Integrazione in veterinaria

Medico Veterinario, Saporiti Consulting, Fagnano Olona (VA) – www.saporiticonsulting.com

Le tipologie di mangimi complementari (impropriamente denominati integratori veterinari), attualmente presenti sul mercato e destinati al settore degli animali da compagnia, sono davvero molto numerose e suddivise principalmente per area terapeutica. Lo stesso pool di sostanze funzionali si può trovare sul mercato in differenti forme farmaceutiche: questo si rende necessario per ottimizzare la somministrazione al paziente veterinario, che spesso non risulta collaborativo, e per rispondere a specifiche esigenze di specie.
Nel settore degli integratori alimentari ad uso umano (la varietà di presentazioni del prodotto finito è legata a esigenze formulative e di marketing), l’aspetto organolettico è preso in considerazione solo per formulazioni liquide ad uso orale e, soltanto in alcuni casi, per compresse. In campo farmaceutico, la varietà di presentazioni del farmaco è principalmente legata a esigenze formulative e al soddisfacimento di una buona biodisponibilità. L’aspetto organolettico nel farmaco è particolarmente importante in formulazioni liquide destinate alla popolazione pediatrica e geriatrica.
Diversamente da quanto accade per le formulazioni ad uso umano, in campo veterinario le formulazioni ad uso orale devono tener conto della compliance del paziente, ovvero del gradimento e della conseguente volontà di assunzione da parte dell’animale.
Il buon esito di un’integrazione, così come di una terapia, dipende anche, in parte, dalla facilità con la quale il principio attivo (sia esso un principio nutrizionale, o un attivo farmaceutico) viene somministrato, gradito e accettato dal paziente veterinario in somministrazioni ripetute.
Può accadere, in particolar modo nei felini, che la somministrazione di una semplice compressa di dimensioni inadeguate o con un cattivo sapore, si trasformi in fonte di stress nell’animale e nel padrone, generando frustrazione per la mancanza di collaborazione del proprio animale e preoccupazioni legate alla mancata assunzione della dose di prodotto prescritta dal veterinario.
In campo veterinario, risulta quindi fondamentale individuare la forma di somministrazione più adatta al paziente di destinazione tenendo in considerazione la specie (cane, gatto), le esigenze fisiologiche, lo stato fisico (animale anziano, cucciolo) e, in alcuni casi, le esigenze nutrizionali (animale diabetico, intollerante).
Dal punto di vista formulativo, è inoltre necessario conoscere quali attivi possono creare fastidio all’animale, in termini di odore e sapore, e attuare tutte le strategie possibili per mascherare/ridurre ogni possibile elemento di disturbo all’atto dell’assunzione, utilizzando eccipienti masking e sistemi di appetibilità a base di derivati animali.
Un buon prodotto veterinario si caratterizza quindi per l’immediatezza di assunzione da parte dell’animale, legata direttamente e indissolubilmente al profilo organolettico del prodotto stesso. Ecco perché, oltre all’assicurazione del profilo di efficacia del prodotto, è fondamentale individuare una forma di somministrazione ad elevato profilo di palatabilità, e adatta al paziente di destinazione, che possa rendere gradita e agevole la prima somministrazione e tutte le successive previste nel piano terapeutico o di integrazione nutrizionale.
In questi ultimi anni, dove si osserva il settore del Pet in trend di crescita positivo, si è assistito ad un incremento di prodotti destinati agli animali e allo sdoganamento di forme farmaceutiche, tradizionalmente riservate all’uomo, anche per gli animali da compagnia (softgel, bustine stickpack).

Numerose sono le forme utilizzate nell’integrazione in campo veterinario (Tab.1): compresse, capsule, polveri in bustina, polveri in barattolo con misurino, liquidi, sciroppi, paste idrofile, paste lipofile, softgel e gelatine. Non tutte le forme garantiscono un buon riscontro in termini di facilità di utilizzo da parte del proprietario, e accettazione da parte dell’animale per uso ripetuto.
Ogni forma di presentazione possiede lati positivi e negativi: pur riconoscendo alle compresse un’elevata precisione nel dosaggio degli attivi, non è sempre facile ottenere un prodotto appetibile e adatto sia al cane sia al gatto, specie considerando anche l’utilizzo in cani di taglia toy e gatti spesso diffidenti. Le forme in polvere, sia esse in bustina monodose sia in barattolo con misurino, vanno solitamente mescolate all’alimento con una significativa riduzione nella precisione del dosaggio e l’ulteriore variabilità derivante dall’assunzione dell’alimento. È inoltre da valutare, oltre alla scarsa compliance del paziente veterinario, anche la scarsa adesione, da parte del proprietario, alle quantità di somministrazione prescritte, specialmente se anziano o ipovedente.
Le formulazioni liquide, sia esse a base acquosa sia ottenute per miscelazione di oli (ad esempio una miscela di oli vegetali e olio di pesce per il benessere della cute e la bellezza del manto), se somministrate direttamente miscelate nel cibo possono presentare gli stessi inconvenienti delle forme in polvere (incompleta assunzione da parte dell’animale, inadeguatezza della dose somministrata), e anche quando somministrate direttamente in bocca all’animale, con l’ausilio di siringhe dosatrici, possono essere parzialmente espulse con la saliva.
Le formulazioni in softgel presentano una notevole semplicità di utilizzo per il proprietario, ma spesso richiedono la dissoluzione preliminare in un’aliquota di acqua tiepida e la miscelazione nell’alimento; solo in caso di animali di grossa taglia è possibile l’assunzione tal quale.
Le formulazioni in jelly presentano semplicità di utilizzo per il proprietario e un profilo di dissoluzione più rapido rispetto ad altre forme farmaceutiche, tuttavia sono indicate principalmente per i cani e non possono incorporare attivi in forma liquida oleosa in elevate quantità.
Le formulazioni veterinarie in pasta ad uso orale, note da decenni, permettono di semplificare la somministrazione di principi attivi in numerose specie animali, occupando un rilevante spazio nel segmento di mercato dei mangimi complementari. Nel gatto, la somministrazione di principi nutrizionali in pasta permette di superare la naturale diffidenza dell’animale, rendendo elettiva questa forma di somministrazione per la specie felina. Le paste sono preparazioni semisolide, classificabili nella maggior parte dei casi come mangimi complementari e questi ultimi destinati a fini nutrizionali specifici, contenenti una grande quantità di polveri disperse in un sistema veicolante che può essere lipofilo (paste a base di oli vegetali e/o marini), o idrofilo (paste a base acquosa). Le polveri, siano esse incorporate con funzione nutrizionale (estratti secchi, polveri vegetali, vitamine, minerali) o appetizzanti, svolgono un’azione adsorbente che, unitamente a ingredienti specifici ad azione stabilizzante e addensante, permette di rendere il preparato semisolido stabile ai cambiamenti di temperatura comunemente riscontrabili durante il periodo di commercializzazione (trasporti terrestri su ruota nel periodo estivo, magazzini non a temperatura controllata nel periodo invernale). La componente liquida, oltre ad agire da eccipiente e veicolo per la solubilizzazione di polveri nel caso delle paste acquose, è spesso essa stessa ingrediente caratterizzante della formulazione; in particolar modo, la presenza di oli marini e/o vegetali permette di attribuire alle formulazioni un elevato contenuto in acidi grassi. Il sistema pasta è spesso un sistema multifasico complesso che richiede la presenza di un adeguato sistema emulgatore e conservante ad uso mangimistico, e in particolar modo richiede un’attenta valutazione del valore di attività dell’acqua (Aw) in modo da garantire un profilo di stabilità e sicurezza nel periodo di shelf-life.
Le paste rappresentano quindi un compromesso piuttosto funzionale (soprattutto per gatti), unendo un dosaggio preciso degli attivi ad una minor variabilità di assunzione: per loro natura le paste aderiscono meglio agli alimenti e alle mucose orali e, anche quando vengono introdotte direttamente nella bocca di cani o gatti, la dispersione nell’ambiente circostante è inferiore a quella delle formulazioni liquide.
In generale, quando scegliamo un “integratore veterinario”, dovremmo sempre innanzitutto tenere conto delle caratteristiche tipiche della specie e del singolo individuo al quale l’integrazione è destinata. Infine (non dimentichiamo che talvolta è lecito e opportuno ricorrere a piccoli stratagemmi), per animali non troppo esigenti sarà sufficiente utilizzare del cibo (ad esempio un piccolo pezzo di wurstel) per camuffare una compressa di farmaco o di mangime complementare non particolarmente appetibile.
Tuttavia, specialmente per l’assunzione di farmaci e in seguito a lunghi periodi di assunzione, stati debilitativi o per peculiarità caratteriali dell’animale, è di comune riscontro la capacità di deglutizione del cibo utilizzato come vettore e la contemporanea espulsione del prodotto dalla bocca dell’animale, rendendo davvero problematica l’assunzione e l’aderenza alla terapia.
Per risolvere questo problema, esistono prodotti carrier pensati per agevolare la terapia nel paziente veterinario, che uniscono ad una elevata appetibilità una straordinaria capacità adesiva e plastica.
Queste formulazioni, principalmente destinate al cane e spesso commercializzate come mangimi complementari, sono caratterizzate da una consistenza malleabile e da un eccellente profilo di appetibilità. La consistenza malleabile e plastica permette la creazione di bocconi contenenti all’interno la compressa sgradita; bocconi che l’animale ingoierà senza riuscire ad estrarre la compressa in virtù dell’elevata adesione della formulazione. In questo modo, l’aderenza alla terapia viene raggiunta senza creare stress all’animale e rendendo la somministrazione della terapia un momento piacevole e soddisfacente sia per il proprietario sia per l’animale.

Conclusioni

La realizzazione di un mangime complementare per gli animali da compagnia deve necessariamente prendere in considerazione come criterio principale la compliance del paziente “veterinario”; pertanto, il formulatore veterinario dovrà valutare per ciascun ingrediente funzionale, non solo il profilo di efficacia clinica, ma anche le caratteristiche organolettiche, evitando ingredienti sgraditi all’animale e scegliendo eventualmente una forma di somministrazione capace di assicurare il duraturo gradimento dell’animale. È inoltre necessario considerare come fattori importanti nella definizione della forma farmaceutica del prodotto finito, gli elementi relativi all’animale al quale il prodotto è destinato, come specie, taglia, età, stato di salute e nutrizionale, nonché obiettivo e durata dell’integrazione stessa.

Biofilm di probiotici su membrane di nanofibre elettrofilate

Le proprietà salutistiche del latte fermentato sono sempre più argomento di interesse per la comunità scientifica. I meccanismi che collegano l’assunzione di latte fermentato alla salute intestinale sono in gran parte basati sul presupposto che questo contenga batteri probiotici vitali e in quantità sufficienti per esercitare un effetto fisiologico. Diverse organizzazioni pubbliche, compresa la International Dairy Federation (IDF), affermano che i prodotti alimentari, come gli yogurt, devono contenere almeno 107 unità formanti colonia per grammo di cibo (CFU/g), per garantire batteri biodisponibili sufficienti ad esercitare un effetto funzionale nell’organismo. Tuttavia, vitalità e sopravvivenza insufficienti di questi batteri rimangono un problema nei prodotti commerciali.

Meng-Xin Hu e colleghi della Scuola di Scienze Alimentari e Biotecnologie dell’Università Zhejiang Gongshang (Hangzhou, Cina) hanno studiato le condizioni ottimali di crescita e di sopravvivenza del Lactobacillus plantarum in biofilm formati su membrane di nanofibre elettrofilate.

 

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Nuovo prodotto probiotico nel trattamento delle patologie infiammatorie gastro-intestinali

L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare gli effetti della somministrazione orale di un nuovo integratore alimentare*, contenente 50 miliardi UFC/dose dei ceppi probiotici L. plantarum P17630, L. paracasei I1688 e L. salivarius I1794, in un modello animale con ipersensibilità del colon indotta da acido 2,4,6-trinitrobenzensolfonico (TNBS). 

Il prodotto è stato somministrato una volta al giorno per otto giorni consecutivi (D-7-D0). L’ipersensibilità viscerale è stata indotta nei ratti, 7 giorni prima della valutazione della distensione del colon, mediante iniezione di TNBS nella parte prossimale del colon (D-7). La verifica dell’efficacia dell’integratore è stata dimostrata mediante la valutazione della diminuzione della soglia del dolore in risposta alla distensione del colon distale (D0). La prova è stata condotta in confronto ad un altro prodotto probiotico, molto utilizzato nei protocolli del trattamento delle patologie infiammatorie croniche intestinali. 

Lo studio indica che il trattamento di 8 giorni consecutivi con il nuovo integratore probiotico riduce, in modo significativo, il dolore viscerale con un effetto di anti-ipersensibilità negli animali trattati con TNBS.

Questi risultati sono molto incoraggianti per ipotizzare l’uso del nuovo integratore nel trattamento dei pazienti con sindrome del colon irritabile (IBS). Ulteriore studi sono necessari per comprendere meglio il ruolo e i meccanismi dei batteri probiotici sulla patogenesi di IBS e stabilire l’eventuale coinvolgimento di citochine pro-infiammatorie. […]

 

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Integratori alimentari a base di Monacolina K

[…] Situazione della Monacolina K nei vari Stati Membri
La possibilità di poter vantare il Claim proposto dall’EFSA, e autorizzato dalla Commissione alla dose giornaliera di 10 mg di Monacolina K, spingeva alcune aziende con prodotti sul mercato a sviluppare nuovi prodotti e ad innalzare la dose giornaliera della Monacolina K da 3 a 10 mg, mettendo in difficoltà (in alcuni casi come in Italia) le autorità sanitarie nazionali competenti che avevano indicato di non superare la dose giornaliera di 3 mg per un atteggiamento prudente sulla sicurezza del prodotto. Si verificavano, quindi, alcune prese di posizione critiche da parte di alcune autorità nazionali che vedevano un consumo crescente di riso rosso fermentato con alti dosaggi giornalieri di Monacolina K. Nel febbraio 2014, l’agenzia francese ANSES (Agence Nationale de Sécurité Sanitaire de l’Alimentation, de l’Environnementet du Travail) dichiarava che il consumo di riso rosso fermentato presentava un rischio per la salute dei consumatori. Nel gennaio 2016, l’agenzia tedesca BfR dichiarava che i prodotti contenenti una dose di Monacolina K superiore a 5 mg al giorno avevano una significativa attività farmacologica, e pertanto dovevano essere classificati come medicinali; limitava quindi la dose massima giornaliera di Monacolina K a 5 mg. L’agenzia belga Belgian Superior Health Council avviava nel 2017 un’indagine sul riso rosso fermentato, raccogliendo informazioni sulla qualità e sicurezza a seguito della quale riteneva però di non dover prendere provvedimenti per proporre una riduzione della dose giornaliera di 10 mg della Monacolina K. Nel gennaio 2017 veniva pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology, dall’ISS e dall’Università Sapienza, un lavoro (6) che includeva un report su 52 segnalazioni relative a 55 reazioni avverse riguardanti integratori a base di riso rosso fermentato commercializzati in Italia (periodo rilevamento 2002/2015); la pubblicazione non sembrava però indicare in modo appropriato l’incidenza degli effetti collaterali, in rapporto al totale della popolazione trattata in quel periodo, che a posteriori sembrava essere molto bassa. […]

 

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Probiotici, un settore in continua evoluzione

Se dal punto di vista regolatorio, a livello Europeo, il settore dei probiotici è assolutamente fermo, bisogna riconoscere che ricercatori e industrie non si sono lasciati fermare, in quanto i probiotici sono la categoria che ha avuto il maggior sviluppo e il maggior numero di pubblicazioni scientifiche negli ultimi anni, accompagnati da una costante crescita del mercato.
Dal punto di vista tecnologico abbiamo oggi a disposizione nuove formulazioni che non solo ne aumentano la stabilità, ma permettono l’associazione con altri ingredienti (ad es. prebiotici o estratti vegetali) per creare prodotti innovativi. Le nuove formulazioni (come tavolette masticabili o stick orosolubili) ne facilitano anche l’assunzione. Inoltre, sono disponibili formule di rilascio a livello del colon per evitare l’ambiente acido dello stomaco. Nell’ambito alimentare poi, è sempre più possibile la realizzazione di bevande (non solo a base di latte o yogurt) fortificate con probiotici; inoltre, probiotici sporigeni resistenti alla temperatura possono essere utilizzati in prodotti da forno. Una vera rivoluzione tecnologica impensabile fino a qualche decennio fa.
Quanto alla ricerca scientifica abbiamo assistito alla documentazione di sempre nuove indicazioni: non solo la salute gastro-intestinale, ma i benefici sul sistema nervoso centrale o quello cardiovascolare, per non parlare degli effetti negli sportivi o dell’applicazione topica per la salute della pelle.
Siamo poi giunti alla caratterizzazione e all’uso di forme inattivate e di postbiotici, che si aggiungono, per alcune indicazioni, all’utilizzo di popolazioni di batteri vitali.
Ma la vera innovazione ci viene offerta dagli studi sul microbioma, che stanno letteralmente rivoluzionando il settore: si parla sempre più di “probiotici di nuova generazione”, isolati dai ceppi più rappresentati nel microbiota di soggetti adulti, quali Faecalibacterium prausnitzii e Akkermansia muciniphila. Infatti, Lattobacilli e Bifidobatteri, oggi le principali popolazioni di microorganismi utilizzate dai produttori di probiotici, non sono dominanti nel microbiota di un soggetto adulto. Naturalmente l’utilizzo di questi probiotici di nuova generazione pone diversi challenge, in quanto non hanno alle spalle una storia di utilizzo sicuro, richiedono nuove tecniche di coltura (alcuni ceppi crescono in condizioni anaerobiche) e di produzione. Ma la ricerca non si ferma e riuscirà a superare anche questa sfida.
Più a breve termine, invece, sembra potersi attuare l’uso di “probiotici personalizzati” basati sulla caratterizzazione dei profili metagenomici del microbiota individuale. Ad esempio, nel paziente con intestino irritabile e stipsi, completamente privo di Bifidobatteri, è giustificato utilizzare un probiotico tutto a base di Bifidobatteri per migliorare il quadro clinico. Il fatto che già oggi sia possibile ottenere la caratterizzazione del microbiota fecale, è tuttavia diventato un appetibile target del marketing, per cui si trovano sul web siti che lo propongono. Tuttavia, i referti sono molto complessi, quindi è lecito domandarsi, una volta acquisito il profilo del microbiota, chi è in grado di interpretarlo e di modularlo seriamente. È chiaro che questo potrà essere appannaggio solo di persone esperte sia in una data malattia sia nell’analisi del profilo del microbiota per evitare che nella giungla del web si inseriscano dinamiche pericolosissime per i consumatori finali.

Integrazione in veterinaria

Le tipologie di mangimi complementari (impropriamente denominati integratori veterinari), attualmente presenti sul mercato e destinati al settore degli animali da compagnia, sono davvero molto numerose e suddivise principalmente per area terapeutica. Lo stesso pool di sostanze funzionali si può trovare sul mercato in differenti forme farmaceutiche: questo si rende necessario per ottimizzare la somministrazione al paziente veterinario, che spesso non risulta collaborativo, e per rispondere a specifiche esigenze di specie…

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Film orosolubili

I film orodispersibili sono piccoli fogli sottili, di materiale polimerico, flessibili e simili a un francobollo, che una volta posti nella cavità orale si sciolgono rapidamente a contatto con la saliva. Essi costituiscono una forma di dosaggio innovativa, ancora poco diffusa, che per le sue caratteristiche ha buone potenzialità d’impiego nel campo dell’integrazione nutrizionale. Rispetto alle forme orali tradizionali i film veicolano quantità inferiori di ingredienti funzionali ma risultano vantaggiosi in termini di praticità e semplicità di somministrazione. La rapida dissoluzione facilita enormemente la deglutizione e risulta particolarmente importante per disfagici, bambini, viaggiatori e tutti coloro hanno difficoltà a deglutire o ad assumere liquidi.

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Micoterapia e sport

Negli ultimi decenni si è progressivamente affermata una generale partecipazione per la “medicina integrata”. Questo contagioso interesse ha toccato anche l’ambito sportivo, infatti, è in crescita la domanda di prodotti, in particolar modo integratori alimentari, volti a supportare tale attività. Nel mondo vegetale sono note diverse droghe ad attività adattogena; meno noti in tal senso sono invece i “funghi medicinali” che, modulando anche le difese immunitarie dell’organismo (spesso indebolite dall’esercizio intenso), stanno ricoprendo una fetta di mercato in continua crescita. Si possono individuare due funghi per i quali sono state indicate proprietà antiossidanti, antinfiammatorie ed ergogeniche: il Cordyceps sinensis (Berk.) e il Ganoderma lucidum (Curtis) P. Karst., la cui associazione sembra rappresentare un’ottima opportunità per modulare e ridurre anche la sindrome da sovrallenamento (overtraining syndrome). Esistono poi altri interessanti studi sull’effetto antiossidante dello shiitake (Lentinula edodes) e sull’effetto di contrasto alla soppressione dell’immunità innata, indotto genericamente dai β-glucani fungini e descritto specificamente in uno studio condotto su un estratto del Pleurotus ostreatusConcludendo, come per tutti i preparati di origine naturale, è importante conoscere se e quando poter assumere questi funghi mdicinali evitando il pericoloso “fai da te”; a maggior ragione per chi pratica sport e in particolare, negli atleti che praticano sport agonistico.

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Botanicals negli integratori alimentari

Panoramica generale
Il Ministero della Salute, autorità competente in materia di integratori alimentari in Italia, ha pubblicato sul proprio sito l’allegato I del Decreto dirigenziale 9 gennaio2019, che va a sostituire l’allegato I del Decreto 10 agosto 2018, recentemente entrato in vigore, che disciplina l’impiego di sostanze e preparati vegetali (cosiddetti botanicals) negli integratori alimentari.
Il suddetto elenco contiene dunque le piante e le relative parti ammesse per l’utilizzo negli integratori alimentari, corredate in alcuni casi da disposizioni supplementari per l’impiego.
L’elenco è affiancato dalle indicazioni relative agli effetti fisiologici ascrivibili ai botanicals che non sono parte integrante del DM 10 agosto 2018 come modificato nell’allegato 1 dal decreto 9 gennaio 2019, ma sono delle linee guida ministeriali in materia. L’introduzione all’allegato I specifica come tali effetti siano impiegabili in attesa della definizione dei claims sui botanicals e che essi sono volti ad ottimizzare le funzioni dell’organismo nell’ambito dell’omeostasi secondo il modello definito dal Consiglio d’Europa (Homeostasis, a model to distinguish between food, including food supplements, and medicinal products, 07/02/2008).
Le piante e le relative parti ammissibili della lista BELFRIT messa a punto con le Autorità competenti di Belgio e Francia, che non erano comprese nell’allegato 1 del DM 9 luglio 2012, sono confluite nel suddetto allegato I. È stato dunque centrato l’obiettivo di tornare ad una lista unica di piante ammesse per l’impiego negli integratori come fonte di sostanze e preparati vegetali, aggiornata in base a nuove evidenze e per gran parte armonizzata (con Francia e Belgio) grazie al progetto BELFRIT, che va di fatto a sostituire il ‘vecchio’ (allegato 1 del DM 9 luglio 2012). Il Ministero della Salute ribadisce infine come sostanze, preparati ed estratti ottenuti dalle piante elencate ma privi di una storia di consumo significativo si configurano come Novel Food ai sensi del Regolamento (UE) 2015/2283.

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Senolitici e rivoluzione anti-age

La crescente aspettativa di vita delle popolazioni dei paesi sviluppati comporta un aumento significativo dell’incidenza delle più comuni patologie tipiche dell’invecchiamento (PTI): neuro-degenerative, metaboliche (diabete), cardiovascolari, tumorali, autoimmuni, ecc.
Le cellule senescenti (CS) sono le responsabili chiave dell’invecchiamento: aumentano di numero con l’età e il loro fenotipo secretorio, associato alla senescenza, alimenta uno stato sistemico cronico pro-infiammatorio, chiamato col neologismo inflamm-aging: non riconducibile
a infezioni specifiche, è di bassa intensità, caratteristico dell’invecchiamento, compromette la capacità rigenerativa delle cellule staminali e aumenta il rischio di sviluppare PTI. È un circolo vizioso: fattori esterni ed interni pro-infiammatori contribuiscono a creare lo stato di inflamm-aging, che produce una serie di alterazioni che accelerano i fenomeni dell’invecchiamento e, a
loro volta, alimentano l’inflamm-aging. La segnalazione pro-ossidante e pro-infiammatoria è sfruttata dalle CS per diffondere i processi di senescenza nell’organismo.

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