata. Largo dunque alla pizza in stile italiano, una delle consuetudini alimentari che ci rende famosi nel mondo.

E per farci quattro risate, ecco i vincitori degli altri Premi Ig Nobel 2019:

Anatomia: un gruppo di ricerca francese, per aver misurato l’asimmetria della temperatura dello scroto in postini nudi e vestiti.

Biologia: un team di ricercatori (Singapore, Cina, Australia, Polonia, Usa e Bulgaria), per aver dimostrato che gli scarafaggi che vengono magnetizzati da morti si comportano diversamente da quelli vivi magnetizzati.

Chimica: ricercatori giapponesi, per aver stimato il volume di saliva totale prodotto in media ogni giorno da un bambino di cinque anni.

Economia: un team di ricercatori (Turchia, Paesi Bassi e Germania), per aver testato quale paese abbia la cartamoneta che più facilmente trasporta batteri pericolosi (risultato: il leu romeno).

Educazione medica: due ricercatrici statunitensi, per aver utilizzato una semplice tecnica di addestramento animale (chiamata “clicker training”) per allenare i chirurghi ad eseguire interventi ortopedici.

Fisica: un team di ricercatori (USA, Taiwan, Australia, Nuova Zelanda, Svezia e Gran Bretagna), per aver studiato come e perché i vombati (piccoli marsupiali australiani) producano feci cubiche. Degno di nota è il fatto che si tratta del secondo premio Ig Nobel assegnato a Patricia Yang e David Hu, che nel 2015 lo avevano condiviso per aver verificato il principio biologico secondo il quale quasi tutti i mammiferi svuotano la vescica in circa 21 secondi.

Ingegneria: un ricercatore iraniano, per aver inventato un macchinario che cambia il pannolino ai bambini.

Pace: un team internazionale (Gran Bretagna, Arabia Saudita, Singapore e USA), per aver tentato di misurare il livello di soddisfazione che si prova quando ci si gratta.

Psicologia: uno studioso tedesco, per aver scoperto che tenere una penna in bocca non aumenta il grado di contentezza.

Il premio per tutti è stato, come di consueto, una banconota da dieci bilioni di dollari dello Zimbabwe, fuori corso ormai da dieci anni!

Fenilcapsaicina

La fenilcapsaicina è un analogo sintetico dei capsaicinoidi. Presenti in natura negli estratti di frutto di Capsicum (peperoncino, paprica, peperoni della famiglia delle solanacee ecc.), contribuiscono al loro caratteristico sapore pungente. Mentre i capsaicinoidi hanno una notevole storia di utilizzo attraverso il consumo di peperoncino, la fenilcapsaicina sintetica non ha una storia di utilizzo in campo alimentare; è un composto sintetico di elevata purezza che è destinato ad essere commercializzato come ingrediente funzionale a sé stante e non è destinato a sostituire un altro alimento […]

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Prevenzione cardiovascolare

[…] Una dieta adeguata è un caposaldo della prevenzione cardiovascolare (1). Purtroppo, la complessità del dibattito relativo al ruolo di specifici alimenti o profili dietetici nello sviluppo delle malattie cardiovascolari, diventato in molti casi ben poco intelligibile per i non addetti ai lavori, può indurre confusione nel medico e nello specialista della salute oltre che nel pubblico. Ricordiamo che “nutrizione umana”, in genere, non fa parte delle materie di insegnamento obbligatorie per le professioni sanitarie. Esempi di tale dibattito è quello sul ruolo dei grassi totali e saturi, che è stato recentemente ridimensionato modificando opinioni che sembravano del tutto consolidate; dei carboidrati complessi e degli zuccheri, che sono da riconsiderare tenendo presente il loro effetto sulle oscillazioni della glicemia e i loro indici glicemici. Vi è anche un’accesa discussione sul ruolo del sodio e del sale in prevenzione cardiovascolare, con una revisione delle soglie massime di consumo suggerite. Questa situazione in continua evoluzione finisce per ingenerare nel clinico una comprensibile incertezza, che porta spesso a non comunicare ai suoi pazienti gli effetti di una dieta equilibrata. Il principale scoglio da superare quando si parla di alimentazione è quello dell’erronea similitudine con la farmacologia. I medici e i loro pazienti si attendono risposte certe come quelle che, normalmente, forniscono gli studi clinici randomizzati. Questo tipo di studi è molto difficile da effettuare in nutrizione, per motivi molteplici descritti in altri articoli (2). In breve, gli alimenti hanno necessariamente effetti fisiologici di piccola entità nel breve termine e i benefici di una dieta sana si vedono solo a medio e lungo termine.
A quanto detto sopra si deve aggiungere la possibilità di integrare la dieta con preparati studiati a fondo e di provato valore biologico. Anche questo è un mondo complesso da affrontare e spesso lasciato all’improvvisazione.
Quest’articolo cercherà, in modo sintetico, di fare chiarezza sugli ultimi sviluppi della nutrizione e dell’integrazione, in un’ottica di prevenzione cardiovascolare […]

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La curcuma? È una sostanza sicura

Mentre prosegue l’attività di verifica del Ministero della salute a seguito della segnalazione, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, dei casi di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di curcuma, crescono i timori degli italiani legati al consumo della sostanza.
Secondo Ludovico Abenavoli, Professore Associato di Gastroenterologia dell’Università Magna Grecia di Catanzaro, si tratta di un allarme che non trova fondamento scientifico. L’esperto sottolinea: “La tollerabilità e sicurezza per l’uomo della curcuma e della curcumina, il principale polifenolo naturale presente nel rizoma di Curcuma longa, così come le loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anticancerogene, sono state dimostrate da numerosi studi clinici che hanno preso in esame le due sostanze sotto forma di polvere ed estratto standardizzati. Secondo il Comitato congiunto di esperti per gli integratori alimentari delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, la dose giornaliera ammissibile della curcumina è di 0-3 mg/kg di peso corporeo […]

 

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L’alimentazione nell’Antropocene

L’alimentazione nell’Antropocene costituisce un anello inestricabile tra la salute umana e la sostenibilità ambientale. Eppure l’assenza di obiettivi scientifici condivisi a livello globale ha ostacolato le iniziative su larga scala per trasformare globalmente il sistema alimentare. Per rispondere a questa esigenza critica, la commissione EAT-Lancet ha convocato 37 scienziati, provenienti da 16 paesi, esperti in varie discipline tra cui la salute umana, l’agricoltura, le scienze politiche e la sostenibilità ambientale. Il risultato è la presentazione di un quadro globale integrato e, per la prima volta, la definizione di obiettivi scientifici quantitativi per diete salutari e produzione alimentare sostenibile, che porterebbero a prevenire approssimativamente 11 milioni di morti umane all’anno e ad evitare gravi problemi di degrado ambientale.
La Commissione ha dimostrato che il sistema alimentare globale può assicurare cibi salutari da fonti sostenibili per quasi 10 miliardi di persone entro il 2050, purchè si attui al più presto una grande trasformazione alimentare.
Tra le cinque strategie proposte per raggiungere questo obiettivo la prima è la dieta. Una dieta sana dovrebbe ottimizzare la salute, definita in generale come uno stato di benessere completo: fisico, mentale, sociale e non solo assenza di malattia.
Basandosi sulla vasta letteratura sugli alimenti e i modelli alimentari dei popoli più longevi, e che si ammalano di meno, la dieta dell’Antropocene dovrebbe consistere in circa mezzo piatto di verdure e frutta; l’altra metà dovrebbe consistere principalmente in cereali integrali, fonti di proteine vegetali, oli vegetali insaturi e (facoltativamente) quantità modeste di proteine da fonti animali; praticamente bandite le bevande zuccherate e lo zucchero raffinato. Quindi qualcosa che non si discosta molto dalla nostra dieta mediterranea, giustamente riconosciuta dall’UNESCO come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità. Ampiamente riconosciuti i benefici di frutta e verdura, anche se, probabilmente, la quantità di metaboliti secondari assunti con la sola dieta non è sufficiente a esercitare gli effetti salutistici desiderati.
Altri interventi prevedono lo sviluppo di una produzione alimentare sostenibile, la conservazione della biodiversità e la riduzione almeno del 50% degli scarti e sprechi alimentari. Infatti, la salute futura sia delle persone sia del pianeta è influenzata non solo da cosa viene consumato, ma anche da come viene prodotto il cibo e dalla quantità sprecata.
Quindi c’è spazio per la trasformazione da scarti alimentari a risorse per bioraffineria e produzione di ingredienti attivi per il settore nutraceutico.
È necessaria una trasformazione radicale del sistema alimentare globale entro il 2050, e ci si augura che le politiche agricole condivise con le Nazioni Unite possano contribuire a questo obiettivo.

Novel Food

L’innovazione nel settore alimentare rappresenta un aspetto di grande valore sia per l’Unione Europea, sia a livello mondiale. Per garantire ai consumatori i benefici derivanti dalle innovazioni nel settore alimentare, è necessario verificare la sicurezza e il valore nutrizionale di questi nuovi alimenti.
Sono considerati nuovi tutti quegli alimenti o ingredienti alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo all’interno dell’Unione Europea prima del 15 maggio 1997, anno di entrata in vigore del regolamento CE 258 che ne disciplina per la prima volta l’immissione sul mercato. Tra i Novel Food rientrano ad esempio prodotti tradizionalmente consumati in Stati terzi, come i semi di Chia, oppure prodotti ottenuti attraverso pratiche non tradizionali di riproduzione o con l’utilizzo di tecnologie innovative, come ad esempio grassi a ridotto contenuto energetico oppure oli ottenuti da microalghe e ricchi di DHA.
Il Regolamento 2015/2283 ha definito i criteri di conformità di questa categoria di alimenti, che viene prima valutata dall’EFSA dal punto di vista della sicurezza per la salute umana e poi – in caso di esito positivo – autorizzata dalla Commissione Europea, che iscrive il nuovo alimento nel Registro dell’Unione.
FederSalus ha parlato degli aspetti normativi, scientifici, tecnici e procedurali in materia di immissione sul mercato dei Novel Food con Vittorio Silano, CEF Panel di EFSA e docente di legislazione alimentare al Dipartimento di Medicina presso la II Università di Roma-Tor Vergata, che ha da poco pubblicato un libro dedicato a questa tematica, in collaborazione con Massimiliano Carnassale, Direttore Generale di Federsalus.

D. Professor Silano, è da poco disponibile il suo libro dedicato ai nuovi alimenti per il mercato dell’Unione Europea, una vera e propria guida sulla normativa comunitaria vigente. Da dove è nata l’esigenza di un testo dedicato a queste tematiche?
R. Come è noto, per assicurare ai consumatori i benefici dell’innovazione nel settore alimentare, è fondamentale garantire sia la sicurezza dei nuovi prodotti che il loro valore nutrizionale, nel quadro di una dieta bilanciata. La prima normativa comunitaria (Regolamento 258) – vigente in tutti gli Stati dell’Unione Europea, un mercato di circa 500 milioni di consumatori – è stata adottata nel 1997. Essa ha consentito l’immissione sul mercato dell’Unione Europea con modalità di elevata sicurezza di circa 100 nuovi alimenti diversi, fra i quali vi sono alimenti come “i semi di Chia” (a elevato contenuto di acidi grassi omega-3), tradizionali in Stati non appartenenti all’Unione Europea e prodotti ottenuti con tecnologie innovative quali il “salatrim” , un grasso a ridotto contenuto energetico, e un olio da microalghe ricco di DHA.
Fin dall’entrata in vigore della citata normativa comunitaria si sono evidenziate necessità di ulteriori chiarimenti, miglioramenti e sviluppi. La revisione di questa normativa si è rivelata molto complessa e si è conclusa solo in data 25 novembre 2015, con l’adozione del Regolamento 2283, destinato ad applicarsi solo a partire dal 2018. Questo Regolamento prevede distinte procedure amministrative e scientifiche per l’autorizzazione di un nuovo alimento o di un alimento che sia nuovo per il mercato dell’Unione Europea, ma tradizionale (cioè consumato in misura significativa da almeno 25 anni) in uno Stato terzo. Al fine di contribuire alla corretta comprensione e interpretazione di questa fondamentale normativa, si è ritenuto opportuno procedere in questo volume alla rivisitazione e all’analisi degli obiettivi, del contesto giuridico, delle fonti normative, delle metodologie scientifiche e dei dettagli procedurali che la caratterizzano.

D. Quali sono i possibili scenari di sviluppo per i nuovi alimenti? Quali benefici possono essere apportati dai nuovi alimenti al mantenimento della salute?
R. Le principali aspettative e motivazioni per l’introduzione e lo sviluppo di nuovi alimenti nel mercato dell’Unione Europea sono:
– miglioramento delle caratteristiche organolettiche;
– miglioramento del valore nutrizionale perseguito anche mediante l’integrazione con particolari principi nutritivi, la migliore modulazione dell’equilibrio fra diversi nutrienti e l’integrazione con sostanze caratterizzate da particolari attività biologiche e fisiologiche;
– riduzione del rischio derivante da contaminanti e altre sostanze indesiderate;
– maggiore facilità d’uso nel quadro della recente evoluzione degli stili di vita;
– riduzione degli sprechi e della perdita di alimenti;
– riduzione dell’impatto ambientale di particolari coltivazioni e allevamenti;
– competitività sul mercato, anche dipendente da aspetti economici.

D. Quali sono gli elementi che le aziende devono considerare per l’avvio delle procedure di autorizzazione all’immissione sul mercato di un nuovo alimento? Quali sono gli stadi per la presentazione della domanda di autorizzazione?
R. La domanda di autorizzazione, da presentarsi alla Commissione Europea da parte dell’azienda interessata all’immissione in commercio di un particolare nuovo alimento deve contenere:
– nome e domicilio del richiedente;
– nome e descrizione del nuovo alimento;
– descrizione del processo di produzione del nuovo alimento;
– composizione dettagliata del nuovo alimento;
– prove scientifiche idonee a dimostrare che il nuovo alimento non presenta rischi per la salute umana;
– se del caso, i metodi di analisi;
– proposta relativa alle condizioni d’uso previsto e ai requisiti specifici di etichettatura per non indurre in errore i consumatori, o una motivazione verificabile, che illustri le ragioni per cui tali elementi non sono necessari.
Dopo avere acquisito il parere dell’EFSA, la Commissione, in collaborazione con un Comitato nel quale sono rappresentati tutti gli Stati Membri dell’UE, decide con proprio Atto di esecuzione nel merito del rilascio dell’autorizzazione e, in caso positivo, circa l’inserimento del nuovo alimento nell’Elenco dei nuovi alimenti autorizzati.
Qualora l’alimento che s’intende proporre per la prima immissione sul mercato comunitario sia tradizionale in uno o più Stati terzi, il richiedente può procedere alla presentazione alla Commissione Europea di una notifica che deve contenere le seguenti informazioni:
– nome e domicilio del richiedente;
– nome e descrizione dell’alimento tradizionale;
– composizione dettagliata dell’alimento tradizionale;
– Paese/i d’origine dell’alimento tradizionale;
– documentazione relativa alla storia d’uso sicuro come alimento in un Paese terzo;
– proposta relativa alle condizioni di uso previsto e ai requisiti specifici di etichettatura, per non indurre in errore i consumatori, o una motivazione verificabile che illustri le ragioni per cui tali elementi non sono necessari.
La Commissione Europea, entro un mese dalla ricezione, inoltra la notifica ricevuta a tutti gli Stati Membri e all’EFSA. Questi ultimi possono, entro i successivi quattro mesi, presentare obiezioni motivate relative alla sicurezza dell’immissione sul mercato dell’alimento notificato. Nel caso non siano presentate obiezioni motivate, la Commissione procede all’autorizzazione dell’alimento notificato. Qualora invece siano presentate obiezioni motivate, il notificante può inoltrare una domanda d’autorizzazione per l’alimento in questione, presentando anche gli ulteriori dati necessari per contrastare le obiezioni sollevate nel merito della sicurezza dell’alimento. La decisione finale interviene con Atto di esecuzione della Commissione Europea, dopo aver acquisito il parere dell’EFSA da rilasciarsi entro sei mesi.

D. Qual è il ruolo dell’EFSA nell’autorizzazione dei nuovi alimenti?
R. Il ruolo dell’EFSA nelle procedure relative ad autorizzazione o notifica di un nuovo alimento, pur essendo molto importante nel condizionare la decisione finale, è puramente consultivo. Il compito principale dell’EFSA è quello di esprimersi in merito alla validità dei dati e alle considerazioni fornite dal richiedente per dimostrare la sicurezza dell’immissione sul mercato del nuovo alimento. Per assicurare la trasparenza delle proprie valutazioni, l’EFSA procede in primo luogo all’adozione e alla divulgazione di una guida scientifica specifica per la valutazione da effettuare.
Successivamente viene svolta la valutazione dei dati forniti dal richiedente, seguendo in modo dettagliato la procedura descritta nella guida scientifica. Nel caso dei nuovi alimenti, sono due le guide scientifiche prodotte dall’EFSA: la prima si riferisce alle domande di autorizzazione di un nuovo alimento (cfr. Allegato 2 del libro), e la seconda a notifica e autorizzazione di un nuovo alimento tradizionale in un Paese terzo (cfr. Allegato 3 del libro). Queste linee guida EFSA sono non solo riprodotte integralmente nel volume del quale stiamo parlando, ma sono estesamente commentate nel testo per facilitarne la comprensione. I pareri dell’EFSA sono pubblicati immediatamente dopo l’adozione e sono accessibili a tutti sul sito dell’EFSA.

Per informazioni
Manuela Lisi
tel 06 54221967
m.lisi@federsalus.it • www.federsalus.it