Uno scudo contro l’influenza

Come tutti gli anni si avvicina la temuta stagione fredda e di conseguenza aumentano le possibilità di ammalarsi di influenza, soprattutto per i bambini e per le persone anziane.
I sintomi dell’influenza sono complessi e variegati, e molto spesso comuni tanto all’influenza stagionale quanto alle forme parainfluenzali e al raffreddore.
La patologia influenzale colpisce principalmente nel periodo autunno-inverno, solitamente tra novembre e marzo, con picchi tra dicembre e gennaio e la prognosi può variare da qualche giorno a più di una settimana in base ai sintomi.
Mediamente, ogni anno, vengono colpiti da sindromi influenzali o simil-influenzali da 5 a 8 milioni di soggetti: tutti – bambini, adulti e anziani – possono ammalarsi di influenza, seppure in forme differenti.
La prevenzione primaria, dunque, passa anche attraverso iniziative in grado di rendere l’opinione pubblica maggiormente consapevole dei rischi a cui sono sottoposti, ogni anno, milioni di italiani.
“Uno scudo contro l’influenza, #Previenila (www.previenila.it)” è la campagna di informazione sul tema della stessa – sostenuta in questi ultimi anni da azienda leader italiana nella farmacologia low-dose – grazie alla quale si possono trovare risposte utili su come prevenire o curare l’influenza che verrà.
Il principale obiettivo della campagna è quello di creare una rete di informazione capillare per promuovere una maggiore sensibilizzazione nei confronti della prevenzione influenzale, diffondendo una migliore conoscenza delle possibilità terapeutiche della medicina naturale e con un monitoraggio periodico dei potenziali livelli di intensità dell’epidemia influenzale.
Sul blog di #Previenila si possono trovare molte curiosità sull’influenza, consigli utili su come prepararsi al cambio di stagione, grazie ad un’alimentazione sana e bilanciata e all’utilizzo di rimedi naturali.
Partendo da questi presupposti, con le difese immunitarie innalzate, anche con l’insorgere dell’influenza, sarà possibile reagire e recuperare molto più velocemente: da non sottovalutare l’importanza della convalescenza a casa.
Curare e prevenire non significa solamente agire sul sintomo, ma preparare il nostro corpo alle sfide che lo attendono durante la stagione invernale, fornendo una sorta di scudo che lo difenda dal virus influenzale e dai numerosissimi virus para-influenzali, rafforzando le difese immunitarie e riparando le vie di accesso principali dei virus, come naso, bocca, gola e intestino.
Per prevenire innanzitutto il contagio influenzale è bene seguire alcune semplici ma importanti regole:

1.    detergere le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone;
2.    evitare i luoghi affollati quando i casi di malattia sono molto numerosi;
3.    fare attenzione ai contatti con occhi, naso e bocca, facili vie di entrata dei virus;
4.    riparare la bocca e il naso quando si tossisce o si starnutisce (lavandosi dopo le mani);
5.    favorire le difese dell’organismo quando si manifestano i sintoni dell’influenza;
6.    innalzare le difese immunitarie per prevenire l’attacco dei virus influenzali.

GUNA da oltre 30 anni effettua studi e ricerche seguendo i principi della Medicina Fisiologica di Regolazione e nei Laboratori GUNA vengono studiati farmaci dall’efficacia convalidata da studi clinici e privi di effetti collaterali, che agiscono rafforzando le naturali reazioni difensive dell’organismo, rispettando l’equilibrio psico-fisico del paziente e puntando a rinforzare il suo sistema immunitario, per i quali si rimanda al qualificato parere del medico.
Schermata 2017-12-11 alle 10.09.49

Dalla tradizione di Loacker Remedia

Il 10 luglio 2017 è nata Schwabe Pharma Italia. Questo passaggio rappresenta una sfida strategica che l’azienda Loacker Remedia, con oltre 30 anni di esperienza nella cura dolce della persona, in particolare del bambino e della mamma, ha deciso di affrontare per rafforzare la propria immagine di azienda multinazionale rigorosa e affidabile nel mondo dei prodotti naturali, sia fitoterapici che omeopatici.
“La creazione di Schwabe Pharma Italia”, commenta Hannes Loacker, Amministratore Delegato, “ha l’obiettivo di integrare e arricchire il portafoglio prodotti, in un’ottica di continuità del servizio offerto. Grazie alla lunga esperienza di Schwabe Pharmaceuticals nella Fitoterapia, vogliamo potenziare la nostra presenza sul mercato italiano nel settore del farmaco vegetale e contemporaneamente mantenere attivo il patrimonio omeopatico.”
Il gruppo Schwabe Pharmaceuticals, azienda tedesca di proprietà familiare, presente in tutto il mondo, sin dal 1866 produce farmaci vegetali a base di ingredienti di efficacia e sicurezza comprovati dalla tradizione. Schwabe Pharmaceuticals, controllando tutte le fasi dalla coltivazione della pianta fino alla creazione del farmaco, sviluppa i suoi prodotti secondo rigorosi standard scientifici, con importanti investimenti in ricerca e sviluppo.
Schwabe Pharma Italia dalla sua sede di Egna (BZ) continuerà a coniugare naturalmente l’approccio olistico per la cura della persona con il metodo scientifico, per offrire una gamma completa di soluzioni naturali affidabili, sicure e di qualità garantita.
Con l’occasione del cambio di ragione sociale, l’azienda ha sviluppato il nuovo sito internet www.schwabe.it, dove Schwabe Pharma Italia si presenta con una veste totalmente rinnovata, in qualità di Esperto del Naturale, che offre varie soluzioni terapeutiche di altissima qualità (Omeopatia – Fitoterapia – Sali di Schüssler – Fiori di Bach), grazie ad un approccio integrato e completo ed una leadership in pediatria.
L’azienda possiede una particolare expertise nella Fitoterapia d’eccellenza rappresentata dai farmaci vegetali Kaloba, Vitango, Dormiplant e Halicar e dalla nuova linea Mama Natura specificamente formulata per risolvere le più comuni patologie pediatriche.

Schermata 2017-12-11 alle 10.02.37

Alimentazione nello sport

Schermata 2017-12-11 alle 09.28.15Schermata 2017-12-11 alle 09.28.42

D. Attualmente l’OMS ha riconosciuto la sedentarietà come la principale causa delle patologie cronico-degenerative. Sovrappeso e obesità sono in costante aumento anche in modo preoccupante in età infantile. Quale è il ruolo dell’alimentazione nell’attività fisica?
Risposta: fondamentale è abbinare regolarità nell’attività fisica e corrette abitudini alimentari. A vari livelli ognuno può essere un atleta, prendendosi cura di se stesso, rispettando corretti carichi di allenamento e un’adeguata alimentazione. Di base a qualunque livello, intensità, durata e frequenza si pratichi attività sportiva, è fondamentale avere un buono stato nutrizionale.
Così è importante distribuire nell’arco della giornata circa 5 pasti (colazione, spuntino, pranzo, spuntino, cena) bilanciando i diversi nutrienti in quantità e qualità adeguate, equilibrando carboidrati, proteine e lipidi, senza far mancare adeguate porzioni di verdura e frutta nei vari pasti, in modo da apportare fibre, vitamine, sali minerali e polifenoli. Sono da prediligere cibi freschi e genuini, come frutta, fonti proteiche magre come ad esempio pesce, soia, carne magra e verdura, carboidrati dai cereali integrali, olio extravergine di oliva e frutta oleosa.

D. E in particolare come deve essere l’alimentazione quotidiana dell’atleta?
Risposta: nel caso di chi pratica attività atletica, si tenga presente che l’obiettivo principale è quello di soddisfare le esigenze energetiche e garantire l’apporto di ogni nutriente al fine di evitare carenze di alcun tipo e garantire lo stato di salute. Gli studi attuali sono rivolti alla nutrizione periodizzata e personalizzata che prevede una pianificazione a breve e a lungo termine di alimentazione e integrazione, secondo i piani di allenamento e le abitudini di ogni singolo individuo. Gli adattamenti indotti sull’organismo dall’allenamento, infatti, sono determinati da numerosi fattori: durata, intensità e frequenza oltre che dalla qualità e dalla quantità dei nutrienti assunti pre e post esercizio. È chiaro quindi che gli adattamenti metabolici iniziano dall’esercizio, ma possono essere potenziati (o ridotti) dall’alimentazione.

D. Ci può portare degli esempi concreti?
Risposta: per esempio, la carenza di un adeguato apporto di proteine post esercizio induce un bilancio proteico negativo a livello muscolare. Esistono anche evidenze per cui in abbinamento a determinate sedute di allenamento un basso apporto di carboidrati è in grado di promuovere specifici adattamenti a livello cellulare. Quando l’assunzione di carboidrati è ridotta per un periodo prolungato si può generare chetosi con conseguente aumento dei livelli di cortisolo. Eccessive concentrazioni di cortisolo possono indurre riduzione del sistema immunitario e aumento del rischio di infortuni da microtrauma ripetuto. Inoltre l’assunzione di sostanze antiossidanti, come alcuni tipi di polifenoli, può favorire la biogenesi mitocondriale; al contrario un loro insufficiente apporto può aumentare il rischio di infortuni cosiddetti da “stress” (microtrauma ripetuto).

D. Quale è il ruolo dei carboidrati nell’alimentazione dello sportivo?
Risposta: i carboidrati  si trovano con diversa concentrazione in frutta, verdura, cereali integrali, pasta, riso, pane, patate e dolciumi. Sono da preferire quelli a basso indice glicemico contenuti ad esempio nella verdura, in molti frutti, nei cereali integrali, in quanto non determinano eccessivi e rapidi aumenti della glicemia. I carboidrati ad alto indice glicemico sono ad esempio quelli forniti da zucchero, dolciumi, sode, riso, pane bianco, prodotti da forno a base di farine bianche, pasta. Questi comportano più facilmente picchi glicemici con conseguente produzione di tessuto adiposo, ipoglicemia reattiva e aumento dello stato infiammatorio dell’organismo. Durante attività fisiche di lunga durata e intense e nell’ora successiva, invece, utilizzare carboidrati ad alto indice glicemico facilita il recupero muscolare.
Consumare grandi quantità di zucchero da cucina è dannoso per la salute, ma anche nutrirsi prevalentemente con carboidrati ad alto indice glicemico come riso, cereali per colazione, patate, grissini, pane, biscotti e riso non è vantaggioso. La concentrazione di glucosio nel sangue può aumentare notevolmente e in breve tempo, tante più sono e tanto più rapidamente vengono digerite le molecole dei carboidrati.
Importante è considerare anche la quantità degli alimenti, poiché il carico glicemico determina l’andamento della glicemia.
Se in un pasto si mangiano ad esempio patate, pane e si bevono bibite zuccherate si innalza rapidamente la glicemia e l’organismo risponde inviando in circolo una grande quantità di insulina, che si traduce in aumento del tessuto adiposo, ipoglicemia reattiva e aumento dello stato infiammatorio dell’organismo. Infatti i picchi di insulina conseguenti ai picchi glicemici possono determinare un aumento delle citochine pro infiammatorie, ovvero di molecole che il nostro corpo produce per specifiche esigenze autoregolandole, ma in caso di picchi insulinemici queste molecole possono aumentare tanto da creare prima uno stato di “infiammazione silente”, sensazione di malessere, gonfiore, pesantezza, stanchezza, che può poi concretizzarsi in malattie d’organo come ad esempio diabete, ipertensione, cardiopatie.

D. C’è un arco temporale da rispettare nell’assunzione di carboidrati in allenamento?
Risposta: Prima dell’attività fisica è utile prediligere carboidrati e cibi a basso indice glicemico, ad esempio frutta e yogurt magro senza zucchero.
Durante e dopo l’attività fisica intensa e di durata e nell’ora successiva esiste una “fase finestra”, in cui il glucosio entra direttamente nelle cellule muscolari senza lo stimolo dell’insulina e quindi per mantenere rispettivamente “durante” e ricostruire “dopo” le scorte di glicogeno muscolare, si possono assumere alimenti ad alto indice glicemico, come ad esempio una banana o delle patate. Oppure, per comodità, esistono pratici integratori dedicati sia alla fase durante che post attività fisica, funzionali al recupero, a base di maltodestrine e fruttosio, studiati per le esigenze specifiche di chi pratica sport.

D. E quali considerazioni si possono fare per gli altri macronutrienti?
Risposta: Le proteine hanno diverse funzioni importanti: regolano il funzionamento di alcuni enzimi, servono per costruire diverse strutture cellulari; in particolare abbinare fonti proteiche a carboidrati ad alto indice glicemico ottimizza il recupero muscolare. Possono inoltre avere funzione energetica quando non ci sono carboidrati e lipidi. Sono contenute nel pesce, nella carne, nelle uova, nei legumi e nella soia. È consigliato alternare fonti di proteine animali a quelle vegetali.
I lipidi si trovano nella frutta oleosa, nell’olio extravergine di oliva, nei formaggi, nelle uova. Vengono accumulati sotto forma di trigliceridi nel tessuto adiposo, costituiscono i fosfolipidi delle membrane cerebrali e permettono la produzione di alcuni ormoni.

D. Bere è importante per lo sportivo?
Risposta: L’acqua è essenziale per l’organismo, basta una lieve disidratazione per avere un calo della performance sportiva. Si consiglia di sorseggiare acqua nella giornata, prima, durante e dopo l’attività fisica.
Consideriamo anche che l’acqua si trova in frutta e verdura. Mangiando una porzione abbondante di verdura a pranzo e cena, e della frutta negli spuntini e/o a colazione, si apportano, oltre all’acqua, vitamine, sali minerali e fibre all’organismo.
Le vitamine regolano alcuni processi metabolici cellulari, possono essere idrosolubili (ad esempio la vitamina C che si trova in arance, limoni) e liposolubili contenute nella frutta oleosa, nell’olio extravergine di oliva, nei latticini (ad esempio la vitamina D).
Anche i sali minerali hanno funzione plastica e regolatrice e sono ad esempio il ferro nella carne rossa, il rame, il magnesio nel miglio e lo iodio nel sale.

D. Quali nutraceutici possono essere utili nel caso di attività sportiva?
Risposta: Nel caso dello sport, i nutraceutici possono essere utilizzati, oltre che per prevenire e curare disturbi tipici degli atleti, anche per migliorare alcune caratteristiche che intervengono nelle loro prestazioni; in particolare, consideriamo gli acidi grassi omega-3, i policosanoli e tre polifenoli (i flavanoli del cacao, la curcumina e le antocianine).
Gli allenamenti intensi e frequenti cui si sottopongono gli atleti di alto livello determinano un aumento del rischio di infortuni (in particolare di quelli da microtraumi ripetuti e di quelli muscolari) a causa di un’elevata produzione di molecole proinfiammatorie, spesso non bilanciati da un’adeguata produzione di molecole antinfiammatorie.
Gli acidi grassi omega-3 a lunga catena contribuiscono a ridurre la produzione di eicosanoidi proinfiammatori (come l’interleuchina-6) e favoriscono la produzione delle prostaglandine della serie 1, dotate di effetto antinfiammatorio.
Anche la curcumina limita la produzione di molecole proinfiammatorie (TNF-a, IL-6 e IL-1B) e ha effetto antiossidante. Si comporta infatti come scavenger (“catturatore”) di radicali liberi, riducendo lo stress ossidativo indotto da esercizio fisico e limitando così il danno ossidativo cellulare.
Ai fini di una migliore prestazione atletica, sono molto importanti gli effetti della curcumina nei muscoli. È stato dimostrato che la supplementazione con curcumina (2,5 g/die per 2 volte al giorno) allevia il dolore muscolare a insorgenza ritardata, e garantisce un migliore recupero del rendimento muscolare. Favorisce inoltre la rigenerazione dei muscoli.
Le antocianidine sono una classe molto ampia di polifenoli che fungono da pigmenti in molti vegetali, compresi vari tipi di frutta e di verdura, dando ad essi un colore dal rosso al blu.
Possono ridurre il rischio di infortuni negli atleti grazie ai loro spiccati effetti antiossidanti ed antinfiammatori. Le bacche del maqui, il mirtillo della Patagonia (Aristotelia chilensis), sono particolarmente ricche in antocianidine (130 mg per 100 g di frutto fresco); il 34% delle antocianidine è costituito da delfidinine, particolarmente biodisponibili e con una spiccata attività antiossidante.

D.  Per concludere, quali consigli si possono dare a chi pratica attività sportiva?
Risposta: In conclusione, strategia per la performance è allenarsi con carichi adeguati e rispettare un’alimentazione bilanciata ed equilibrata nei diversi nutrienti in quantità e qualità, con eventuale supplementazione di polifenoli e omega 3, concentrati ed altamente purificati.

Bibliografia
•  Arcelli E, Righetti S ( 2013) L’alimentazione nel mezzofondo, nel fondo e nella marcia. Ed. Federazione Italiana di Atletica Leggera, Centro Studi & Ricerche FIDAL. Atletica Studi 4 (lug-dic ) Suppl.1:104 pagg
•  Hawley JA, Burke LM (2010) Carbohydrate availability and training adaptation: effects on cell metabolism. Exerc Sport Sci Rev 38(4):152-160
•  Bartlett JD, Hawley JA, Morton JP (2015) Carbohydrate availability and exercise training adaptation: too much of a good thing? Eur J Sport Sci 15(1):3-12
•  Hawley JA, Morton JP (2014) Ramping up the signal: promoting endurance training adaptation in skeletal muscle by nutritional manipulation. Exp Pharmacol Physiol 41(8):608-613
•  Gomez-Cabrera MC, Salvador-Pascual A, Cabo H, Ferrando B, Viña J (2015) Redox modulation of mitochondriogenesis in exercise. Does antioxidant supplementation blunt the benefits of exercise training? Free Radic Biol Med 86:37-46
•  Valero T (2014) Mitochondrial biogenesis: pharmacological approaches. Curr Pharm Des 20(35):5507-5509
•  Jeukendrup AE (2017) Periodized Nutrition for Athletes. Sports Med 47(Suppl 1):51-63
•  Ebbeling CB, Swain JF, Feldman HA et al (2012) Effects of dietary composition on energy expenditure during weight-loss maintenance. JAMA 307(24):2627-2634
•  Nenseter MS, Rustan AC, Lund-Katz S et al (1992) Effect of dietary supplementation with n-3 polyunsaturated fatty acids on physical properties and metabolism of low density lipoprotein in humans. Arterioscler Thromb 12(3):369-379
•  Buonocore D, Negro M, Arcelli E, Marzatico F ( 2015) Anti-inflammatory Dietary Interventions and Supplements to Improve Performance during Athletic Training. J Am Coll Nutr 34 (Suppl 1):62-67
•  Nicol LM, Rowlands DS, Fazakerly R, Kellett J (2015) Curcumin supplementation likely attenuates delayed onset muscle soreness (DOMS). Eur J Appl Physiology 115(8):1769-1777

Schermata 2017-12-11 alle 09.41.42

Integratori alimentari di origine naturale

Gli integratori alimentari di origine naturale, soprattutto quelli derivati da piante, sono ampiamente utilizzati per diversi ambiti salutistici, grazie anche al convincimento, da parte di molti consumatori, che i prodotti naturali siano meno dannosi rispetto alle medicine di sintesi. Naturalmente questa è una convinzione errata, basta pensare ai veleni di certi funghi che, pur essendo naturali, sono mortali.
La comunità scientifica, specializzata nel settore, non smette di individuare e caratterizzare meccanismi d’azione, di valutare efficacia, effetti collaterali, farmacocinetici e tossicologici degli integratori di origine naturale, sia a livello pre-clinico che clinico. L’aggiornamento che qui proponiamo riguarda soprattutto la ricerca clinica, ma rappresenta solo una piccola parte dell’attività di ricerca sugli integratori alimentari naturali comparsa negli ultimi mesi.

Associazione di glucosammina-HCl, condroitin-SO4, bio-curcumina nell’osteoartrite

Il trattamento conservativo dell’osteoartite del ginocchio mira a ritardare la degenerazione delle cartilagini articolari. L’assunzione di agenti condroprotettivi è un valido approccio in questa direzione. Tre sono i principali integratori con attività condroprotettiva. Uno è la glucosammina (G), ammino-monosaccaride, uno dei principali precursori della sintesi delle proteine glicosilate e dei lipidi. È uno dei maggiori componenti del carapace chitinoso di crostacei e altri artropodi, ma si trova anche nei funghi, in molti organismi superiori e nel lipopolisaccaride della parete cellulare dei batteri Gram-negativi.
Il secondo è il condroitin-SO4 (CS), glicosammino-glicano solfato, composto da una catena alternata di zuccheri (N-acetil-galattosammina e acido glucuronico); è un componente strutturale della cartilagine, cui conferisce la quasi totalità della resistenza alla compressione. Associato alla glucosammina, il condroitin-SO4 è un integratore alimentare usato nell’osteoartrite.
Il terzo è la curcuma: ha proprietà benefiche e curative, è utilizzata come integratore alimentare naturale grazie alla capacità di contrastare i processi infiammatori all’interno dell’organismo. Il principio attivo più importante è la curcumina, che ha proprietà antitumorali, è antinfiammatoria e analgesica e trova, perciò, impiego efficace nel trattamento di infiammazioni, dolori articolari, artrite e artrosi. Potente antiossidante, è in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi, responsabili dei processi di invecchiamento.
È stato condotto un trial clinico multicentrico, prospettico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, per valutare gli effetti di efficacia e sicurezza dei 3 agenti condroprotettivi presenti in un integratore alimentare disponibile commercialmente: glucosammina-HCl (500 mg), condroitin-SO4 (400 mg), bio-curcumina (BCN-95®, 50 mg), associati a esercizio fisico, nel trattamento conservativo dell’osteoartrite del ginocchio di grado lieve-moderato, finalizzato a ritardare la degenerazione della cartilagine articolare (1).
I pazienti arruolati nello studio (n=53) sono stati assegnati in modalità random al gruppo sperimentale (n=26,2 capsule al giorno x 2 settimane) o al gruppo di controllo (n=27, placebo). I pazienti dei 2 gruppi hanno partecipato a 20 sessioni di fisioterapia durante i 2 mesi del trial. Risultato clinico primario è stata l’intensità del dolore, misurata sia in movimento che a riposo, con la Visual Analogue Scale (VAS). Risultato clinico secondario è stata la valutazione della funzionalità del ginocchio, effettuata con il Western Ontario, il McMaster Universities Arthritis Indices e il Lequesne Index, con la misura dell’ampiezza del movimento del ginocchio (AMG) e di 2 marker di infiammazione (proteina C-reattiva e velocità di sedimentazione eritrocitaria). Ogni valutazione è stata effettuata al tempo 0 (T0) e a 8 (T1) e 12 (T2) settimane. I valori della VAS a riposo sono risultati ridotti da T0 a T1 e da T0 a T2 (F=13,712; p=0,0001), senza differenze tra i gruppi (F=1,724; p=0,191). I valori della VAS in movimento hanno mostrato una significativa interazione “gruppo x tempo di controllo” (F=2,491; p=0,032), con effetto crescente del tempo sulla riduzione della VAS (F=17,748; p=0,0001), più pronunciato nel gruppo sperimentale al T1 (F=3,437; p=0,045). L’indice di Lequesne è risultato ridotto a T1 e T2 vs T0 (F=9,535; p=0,0001), insieme con l’effetto gruppo, poiché il gruppo trattato ha registrato uno score più basso a T2 (F=7,091; p=0,009). Non sono stati registrati cambiamenti significativi nei marker e dell’AMG. Riassumendo, questo studio preliminare suggerisce che la somministrazione di curcuminoidi, associati a glicosaminoglicani e fisioterapia, può ridurre il dolore e migliorare lo score algofunzionale nei pazienti affetti da osteoartrite del ginocchio di grado lieve-moderato (1).

Biodisponibilità di potassio alimentare e potassio gluconato

Il 20% circa del fabbisogno di potassio (K) è apportato, nella dieta americana, dalle patate. La biodisponibilità e la dose/risposta di K proveniente da patate bianche non fritte, con la buccia (mirata a 20, 40 e 60 mEq di K) è stata confrontata con patate fritte (40 mEq di K) con potassio gluconato alle stesse dosi, aggiunto ad una dieta basale contenente ~60 mEq di K.
Sono stati arruolati, in un trial clinico in singolo cieco, cross-over, randomizzato (2), 35 uomini e donne sani e normotesi, dell’età di 29,7±11,2 anni (media±S.D.), con indice di massa corporea di 24,3±4,4 kg/m2). I partecipanti sono stati assegnati, parzialmente random, all’ordine in cui il test è stato eseguito, per 9 interventi di 5 giorni di K aggiuntivo: 0 (controllo; ripetuto alle fasi 1 e 5), 20, 40 e 60 mEq di K/giorno, consumato come integrazione con K-gluconato o come patate non fritte o 40 mEq di K come patate fritte, completato alla fase 9. La biodisponibilità del K determinata dall’AUC (area sotto la curva) dei livelli di K nel siero a diversi tempi, aumentava con la dose (p<0,0001) e non differiva in base all’origine del K (p=0,53). Anche l’escrezione cumulativa di K nelle 24 ore è aumentata con l’aumento della dose (p<0,0001) ed è risultata maggiore con le patate che con l’integrazione (p<0,0001). L’analisi cinetica ha mostrato che l’efficienza dell’assorbimento è stata elevata in tutti gli interventi (>94±12%). Non sono state registrate differenze significative della pressione sanguigna o dell’indice di incremento (AIx) causate dall’origine del K o alla sua dose. In conclusione, la biodisponibilità del K è risultata di pari entità con l’integrazione a base di patate e con quella di potassio gluconato (Trial NCT01881295).

Effetto dell’inulina sulla funzione intestinale

Schermata 2017-10-31 alle 12.26.33La cicoria (Cichorium intybus) è una pianta erbacea selvatica della famiglia delle Asteraceae, dalle cui radici e parti aeree si ricava un oligosaccaride, l’inulina (Fig.1), polimero glucidico (m.m. ~5000 Da) e fibra vegetale solubile, non assorbita dall’intestino. Tra le varie attività salutistiche attribuite all’inulina, c’è la capacità di prevenire la costipazione e di favorire la motilità intestinale. La costipazione, o stipsi, è una tra le più comuni affezioni nel mondo occidentale. È stato effettuato uno studio clinico (NCT02548247) finalizzato a determinare gli effetti di inulina sulla frequenza della defecazione in soggetti sani affetti da costipazione (3). In questo trial clinico, condotto in base ai recenti documenti di orientamento per la valutazione della funzione intestinale, è stato usato un disegno randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, cross-over, con 2 settimane di wash out. Ogni periodo dello studio comprendeva una fase di inserimento, seguita dall’assunzione giornaliera di 3 x 4g di inulina x 4 settimane o di maltodestrina. Sono stati arruolati nello studio 44 volontari sani, con costipazione, frequenza e consistenza di evacuazione, caratteristiche gastrointestinali e qualità di vita documentate. Il consumo di inulina ha aumentato significativamente (p=0,038) la frequenza delle evacuazioni (mediana 4,0 [interquartile range (IQR) 2,5-4,5]) vs la malto destrina (3 [IQR 2,5-4,0] evacuazioni/settimana), cui si è aggiunto l’ammorbidimento della consistenza delle feci ed una tendenza verso una maggior soddisfazione rispetto al placebo (p=0,059). Questi risultati dimostrano che l’inulina è efficace in individui con costipazione cronica e migliora significativamente la funzionalità intestinale (3).

Curcuminoidi in pazienti diabetici

Schermata 2017-10-31 alle 12.26.58Dal punto di vista farmacodinamico, la curcumina (estratta dalla Curcuma longa) presenta vari target farmacologici e molecolari riconducibili, in genere, all’inibizione di fattori di trascrizione genica coinvolti in processi infiammatori, nonché enzimi, metalli, proteine di trasporto e proteine chinasi. Sono vari e sofisticati gli strumenti di indagine chimico-fisica che hanno permesso di individuare i diversi target molecolari e farmacologici della curcumina e dei suoi metaboliti e/o derivati. Tra questi, la spettroscopia, la risonanza plasmonica di superficie, la competizione legame-ligando, la radiomarcatura, la mutagenesi sito diretta, l’immunoprecipitazione, e molte altre metodiche di ricerca molecolare spesso adoperate per intuire i siti di legame di molecole. Target molecolari della curcumina e dei suoi metaboliti attivi sono diversi e variegati e sfruttano meccanismi di inibizione o di potenziamento, riconducibili a sette macro categorie molecolari: enzimi, proteine chinasi, proteine reduttasi, proteine trasportatrici, molecole pro-infiammatorie, metalli e altro. Lo stress ossidativo ha un ruolo chiave nella patogenesi del diabete mellito (tipo II, DMT2) e nelle complicanze vascolari della patologia. Ciò spiega perché una terapia antiossidante sia suggerita come approccio potenziale per rallentare e smorzare decorso e progressione del DMT2. Scopo di uno studio clinico randomizzato, doppio cieco, controllato con placebo (PLA) è stato valutare gli effetti della supplementazione della dieta di pazienti diabetici di tipo II con curcuminoidi, polifenoli naturali (Fig.2) ottenuti dalla curcuma, sugli indici ossidativi in soggetti diabetici di tipo II. Sono stati arruolati nello studio 118 soggetti affetti da DMT2, randomizzati nei gruppi curcuminoidi (1000 mg/giorno, co-somministrati con piperina (10 mg/giorno), per 8 settimane) e PLA. Capacità antiossidante totale del siero (CATS), attività superossido dismutasi (SOD, enzima antiossidante) e concentrazioni della malonilaldeide (MDA, marker dello stress ossidativo) sono state misurate al tempo 0 e alla fine del periodo di supplementazione. L’assunzione di curcuminoidi ha indotto un aumento significativo delle attività CATS e SOD (p<0,001), mentre i livelli serici di MDA sono risultati significativamente ridotti vs PLA (p<0,001). Questi dati sono rimasti statisticamente significativi anche dopo aggiustamento per potenziali confondenti (differenze della linea di base dell’indice di massa corporea e dell’insulina serica a digiuno). In conclusione, questi risultati supportano l’effetto antiossidante della supplementazione con curcuminoidi in soggetti con DMT2 e incentivano ulteriori studi per valutare l’impatto di questi effetti antiossidanti sull’incidenza delle complicanze diabetiche e degli endpoint cardiovascolari (4).

Fibre solubili di mais nella ritenzione di calcio in donne in post-menopausa

L’osteoporosi è una condizione clinica in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea e resistenza, a causa di fattori nutrizionali, metabolici o patologici. Questa patologia è caratterizzata da un basso contenuto di calcio nelle ossa, dalla progressiva perdita di tessuto osseo, con conseguente fragilità dello scheletro e predisposizione alle fratture. Il legame fra menopausa ed osteoporosi è noto da tempo: la diminuzione della produzione di estrogeni da parte delle ovaie rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di questa patologia. Infatti, gli estrogeni intervengono nella regolazione della quantità di calcio presente nell’osso: con la menopausa, i loro livelli ematici calano e il controllo sul calcio nell’osso si riduce, lasciando una struttura porosa e fragile. Tra i vari integratori alimentari naturali, utilizzati per prevenire/curare l’osteoporosi, troviamo la fibra alimentare solubile di mais (FASM) che facilita l’assorbimento del calcio negli adolescenti e la robustezza e l’architettura ossea in modelli nei roditori. In un trial clinico (NTC02416947) sono stati valutati gli effetti benefici delle FASM in donne in post-menopausa (5).
È stata usata una tecnologia originale per la determinazione della ritenzione del calcio osseo, consistente nel monitoraggio della comparsa nelle urine di 41Ca, radioisotopo raro e dalla lunga emivita, rilasciato da osso premarcato, per valutare in modo rapido e sensibile l’efficacia delle FASM nel ridurre la perdita di calcio dall’osso. Nel trial, randomizzato, cross-over, in doppio cieco, condotto in 14 donne sane in post-menopausa, sono stati confrontati gli effetti di 0, 10, 20 g/giorno di FASM, somministrate per 50 giorni. I risultati mostrano un effetto dose-risposta dopo 10 e 20 grammi di supplementazione giornaliera con FASM, per cui la ritenzione di calcio osseo è migliorata, rispettivamente del 4,8% (p<0,05) e del 7% (p<0,04). Il telopeptide N-terminale del collagene di tipo I e l’osteocalcina (ormone pepitidico lineare di 49 aa., prodotto dagli osteoblasti durante la formazione ossea), biomarker del turnover dell’osso, non sono risultati alterati dall’assunzione di FASM. Tuttavia, è stato rilevato un aumento dell’8% della fosfatasi alcalina ossea, marker di formazione dell’osso, significativo (p = 0,0035) tra 0 e 20 g di FASM/giorno. In conclusione il consumo giornaliero di FASM aumenta in modo significativo la ritenzione di calcio nelle ossa nella donna in post-menopausa e migliora l’equilibrio del calcio osseo, stimato in 50 mg/giorno (5).

Mirtillo rosso, noxamicina® e D-mannosio nelle infezioni urinarie ricorrenti in donne in post-menopausa

Un’unica origine embrionale accomuna, nella donna, l’apparato genitale, il tratto urinario e i tessuti di supporto perineale, differenziatisi sotto l’effetto degli estrogeni.
Il progressivo declino della funzione ovarica, con conseguente calo e privazione degli estrogeni, che si verifica nella donna adulta, riduce il tropismo dei tessuti, causando atrofia urogenitale. Ciò rende questi organi molto più suscettibili a traumi e infezioni urinarie. La rilevanza clinica dei disturbi associati ai cambiamenti nel tratto urogenitale nelle donne in peri-/post-menopausa è significativa, sia dal punto di vista della loro cronicità, che per l’elevata frequenza della loro ricorrenza, oltre al fatto che hanno pesanti ripercussioni negative sulla qualità della vita di queste pazienti, che spesso devono ricorrere al medico, per alleviare i sintomi che si manifestano periodicamente. Queste pazienti lamentano un significativo numero di episodi di cistite/anno. Ricercatori italiani (6) hanno condotto un trial clinico multicentrico su 150 donne, dell’età di 40-50 anni, sofferenti di ricorrenti episodi di cistite, attestati da almeno una coltura urinaria positiva nei 6 mesi precedenti il loro reclutamento. Scopo della ricerca era verificare se l’assunzione di un nuovo supplemento dietetico contenente mirtillo rosso americano (Vaccinium macrocarpon) titolato al 80% in proantocianidine (90 mg/cpr), Noxamicina® (un composto di bioflavonoidi selezionati estratti dalla propoli, 50 mg/cpr) e D-mannosio (monosaccaride esoso destrogiro, estratto dal legno di larice e betulla, 500 mg (cpr), potesse essere efficace nel trattamento della cistite, in presenza/assenza di batteriuria, attraverso l’eliminazione della sintomatologia urinaria. I soggetti sono stati assegnati in modalità random a 2 gruppi: al gruppo-A, sono state assegnate 100 donne, che hanno assunto una bustina di integratore al giorno durante i primi 10 giorni di ogni mese, per 3 mesi; nel gruppo B, sono confluite 50 donne, che non hanno ricevuto nessun trattamento (gruppo di controllo). I risultati dello studio mostrano una remissione completa della sintomatologia urinaria in 92 donne/100 e una lieve diminuzione dei sintomi urinari in 5 soggetti/100, mentre 3 donne, che avevano interrotto il trattamento dopo il primo ciclo, sono state considerate ritirate. Lo studio ha dimostrato l’efficacia e la tollerabilità dell’associazione nel trattamento e nella prevenzione dei disturbi urinari in donne in peri-/post-menopausa (6).

Microalghe e morbo di Alzheimer

Da anni la ricerca è orientata alla scoperta di nuovi principi attivi dotati di potenziale neuroprotettivo e pochi, o poco importanti, effetti collaterali rispetto ai farmaci di sintesi. L’impegno della ricerca nella cura/controllo di gravi patologie neurodegenerative, accomunate da un processo cronico e selettivo di morte neuronale (Parkinson, Alzheimer, corea di Huntington, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, ecc.), non ha sortito finora i risultati sperati. Anche il mondo della ricerca sugli integratori alimentari di origine naturale ha dato il suo contributo in questo settore della scienza medica. Una recentissima review (7) fornisce un panorama completo e aggiornato dell’attuale stato dell’arte riguardo le potenzialità di estratti e composti biologicamente attivi, derivati dalla biomassa di microalghe, per la gestione del morbo di Alzheimer (MA). Le microalghe sono tra gli esseri viventi più antichi. La loro fotosintesi è simile a quella delle piante superiori, ma esse sono, generalmente, più efficienti nel convertire l’energia solare. Producono una vasta gamma di molecole interessanti, dai trigliceridi per la produzione di biodiesel, a molecole con azione nutraceutica. Inoltre, possono essere ingegnerizzate per produrre farmaci. L’elevata produttività, la crescita in terreni di coltura sterili, i costi decrescenti di produzione, la domanda crescente per alcune di queste molecole, rendono le microalghe molto interessanti per applicazioni nel campo della chimica fine, della nutraceutica e della produzione di farmaci. Recentemente, la ricerca sulle microalghe è balzata agli onori della cronaca grazie al contributo dato alla produzione di carburanti rinnovabili e alla capacità delle cellule algali di produrre vari metaboliti secondari, come carotenoidi, polifenoli, steroli, acidi grassi poli-insaturi e polisaccaridi. Questi composti hanno varie attività farmacologiche, oltre a esser dotati di un potenziale neuroprotettivo. Complessi sono i meccanismi coinvolti nella patogenesi del MA, associati allo stress ossidativo, alla disfunzione del sistema colinergico, al danno neuronale, al misfolding delle proteine e all’aggregazione di proteine in complessi insolubili. Nella review sono trattate ampiamente attività antiossidanti e anticolinesterasiche, gli effetti inibitori di alcuni composti bioattivi ottenuti dagli estratti di microalghe sull’aggregazione del peptide β-amiloide (il principale costituente delle placche amiloidi) e la morte neuronale. Composti fitochimici ottenuti dalle microalghe sono usati come farmaci, nutraceutici e integratori alimentari e potrebbero essere dotati di potenziali neuroprotettivi importanti per la gestione e/o il trattamento del MA (7).

Olio di Rosa mosqueta nella steatosi epatica

Schermata 2017-10-31 alle 12.27.17La steatosi epatica, patologia cellulare legata all’accumulo di trigliceridi (steatosi) negli epatociti, è un processo degenerativo che può comportare una serie di gravi danni fino alla necrosi del parenchima epatico e all’insufficienza epatica. Ci sono evidenze scientifiche che la somministrazione di olio di Rosa mosqueta (RM) (Fig.3) prevenga la steatosi epatica. L’olio di questa rosa selvatica è ricco di acido α-linolenico (ALA), precursore degli acidi eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), mentre l’elevato contenuto in tocoferoli gli conferisce una forte attività antiossidante. Allo scopo di dimostrare il meccanismo antilipogenico indotto dalla somministrazione di olio di RM, in un modello murino alimentato con dieta ad alto contenuto di grassi, è stato fatto uno studio di valutazione dei marker associati alla regolazione del metabolismo delle lipid droplet protein (Plin2 (adipose differentiation-related protein), Plin5 (myocardial lipid droplet protein) e PPAR-γ (peroxisome proliferator-activated receptor gamma)) e delle proteine associate alla lipogenesi: fatty acid synthetase (FAS) e sterol regulatory element binding protein-1c (SREBP-1c). I topi sono stati alimentati, per 12 settimane, con dieta di controllo (CON) o con dieta a elevato contenuto di grassi (HFD), con e senza supplementazione di olio di RM (4 gruppi sperimentali). I risultati dimostrano che l’integrazione di olio di RM diminuisce l’espressione epatica dell’mRNA di PLIN2 e PPAR-γ e i livelli delle proteine SREBP-1c, FAS e PLIN2, mentre non indicano cambiamenti dei livelli di PLIN5 nei 4 gruppi di topi. Questi risultati permettono di ipotizzare che la modulazione dei marker lipogenici potrebbe essere uno dei meccanismi attraverso i quali l’integrazione con olio di RM previene, in un modello murino, la steatosi epatica indotta dal consumo di una dieta ricca di grassi (8).

Quercetina e conversione di acido alfa-linolenico

È ormai ampiamente dimostrato che l’assunzione con la dieta di acidi grassi poli-insaturi a catena lunga omega-3 (n-3 PUFA) – eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA) – ha effetti benefici per il sistema cardiovascolare. Meno chiaro è invece il contributo alla quota di EPA e DHA derivante dalla conversione del precursore, acido alfa-linolenico. L’efficienza della conversione sembra essere molto bassa, tuttavia studi epidemiologici e in modelli animali suggeriscono che l’assunzione contemporanea di flavonoidi possa aumentare la conversione di acido α-linolenico (ALA, catena di 18 C) negli acidi grassi a catena più lunga EPA (catena di 20 C) e DHA (catena di 22 C). In un trial clinico in uomini e donne metabolicamente sani (9) sono stati valutati gli effetti dell’assunzione controllata di ALA con la dieta (3,3 g/giorno, circa 2-3 volte l’apporto medio con una dieta di tipo occidentale), sulla composizione in acidi grassi dei fosfolipidi serici e degli eritrociti, e verificato l’effetto della regolare assunzione di quercetina (una capsula da 190 mg/giorno) sulla conversione di ALA. Lo studio, in doppio cieco, controllato con placebo, cross-over, con periodi di intervento di 8 settimane, separati da un wash-out di 8 settimane, ha arruolato 74 uomini e donne, randomizzati in modo da ricevere ALA+quercetina o ALA+placebo. Sette soggetti hanno abbandonato lo studio per ragioni personali. L’analisi dei dati ha riguardato i risultati ottenuti nei 67 soggetti (34 uomini e 33 donne) che hanno terminato lo studio.
L’assunzione di acido alfa-linolenico è risultata in un significativo aumento dei livelli sia dello stesso acido alfa-linolenico, sia di EPA, ma non di DHA, misurati nei globuli rossi e nei fosfolipidi serici (ALA: +69,3%, EPA: +37,3%). L’aggiunta di quercetina non ha influenzato in alcun modo la conversione dell’alfa-linolenico negli omega-3 a più lunga catena (ALA: +55,8%, EPA: +25,5%).
Non sono state registrate differenze imputabili al sesso nella composizione degli acidi grassi. In conclusione, lo studio conferma che un’adeguata assunzione di acido alfa-linolenico con la dieta è sufficiente per soddisfare il fabbisogno di questo acido grasso polinsaturo essenziale e contribuisce ai livelli endogeni di EPA, ma non di DHA. L’assenza di effetti attribuibili alla quercetina e i bassi livelli del flavonoide determinati nel plasma dei soggetti in studio ha portato gli autori a sottolineare la limitata biodisponibilità di questi composti (9).

Omega-3 e funzione cognitiva nell’adulto anziano con declino cognitivo

Non sono disponibili in letteratura trial clinici di larga scala per valutare l’efficacia di una terapia per la prevenzione del declino cognitivo, basata sulla combinazione di un composto specifico, con vari interventi (multidominio) sullo stile di vita, in confronto al placebo. Per cercare di colmare questa lacuna, è stato testato l’effetto, sul declino cognitivo, della supplementazione della dieta con acidi grassi poli-insaturi omega-3 associati o meno a un intervento multidominio (attività fisica, training cognitivo, indicazioni nutrizionali), in confronto con placebo (10). Il Multidomain Alzheimer Preventive Trial (NCT00672685) è un trial clinico di superiorità, della durata di 3 anni, randomizzato, controllato con placebo, multicentrico (ha coinvolto 13 centri in Francia e a Monaco), con 4 gruppi paralleli. I partecipanti (n=1680, assegnati in modalità random tra il 30/3/2008 e il 24/2/2011) non erano affetti da demenza, avevano 70 o più anni, erano ospitati in comunità e avevano denunciato spontaneamente, ai medici curanti, disturbi della memoria e limiti/impedimenti nel portare a termine un’attività fondamentale della vita quotidiana, oltre ad avere un’andatura rallentata. I pazienti sono stati assegnati, in modo casuale (1:1:1:1) ai gruppi sperimentali. Gruppo 1: intervento multidominio (43 sessioni di gruppo, per integrare training cognitivo, attività fisica, alimentazione e 3 visite preventive) + acidi grassi poli-insaturi omega-3 (2 capsule/giorno pari a una dose giornaliera totale di 800 mg di acido docosaesaneoico + 225 mg di acido eicosapentaneoico); Gruppo 2: intervento multidominio + placebo; Gruppo 3: somministrazione di acidi grassi da soli; Gruppo 4: placebo somministrato da solo. Tutti i pazienti e i membri dello staff coinvolti nello studio non erano a conoscenza dell’assegnazione al Gruppo acidi grassi poli-insaturi e placebo, ma erano al corrente dell’intervento multidominio. La valutazione dei risultati cognitivi è stata effettuata da neuropsicologi non informati dei gruppi di appartenenza. Il risultato primario era il cambiamento dai valori di base ai valori dopo 36 mesi, valutato in base a uno score Z composito, che combinava 4 test cognitivi. Nella popolazione modified intention-to-treat (n=1525), non sono state rilevate differenze significative nel declino cognitivo durante i 3 anni, tra nessuno dei 3 gruppi di intervento vs il gruppo placebo. Almeno un grave evento avverso emergente è stato registrato nei partecipanti dei gruppi sperimentali: intervento multidominio + acidi grassi poli-insaturi (n=146, 36%); intervento multidominio + placebo (n=142, 34%); acidi grassi poli-insaturi (n=134, 33%) e placebo (n=133, 32%). Sono stati registrati 4 decessi correlati al trattamento: 2 nel gruppo intervento multidominio + placebo e 2 nel gruppo placebo. Gli interventi non hanno riscontrato nessun problema relativo alla sicurezza e non sono emerse differenze tra gruppi in eventi avversi seri o di altro tipo. In conclusione l’intervento multidominio e la supplementazione con acidi grassi poli-insaturi, da soli o in combinazione, non hanno fatto registrare effetti significativi sul declino cognitivo durante i 3 anni dello studio, nelle persone anziane arruolate affette da disturbi della memoria. Resta da identificare una strategia di intervento multidominio per prevenire/ritardare, il decadimento cognitivo e individuare la popolazione target, in particolare nelle situazioni della realtà quotidiana (10).

Luteina e zeaxantina nei disturbi visivi e nelle patologie cognitive

Schermata 2017-10-31 alle 12.27.36Luteina (LU) e zeaxantina (ZE) sono carotenoidi alimentari con effetti salutistici in alcuni disturbi visivi e cognitivi. La LU (Fig.4) è una xantofilla corrispondente al β-carotene, con due gruppi ossidrilici negli anelli terminali. I petali dei fiori di Tagetes erecta sono la fonte principale di LU. La ZE, xantofilla (Fig.5) isomero della luteina, si trova nel mais, nel tuorlo d’uovo, nel peperone rosso, nel mango e nell’arancia. Ambedue le xantine, presenti anche in vegetali a foglia verde scura, formano il pigmento naturale dell’occhio umano. Una review recente (11) fa il punto sulle conoscenze relative agli effetti farmacologici indotti dalla supplementazione della dieta con questi due integratori naturali. Si è ipotizzato che LU e ZE esercitino un’azione protettiva in patologie della vista, quali la degenerazione maculare senile (DMS), la cataratta senile (CS), la retinopatia indotta da ipossia ischemica, leggeri danni della retina, la retinite pigmentosa, il distacco retinico, l’uveite e la retinopatia diabetica, e nelle patologie cognitive. Il/i meccanismo/i, grazie al/i quale/i questi carotenoidi sono coinvolti nella prevenzione delle patologie oculari, può essere in qualche modo legato alle loro proprietà di filtrazione della luce blu e ad attività antiossidante locale. Oltre al loro ruolo protettivo dal danno ossidativo indotto dalla luce, evidenze sempre più numerose indicano che LU e ZE possano anche migliorare la normale funzione visiva, aumentando la sensibilità al contrasto di luce e riducendo la disabilità da abbagliamento. Valutazioni sulla supplementazione con LU e ZE indicano che assunzioni moderate di queste sostanze sono associate a un ridotto rischio di DMS e a un minore danno visivo. Questa review prende in esame le quantità più appropriate di consumo, la sicurezza dell’assunzione di LU, i relativi effetti collaterali oltre alle future linee di ricerca (11).

Bibliografia

1. Sterzi S, Giordani L, Morrone M, Lena E, Magrone G et al (2016) The efficacy and safety of a combination of glucosamine hydrochloride, chondroitin sulfate and bio-curcumin with exercise in the treatment of knee osteoarthritis: a randomized, double-blind, placebo-controlled study. Eur J Phys Rehabil Med 52:321-330
2. Macdonald-Clarke CJ, Martin BR, McCabe LD, McCabe GP, Lachcik PJ et al (2016) Bioavailability of potassium from potatoes and potassium gluconate: a randomized dose response trial. Am J Clin Nutr 104:346-353
3. Micka A, Siepelmeyer A, Holz A, Theis S, Schön C (2017) Effect of consumption of chicory inulin on bowel function in healthy subjects with constipation: a randomized, double-blind, placebo-controlled trial. Int J Food Sci Nutr 68:82-89
4. Panahi Y, Khalili N, Sahebi E, Namazi S, Karimian MS et al (2017). Antioxidant effects of curcuminoids in patients with type 2 diabetes mellitus: a randomized controlled trial. Inflammopharmacol 25:25-31
5. Jakeman SA, Henry CN, Martin BR, McCabe GP, McCabe LD et al (2016) Soluble corn fiber increases bone calcium retention in postmenopausal women in a dose-dependent manner: a randomized crossover trial. Am J Clin Nutr 104:837-843
6. De Leo V, Cappelli V, Massaro MG, Tosti C, Morgante G (2017) Evaluation of the effects of a natural dietary supplement with cranberry, Noxamicina® and D-mannose in recurrent urinary infections in perimenopausal women. Minerva Ginecol 69:336-341
7. Olasehinde TA, Olaniran AO, Okoh AI (2017) Therapeutic Potentials of Microalgae in the Treatment of Alzheimer’s Disease. Molecules 2017 22(3):pii 480
8. Dossi CG, Cadagan C, San Martín M, Espinosa A, González-Mañán D et al (2017) Effects of Rosa mosqueta oil supplementation in lipogenic markers associated with prevention of liver steatosis. Food Funct 8:832-841
9. Burak C, Wolffram S, Zur B, Langguth P, Fimmers R et al (2017) Effects of the Flavonol Quercetin and α-Linolenic Acid on N-3 PUFA Status in Metabolically Healthy Men and Women: A Randomised, Double-Blinded, Placebo-Controlled, Crossover Trial. Br J Nutr 117:698-711
10. Andrieu S, Guyonnet S, Coley N, Cantet C, Bonnefoy M et al MAPT Study Group (2017) Effect of long-term omega 3 polyunsaturated fatty acid supplementation with or without multidomain intervention on cognitive function in elderly adults with memory complaints (MAPT): a randomised, placebo-controlled trial. Lancet Neurol 16:377-389
11. Jia YP, Sun L, Yu HS, Liang LP, Li W et al (2017) The Pharmacological Effects of Lutein and Zeaxanthin on Visual Disorders and Cognition Diseases. Molecules 22 (4):pii:E610

Food Supplement Forum

L’appuntamento annuale per l’aggiornamento professionale di chi opera nel settore dei Food Supplements è rappresentato dal Food Supplement Forum in programma per il prossimo mese di ottobre.

La giornata viene organizzata da Pharma Education Center, per l’approfondimento di temi attuali. I partecipanti
avranno la possibilità di confrontarsi, nello spirito del Forum, con un panel di autorevoli esperti relatori, provenienti dal mondo delle Istituzioni, delle Associazioni, dell’Università e delle Aziende del settore.

I temi trattati saranno i seguenti:

Integratori, Prodotti per Gruppi specifici, Novel Food: aggiornamenti normativi con Sessione Q&A alle Istituzioni;

Botanicals: normativa, tradizione d’uso, dossier tecnico – Tavola rotonda con gli esperti;

Ricerca & Sviluppo di un integratore – case study;

Health Claim e comunicazione

Il seminario è rivolto a tutti coloro che sono coinvolti nelle attività di sviluppo, produzione e commercializzazione degli integratori; in particolare, sono coinvolte le figure di Direzione Affari Regolatori, Direzione Medica, Area Sviluppo-Marketing, Quality e Manufacturing.

Per informazioni

Ente Organizzatore PEC – Pharma Education Center

tel +39 055 7224076 – info@pharmaeducationcenter.it – www.foodsupplementsforum.it

Una svolta nel dibattito sull’olio di palma

Ferrero vince la battaglia legale contro Delhaize per Nutella. La Corte d’appello di Bruxelles ha dato ragione al gruppo di Alba, capovolgendo la sentenza di primo grado del 2015, ed ha ordinato al gruppo della grande distribuzione belga di cessare la campagna sulla cioccolata spalmabile certificata “senza olio di palma”, fissando un plafond di penalità di un milione di euro. Ferrero accusava la campagna della società belga di essere “menzognera, ingannevole, e denigratoria” verso Nutella.

Secondo i giudici, Delhaize facendo credere che la propria cioccolata spalmabile fosse migliore per la salute poiché priva di olio di palma, ha alterato il comportamento del consumatore.

In una lettera al quotidiano la Repubblica, Giuseppe Allocca, Presidente Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, dichiara:

…..Ritengo doveroso segnalare che nessun Istituto o Ente o Organizzazione nazionale o internazionale ha mai ritenuto di vietare l’uso dell’olio di palma o raccomandato di eliminare questo ingrediente dalla alimentazione. Lo stesso parere dell’EFSA, che peraltro si riferisce a contaminanti di processo che si formano nella lavorazione di tutti i grassi, e non al solo olio di palma afferma che “Non sono stati identificati dati rilevanti relativi alla tossicità di questo ingrediente” (pag. 92). Inoltre, la stessa EFSA sta rivedendo il suo studio alla luce delle più recenti e più rassicuranti indicazioni fornite in merito da FAO e OMS. Ad oggi la comunità medico-scientifica concorda nell’affermare che l’olio di palma può fare parte a pieno titolo della nostra alimentazione e non presenta rischi per la salute in una dieta bilanciata – come si legge peraltro dal recente parere pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition sottoscritto da 24 esperti italiani……. La sentenza sul caso Ferrero vs Delhaize, si aggiunge alla decisione dell’AGCM presa pochi mesi fa di dichiarare infondate le accuse contro le comunicazioni e la campagna a favore dell’olio di palma sostenibile promosse dall’Unione da me presieduta. In quella occasione, in particolare, erano stati ritenuti corretti i claim che citavano “la sua coltivazione sostenibile aiuta a rispettare la natura” e “non presenta rischi per la salute in una dieta bilanciata”. I due provvedimenti, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, rappresentano una vera e propria “svolta” nel dibattito in corso sull’olio di palma e, speriamo, che sempre più realtà si attivino per chiarire una volta per tutte che i prodotti con olio di palma sono a norma e, quindi, sicuri”.

Per informazioni  www.ferrero.itwww.oliodipalmasostenibile.it

Biosfered

Schermata 2017-08-29 alle 10.38.26

D. Come è nata l’idea di questo nuovo spin-off e qual è la mission di Biosfered?

Risposta: da oltre trent’anni mi occupo di estrazione, isolamento e caratterizzazione di molecole bioattive vegetali formando laureati e dottori di ricerca. Nel 2013 abbiamo partecipato e vinto il Made in Research, un’iniziativa promossa dall’Incubatore d’Impresa dell’Università degli Studi di Torino 2i3T. Abbiamo partecipato alla Start Cup del Piemonte e Valle d’Aosta (classificandoci al terzo posto) e poi al Premio Nazionale dell’Innovazione (accedendo alla finale fra le quattro migliori idee innovative in campo Cleantech). Nel 2013 abbiamo fondato Biosfered Srl. La mission è produrre estratti da piante medicinali con un elevato livello qualitativo e di standardizzare i principi bioattivi supportandoli con studi clinici e pilota. La nostra filosofia è espressamente Cleantech (Biosferd è socio del Cluster Tecnologico Nazionale della “Chimica Verde” SPRING http://www.clusterspring.it/).

D. Quali tipi di estratti produce Biosfered?

Risposta: per le proprietà analgesiche estraiamo i furanodieni bioattivi dalle gommoresine di mirra (Commiphora myrrha) (1) e dalle gommoresine di Boswellia serrata e B. sacra (syn B. carteri) estraiamo sia gli acidi boswellici (AKBA) che i cembreni (serratolo e incensolo) (2). Ma il nostro prodotto di punta è un estratto di cramberry (Vaccinium macrocarpon) che vanta il più alto contenuto al mondo di proantocianidine dimere e trimere di tipo A (PAC-A, valutato con DMAC e LC-MS/MS) efficace nel controllo delle infezioni delle vie urinarie (3). Produciamo antiossidanti con una formula brevettata che lega le antocianine di mirtillo alle proteine di Spirulina. Infine, produciamo un estratto di pepe nero con un elevato contenuto standardizzato di β-cariofillene, un endo-cannabinoide agonista del recettore CB2.

D. Quali sono le caratteristiche degli estratti di Biosfered?

Risposta: con tecnologie innovative nel campo dell’estrazione (a temperatura ambiente) e analisi (GC-MS e LC-MS) produciamo estratti vegetali di elevata purezza, caratterizzazione e standardizzazione, indipendentemente dalla normale variabilità della materia prima di origine. Estraiamo le materie prime con etanolo (Direttiva 2009/32/CE).

L’esperienza accademica e la collaborazione costante con l’Università di Torino ci permettono di utilizzare le più avanzate tecniche per il controllo qualità delle materie prime, delle lavorazioni intermedie e dei prodotti finali e di pubblicare i risultati sulle più prestigiose riviste internazionali o di settore.

D. Qual è il mercato di riferimento e l’offerta di Biosfered?

Risposta: il mercato di riferimento è rappresentato da industrie: farmaceutica, degli integratori alimentari, alimentare, cosmetica e pet-care. L’offerta proposta si basa sulla garanzia di qualità del prodotto, con elevati gradi di purezza e un basso impatto ambientale.

D. Ci sono già molte realtà consolidate nel mercato degli estratti vegetali. Quali sono gli obiettivi che Biosfered si propone per differenziarsi e come può emergere nella competizione?

Risposta: Biosfered ha brevettato un sistema innovativo per l’estrazione e la polverizzazione a bassa temperatura che consente di mantenere le caratteristiche tipiche e naturali della materia prima senza alterarne le qualità. La ricerca universitaria, la pubblicazione su riviste scientifiche internazionali, la sperimentazione clinica, l’innovazione tecnologica nelle tecniche estrattive e la produzione di brevetti su processi e prodotti sono i punti di forza di Biosfered.

D. A quasi quattro anni dalla fondazione, quale è la capacità produttiva di Biosfered?

Risposta: oltre al centro all’avanguardia di R&D abbiamo creato una nuova unità di produzione che ci ha consentito di ampliare la nostra capacità a numerose tonnellate di prodotto/anno.

D. Biosfered è conosciuta anche all’estero?

Risposta: oltre al distributore francese Unipex, abbiamo agenti e distributori in Polonia, Sud America, Germania, Malesia, Australia e Nuova Zelanda. Biosfered è accreditata presso la FDA e uno dei nostri prodotti è registrato presso la FDA come New Dietary Ingredient.

D. Anche se si tratta di un’azienda giovane, quali sono le prospettive per il futuro?

Risposta: abbiamo una solida base scientifica e di ricerca e una capacità produttiva che intendiamo impiegare per dare forza ai nostri prodotti e infondere fiducia nei clienti che apprezzano sempre di più la qualità e la standardizzazione. Abbiamo nel “cassetto” nuove versioni migliorate di estratti di piante molto note che stiamo perfezionando e che presto metteremo sul mercato.

Bibliografia

1. Maffei M (2017) Proprietà analgesiche dei furanodieni della mirra, Commiphora myrrha (Nees) Engl. Studio pilota con MyrLiq®, un estratto di mirra ad elevato contenuto di furanodieni. L’Integratore Nutrizionale 20(3) 16-23

2. Maffei M (2017) BosLiq®-AKBA e BosLiq®-BA. Estratti di Boswellia sacra e Boswellia serrata con un alto contenuto di acidi boswellici e diterpeni. L’Integratore Nutrizionale 20(1):87-89

3. Maffei M (2016) Oximacro®, a natural cranberry extract with a very high content of proanthocyanidin A. Prevention of urinary tract infections and antiviral activity. Nutrafoods 15:N1-N4

Schermata 2017-08-29 alle 10.38.10

Schermata 2017-08-29 alle 10.38.42

α-Galattoligosaccaridi di origine vegetale

Riassunto
Gli α-Galattoligosaccaridi (α-GOS) sono una fibra solubile innovativa ottenuta dai piselli, costituita da unità saccaridiche connesse da legami α e che si differenzia dai GOS tradizionali per l’origine vegetale e per l’assenza di allergeni del latte. Questo ingrediente, il cui processo di produzione è brevettato, è stato valutato in studi pre-clinici e clinici sia per il potenziale bifidogenico, sia per un altro effetto salutistico, ovvero la capacità di indurre sensazione di sazietà attraverso meccanismi diversi da quelli caratteristici delle fibre insolubili. Il quadro emergente è di un prodotto sicuro, dal chiaro carattere prebiotico e con interessanti prospettive nell’ambito del controllo dell’appetito e del weight management.

Introduzione
I galattoligosaccaridi (GOS) sono oligosaccaridi (polisaccaridi a corta catena) costituiti da unità di glucosio e galattosio, solitamente caratteristici del latte e da cui vengono anche usualmente ottenuti per produzione industriale. In ambito nutraceutico appartengono alla categoria delle fibre solubili ovvero fibre che, al contrario delle comuni fibre alimentari, è possibile sciogliere completamente in acqua. I GOS non vengono degradati dagli enzimi digestivi dell’intestino e giungono indigeriti nel colon dove vengono fermentati dal microbiota residente, principalmente dalla popolazione di bifidobatteri, che li utilizza come fonte di carbonio.
Attraverso questa funzione bifidogenica i GOS svolgono un’attività prebiotica e trofica della flora batterica residente, promuovendone uno stato normale, incrementando la massa fecale e stimolando quindi la regolare funzione intestinale (1).
Recentemente è stata sviluppata una versione innovativa di GOS: tale versione consiste nei cosiddetti α-GOS ed è costituita da galattoligosaccaridi a 2, 3 e 4 unità (un glucosio legato a 1, 2 o 3 molecole di galattosio, rispettivamente denominati melibiosio, manninotriosio e verbascotetraosio) in cui le unità costitutive sono connesse tra loro da legami di tipo alfa-glicosidico. Gli α-GOS sono ottenuti mediante un processo brevettato da una fonte interamente vegetale, ovvero i comuni piselli di campo (Pisum sativum L.), dall’azienda francese Olygose, e distribuiti in Italia da C.F.M. Co. Farmaceutica Milanese. Gli α-GOS rappresentano quindi un’alternativa vegetale ai comuni GOS largamente diffusi sul mercato, vantando assenza di allergeni e possibilità di essere consumati anche dalla popolazione vegana. Con i GOS tradizionali, gli α-galattoligosaccaridi condividono invece l’ottima solubilità in acqua, l’indigeribilità da parte dell’intestino umano e quindi la fermentabilità da parte del microbiota intestinale e la funzione bifidogenica; come la versione di origine lattica possono quindi essere utilizzati come fibra solubile in un’ampia gamma di formulazioni prebiotiche e simbiotiche.
Oltre a dette caratteristiche, vi sono evidenze che le fibre solubili, analogamente a quelle insolubili, siano in grado di influire sul senso di sazietà e di conseguenza sull’introito calorico; un tale effetto si configura potenzialmente come un importante contributo nel controllo del peso corporeo in un contesto di penetrazione sempre più diffusa dell’obesità, sia nei paesi sviluppati sia in paesi in via di sviluppo.
Diversamente dalle fibre insolubili, che concorrono ad un aumento della sensazione di sazietà attraverso diversi meccanismi, quali una ridotta densità energetica degli alimenti che le contengono, una maggiore necessità di masticazione e una maggiore distensione gastrica e attraverso un prolungamento del tempo di svuotamento dello stomaco, l’interazione tra fibre solubili e senso dell’appetito non sarebbe spiegabile allo stesso modo, bensì sarebbe mediato dall’azione del microbiota intestinale. Recentemente si sta investigando la relazione tra la flora intestinale e l’obesità; in particolare la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA) sembra poter influenzare la secrezione di ormoni peptidici da parte dell’apparato gastrointestinale (2), responsabili poi della regolazione dell’appetito.
Nella presente pubblicazione vengono quindi valutati il potenziale bifidogenico, l’interazione con il microbiota e i possibili effetti di moderazione dell’appetito degli α-galattoligosaccaridi, sia in esperimenti pre-clinici in vitro e in modelli animali, sia in test nell’uomo per somministrazione di α-GOS* come integratore alimentare a soggetti volontari.

Materiali e metodi
Studi pre-clinici
Gli esperimenti di coincubazione con fibre prebiotiche sono stati effettuati aggiungendo le diverse fibre a microbiota fecale umano (di soggetti adulti, obesi e magri in tre ripetizioni o di neonati, in 6 ripetizioni) ad una concentrazione di 4mg/mL per un tempo di coltura di 24 ore. Il DNA batterico è stato isolato ed estratto attraverso un kit commerciale di purificazione (AGOWA mag Mini DNA Isolation Kit AGOWA, LGC genomics, Germany) e successivamente sottoposto ad amplificazione per qPCR e sequenziamento per quantificare e identificare la popolazione microbica. Il medium di co-incubazione è stato anche sottoposto ad analisi HPLC per l’identificazione e la quantificazione di acidi grassi a corta catena (SCFA, acetato, propionato, butirrato, isobutirrato). I campioni di microbiota infantile sono anche stati sottoposti a spiking con Clostridium difficile per valutare un eventuale effetto inibitorio sul batterio da parte delle fibre prebiotiche: clostridio e fibre/controllo sono stati co-incubati con il microbiota fecale per 24 ore (6 ripetizioni per ciascuna condizione) e al termine dell’incubazione le copie di genoma batterico del clostridio sono state enumerate, sempre mediante tecnica qPCR.
La sicurezza e il potenziale bifidogenico degli α-GOS sono stati confermati in un test in vivo condotto in maialini da latte, un modello animale utilizzato per la valutazione di alimenti nella popolazione neonatale: a 2 gruppi da 12 animali pre-svezzamento è stata somministrata quotidianamente una formula contenente 8 g/L di α-GOS o un controllo. Il trattamento, condotto in condizioni di stabulazione controllate, ha avuto una durata di 3 settimane a partire dal momento in cui gli animali hanno raggiunto 1,5 kg di peso. Durante il periodo di trattamento gli animali sono stati monitorati per crescita, consumo di cibo, mortalità e segnali clinici anormali. Alla fine del trattamento è stata valutata la popolazione microbica fecale, misurando attraverso qPCR il contenuto di bifidobatteri e lattobacilli in campioni di feci e le eventuali differenze tra popolazione trattata e di controllo. Gli animali sono stati infine sacrificati e il sangue e i tessuti raccolti e valutati per eventuali anomalie cliniche.

Studi clinici
La caratterizzazione della popolazione di bifidobatteri fecali nello studio nell’uomo è stata effettuata come descritto altrove (3). In breve è stato prima estratto il DNA batterico attraverso kit commerciale (Stool Mini Kit, Qiagen) a seguito di preparazione chimica e meccanica dei campioni; la quantificazione è stata effettuata mediante PCR real-time quantitativa, attraverso l’uso di primer specifici per il genus dei Bifidi.
Per lo studio sulla relazione tra assunzione di α-GOS e appetito, 88 volontari in lieve sovrappeso sono stati divisi in 4 gruppi. Ciascun gruppo ha ricevuto due volte al giorno per due settimane una bevanda non zuccherata contenente un placebo o 3, 6 o 9 g di α-GOS disciolti, per un totale di 6, 12 o 18 g/die.
L’endpoint primario dello studio è stata la valutazione dell’appetito sulla base di 5 parametri: fame, sensazione di pienezza, sazietà, consumo potenziale e desiderio di mangiare. Le sensazioni sono state valutate e confrontate tra loro attraverso scale VAS (Visual Analog Scales) nel contesto di due momenti di test distinti, al giorno 0 e alla fine del periodo di somministrazione al giorno 15. Ciascun test della durata complessiva di 480 minuti ha previsto la valutazione di ciascuna sensazione ogni 60 minuti; al t0 e al t=240 minuti sono stati consumati rispettivamente una colazione e un pasto standard. La curva di percezione nel tempo di ciascuna sensazione è stata quantificata calcolandone l’Area sotto la Curva (AUC); l’area della curva al giorno 0 è stata poi confrontata con quella al giorno 15 per valutare l’impatto sull’appetito del trattamento di 15 giorni con α-GOS. L’introito di cibo e calorie è stato calcolato conteggiando con precisione il cibo effettivamente assunto nel pasto standard di ciascuno dei due giorni di test.
Per la valutazione dei livelli di lipopolisaccaride (LPS) plasmatico, è stato condotto un prelievo sanguigno a digiuno al giorno 0 e 15 in provette apirogene con EDTA; dopo la conservazione a -70°C la misura è stata effettuata con kit cromogenico Limulus Amebocyte Lysate HIT302 (Hycult).

Risultati
Studi pre-clinici
La quantificazione (espressa in copie di DNA/g misurate attraverso PCR quantitativa) dei bifidobatteri nel microbiota di neonati (ottenuto da campioni fecali) incubato con α-GOS, beta-GOS, 2-fucosil-lattosio, inulina e con un controllo negativo (Fig.1), ha evidenziato per incubazione con α-GOS un incremento rispetto al trattamento con il controllo e livelli paragonabili con quelli ottenuti con beta-GOS, fibra prebiotica comunemente utilizzata. È anche interessante osservare che il potenziale bifidogenico e l’incremento dell’abbondanza relativa dei bifidi, ascrivibile al trattamento con α-GOS e altri prebiotici, ha anche provocato un’inibizione della crescita di C. difficile (noto agente causativo di fenomeni diarroici soprattutto nei neonati) quando co-incubato nelle stesse colture in vitro. Simili esperimenti sono stati condotti co-incubando microbiota ottenuto da campioni fecali di soggetti adulti, sia magri che obesi (dati non mostrati); in questo esperimento si è osservato un comparabile incremento di circa due logaritmi della conta di bifidi ad opera di α-GOS e beta-GOS (circa 106 copie DNA/mL) rispetto al controllo (circa 104 copie DNA/mL). Inoltre la misurazione cromatografica dei livelli di acidi grassi a catena corta negli stessi campioni di feci precedentemente co-incubate con diversi tipi di fibre alimentari ha mostrato che acetato e butirrato erano quelli alle concentrazioni mediamente più elevate. Sia in soggetti magri che in soggetti obesi l’incubazione con α-GOS ha sempre determinato un incremento significativo di acetato e butirrato rispetto al controllo non incubato, evidenziando effetti paragonabili a quelli ottenuti con un oligosaccaride di riferimento come beta-GOS.

Schermata 2017-07-31 alle 15.10.52
Gli α-GOS sono stati anche valutati in un test in vivo in maialini da latte pre-svezzamento. Gli endpoint principali dello studio sono stati l’esame della sicurezza del trattamento per gli animali, ovvero eventuali differenze in termini di crescita e di incidenza di fenomeni clinici anomali tra animali trattati e non, e la valutazione del potenziale bifidogenico e l’effetto sull’apparato gastrointestinale. Il consumo di α-GOS con formula non ha provocato differenze significative nel peso corporeo e nel tasso di aumento dello stesso e nell’assunzione di cibo rispetto al controllo; anche la feed efficiency, ovvero la misura dell’efficienza in accrescimento dell’animale in base alla quantità di cibo consumato, è risultata paragonabile (16% per α-GOS contro 15,1% controllo, differenza non significativa). È stato riportato un numero superiore di casi di diarrea in animali alimentati con formula addizionata (11 contro 3, nelle tre settimane), ma la maggior parte dei casi si è verificata nella prima settimana. In Figura 2 si può osservare come il trattamento con α-GOS abbia incrementato significativamente la popolazione di bifidi rispetto al controllo, a fronte di un sostanziale bilanciamento dei gruppi al t0, mentre non vi è stato effetto sulla frazione di lattobacilli. Si è anche osservato un incremento significativo del microbiota totale nei trattati rispetto al controllo, oltre ad un pH inferiore, un peso superiore del cieco-colon e un livello più elevato di acetato e propionato nel colon (dati non mostrati).

Schermata 2017-07-31 alle 15.11.00

Studi clinici
L’effetto bifidogenico degli α-GOS è stato anche valutato nell’uomo: un primo test è stato condotto su un totale di 88 soggetti, volto a rilevare eventuali differenze tra oligosaccaridi a crescente grado di polimerizzazione (2, 3 o 4 unità saccaridiche) in relazione all’effetto sull’organismo. Dopo due settimane di somministrazione quotidiana di 12 g di ciascun tipo di fibra, tutte e tre le formulazioni hanno provocato nei soggetti un incremento significativo della conta di bifidobatteri fecali rispetto al t0 (circa +8,5%), al contrario del ramo del placebo che è risultato indistinguibile (differenza significativa tra ramo placebo e ciascuno dei tre trattamenti a t=15d, p<0,05). Le tre formulazioni non hanno invece evidenziato differenze significative tra loro; le quattro coorti dello studio non erano distinguibili al t0. Al contrario di quanto osservato nella popolazione di bifidobatteri, la conta complessiva batterica fecale non ha mostrato differenze al termine dello studio. Si segnala che anche al termine di un altro studio interventistico nell’uomo, condotto per somministrazione di α-GOS (12 g/die) o di un placebo ad un totale di 98 persone per 4 settimane, si è osservato un arricchimento significativo della popolazione di bifidi del microbiota.

Schermata 2017-07-31 alle 15.11.41
In una diversa valutazione clinica, anch’essa condotta su 88 soggetti divisi in quattro rami, un placebo e tre dosi crescenti di α-GOS (dose giornaliera di 6, 12 o 18 g disciolti in una bevanda non zuccherata in due somministrazioni) sono state somministrate a volontari sani, questa volta con lo scopo di valutare l’impatto di questa fibra prebiotica solubile sull’appetito. La misura è stata fatta confrontando i dati al t0 e al t=15d dopo due settimane di somministrazione, come valutazione di 5 differenti sensazioni secondo una scala VAS (Visual Analogue Scale). La Figura 3 mostra la differenza tra t0 e t= 15d della misura delle 5 sensazioni in un arco temporale di 480 minuti (area sotto la curva); è possibile osservare come il placebo non abbia mai prodotto differenze mentre, al contrario, per i soggetti che sono strati integrati con α-GOS si sono rilevati aumenti significativi delle sensazioni di sazietà e pienezza e delle riduzioni significative delle sensazioni di fame, consumo potenziale e desiderio di mangiare; per le variazioni rilevate si è anche osservato un interessante trend dose/risposta, ove il dosaggio ottimale appare essere rappresentato da 12 g/die.

In Figura 4 è illustrato come l’assunzione per due settimane di α-GOS possa anche essere correlata con una riduzione della quantità di cibo e di calorie assunti durante un pasto test. La figura mostra il delta di introito di diversi alimenti e calorie tra due pasti standard consumati a t0 e t=15d; ancora una volta il controllo con placebo non risulta influenzato positivamente, mentre il trattamento con prebiotico mostra una riduzione significativa di assunzione di alcuni nutrienti e calorie, con un interessante trend dose/risposta.
Nello stesso studio è stato misurato anche il lipopolisaccaride (LPS) plasmatico, un’endotossina indicatrice di uno stato infiammatorio sistemico. In accordo con altri studi in merito al ruolo modulatorio dell’infiammazione da parte dei prebiotici (4,5), il trattamento per due settimane con α-GOS ha comportato una riduzione significativa dei livelli di LPS plasmatico, con un effetto più marcato alle dosi più elevate (approssimativamente -50% tra controllo e trattamento con 12 g/die, dati non mostrati) mentre i gruppi non differivano significativamente alla baseline.

Schermata 2017-07-31 alle 15.11.54
Discussione e Conclusioni

Le fibre sono un alimento importante nel contesto di una corretta alimentazione per l’uomo; le fibre insolubili contribuiscono a incrementare la massa fecale e a regolarizzare l’alvo, ma un ruolo importante è riconosciuto anche alle fibre solubili, che si distinguono per la loro attività prebiotica, ovvero di sostegno della crescita del microbiota residente nell’intestino. Un corretto apporto di prebiotici è necessario e benefico negli adulti ed è anche pratica comune nei neonati, in particolare come complemento in caso di alimentazione con formule artificiali, per simulare gli oligosaccaridi naturalmente presenti nel latte materno. Gli α-GOS sono una fibra alimentare innovativa, recentemente ottenuta attraverso un procedimento produttivo brevettato; rappresentano un’alternativa ai comuni GOS (beta-GOS) ottenuti a partire dal latte e offrono il vantaggio di avere origine vegetale poiché ottenuti dai piselli per separazione dal cosiddetto pea-whey, la componente da cui è anche estratta la frazione proteica per altre applicazioni nutraceutiche.
Diversi esperimenti in vitro sono stati dedicati alla valutazione del potenziale di stimolazione della flora microbica, in particolare del genere Bifidobacterium, da parte degli α-GOS; i test sono stati condotti su microbiota ottenuto da campioni fecali sia di adulti che di neonati, co-incubando la flora batterica con diverse fibre prebiotiche ed in entrambi i casi si è osservata una stimolazione significativa del pool di bifidi, in termini paragonabili o superiori all’effetto ottenuto con altre fibre solubili, in particolare con beta-GOS tradizionali. Si riscontra quindi che i bifidobatteri sono in grado di fermentare gli α-GOS e questo è stato anche confermato nello studio con microbiota di adulti, monitorando i livelli di produzione degli acidi grassi a corta catena (SCFA), principali by-products degli eventi fermentativi e considerati molecole importanti anche per il benessere dell’apparato gastrointestinale, del sistema immunitario e dell’organismo nel suo complesso (6,7). Nello studio in vitro condotto su microbiota di neonati si è anche riscontrato un interessante effetto di inibizione della crescita del clostridio dopo spiking dello stesso nella co-coltura, probabilmente per competizione con le specie microbiche benefiche.
Lo studio in maialini da latte pre-svezzamento, volto a confermare la sicurezza degli α-GOS anche in un modello animale che simula l’utilizzo dei nutrienti nella sotto-popolazione umana dei neonati, ha offerto un quadro di sostanziale efficacia e sicurezza in tre contesti importanti: gli animali sono andati incontro ad uno sviluppo del tutto paragonabile a quello degli animali di controllo, alimentandosi adeguatamente; non si sono osservati eventi clinici di rilievo, né una maggiore incidenza di eventi avversi che destassero preoccupazione; è stato confermato il ruolo di stimolazione della sotto-popolazione di bifidi dell’intestino, per analisi del microbiota fecale. I dati preclinici evidenziano quindi per gli α-GOS un potenziale benefico, che posiziona questa fibra solubile prebiotica innovativa ad un livello comparabile con la controparte tradizionale di origine lattica, aprendo le porte per un utilizzo come agente prebiotico, sia in integrazione per adulti, sia come complemento in formule infant. Anche lo studio condotto nell’uomo ha permesso di riscontrare un significativo effetto bifidogenico come conseguenza della somministrazione di α-GOS come integrazione della dieta quotidiana. L’endpoint principale dello studio era tuttavia l’investigazione di un altro possibile effetto, ovvero la regolazione dell’appetito, coerentemente con simili evidenze disponibili in letteratura (8): la somministrazione per due settimane di fibre solubili α-GOS ha permesso di osservare una riduzione dell’appetito secondo una relazione dose risposta, oltre ad una diminuzione dell’introito calorico e di alimenti in corrispondenza di un pasto standard. La regolazione dell’appetito da parte di alimenti specifici, qui misurata valutando 5 distinte sensazioni secondo una metodologia largamente utilizzata, potrebbe rappresentare un interessante approccio anche per aumentare la probabilità di ottenere risultati positivi nel contesto di programmi di riduzione controllata del peso. Il meccanismo proposto per questo effetto è che sia l’interazione tra flora intestinale e tessuti, mediata in particolare dai metaboliti fermentativi batterici quali gli acidi grassi a corta catena (SCFA), a influire sull’appetito, modulando la secrezione di peptidi ormonali come grelina (oressigenico) e GLP-1/PYY (anoressizzanti) da parte dell’apparato gastrointestinale (9). Inoltre la riduzione dell’infiammazione sistemica rappresenta un potenziale beneficio rilevante per l’organismo, anche in relazione alla nutrizione e alle problematiche correlate (es. sindrome metabolica); quanto osservato nello studio, ovvero una diminuzione significativa dell’endotossina sistemica plasmatica LPS, può essere un ulteriore risultato indirettamente riconducibile al ruolo del microbiota attraverso la normalizzazione dell’effetto barriera promosso e supportato da un migliore stato di salute della flora microbica intestinale.
Sempre in relazione al potenziale salutistico degli α-GOS, l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare EFSA ha approvato due rivendicazioni che riguardano i GOS: (i) contribuiscono alla corretta mineralizzazione dei denti e (ii) utilizzati in alimenti in sostituzione di carboidrati digeribili, contribuiscono ad una riduzione della glicemia post-prandiale, rispetto al consumo di alimenti contenenti zucchero. Gli α-GOS, in quanto galactoligosaccaridi non digeribili, possono vantare le stesse rivendicazioni, come concluso da specifiche opinoni di EFSA dedicate all’argomento (10,11). In conclusione, grazie al potere bifidogenico e al potenziale di regolazione dell’appetito, entrambi effetti documentati dai dati scientifici presentati, gli α-galattoligosaccaridi rappresentano un’interessante nuova frontiera nel campo dell’integrazione con fibre prebiotiche solubili.

Bibliografia
1. Niittynen L, Kajander K, Korpela R (2007) Galacto-oligosaccharides and bowel function. Scand J Food Nutr 51:62–66
2. Tolhurst G, Heffron H, Lam YS et al (2012) Short-chain fatty acids stimulate glucagon-like peptide-1 secretion via the G-protein-coupled receptor FFAR2. Diabetes 61:364-371
3. Fança-Berthon P, Hoebler C, Mouzet E, David A, Michel C (2010) Intrauterine growth restriction not only modifies the cecocolonic microbiota in neonatal rats but also affects its activity in young adult rats. J Pediatr Gastroenterol Nutr 51:402-413
4. Pourghassem Gargari B, Dehghan P, Aliasgharzadeh A, Asghari Jafar-Abadi M (2013) Effects of high performance inulin supplementation on glycemic control and antioxidant status in women with type 2 diabetes. Diabetes Metab J 37:140-148
5. Vulevic J, Juric A, Tzortzis G, Gibson GR (2013) A mixture of trans-galactooligosaccharides reduces markers of metabolic syndrome and modulates the fecal microbiota and immune function of overweight adults. J Nutr 143:324-331
6. Baothman OA, Zamzami MA1, Taher I et al (2016) The role of Gut Microbiota in the development of obesity and Diabetes. Lipids Health Dis 15:108
7. Boulangé CL, Neves AL, Chilloux J et al (2016) Impact of the gut microbiota on inflammation, obesity, and metabolic disease. Genome Med 8:42
8. Cani PD, Lecourt E, Dewulf EM et al (2009) Gut microbiota fermentation of prebiotics increases satietogenic and incretin gut peptide production with consequences for appetite sensation and glucose response after a meal. Am J Clin Nutr 90:1236-1243
9. Clarke G, Stilling RM, Kennedy PJ et al (2014) Minireview: Gut microbiota: the neglected endocrine organ. Mol Endocrinol 28:1221-1238
10. EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies (2014) Scientific Opinion on the substantiation of a health claim related to AlphaGOS® and a reduction of post-prandial glycaemic responses pursuant to Article 13(5) of Regulation (EC) No 1924/2006. EFSA J 12(10):3838, 10 pp
11. EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies (2013) Scientific Opinion on the substantiation of a health claim related to “non-fermentable”carbohydrates and maintenance of tooth mineralisation by decreasing tooth demineralisation pursuant to Article 13(5) of Regulation (EC) No 1924/2006. EFSA J 11(7):3329, 13 pp


*AlphaGOS®, prodotto da Olygose e distribuito in Italia da C.F.M. Co.Farmaceutica Milanese • francesco.zerilli@cofamispa.it

CoenzimaQ10

La pelle è esposta ad agenti stressanti endogeni ed esogeni che assumono sempre più importanza con l’avanzare dell’età. Per mantenere l’omeostasi e riparare i danni subiti la cute è dipendente dalle riserve energetiche e dall’energia assunta con gli alimenti. Con l’avanzare dell’età vi è una perdita del potenziale della membrana mitocondriale e una diminuzione dell’efficienza della fosforilazione ossidativa con diminuzione della produzione di energia nel mitocondrio e aumento compensatorio della produzione di energia tramite vie alternative come la glicolisi. La difficoltà di mantenere nel tempo un ottimale livello energetico cellulare è dovuto anche alla complessa procedura di codifica, trasporto e assemblaggio in differenti comparti cellulari dei complessi proteici della catena di trasporto elettronica. Inoltre i cheratinociti, diversamente dalle altre cellule cutanee come i fibroblasti, i melanociti e le cellule di Langerhans, hanno la stragrande maggioranza dei mitocondri con una marcata riduzione della membrana interna. Questa osservazione assieme a quella che i cheratinociti in coltura producano grandi quantità di lattato ha fatto supporre che nell’età avanzata possano produrre energia quasi esclusivamente per via anaerobica. L’energia cellulare disponibile diminuisce così con l’età, risultando in accelerato invecchiamento.

Interrompere questo circolo vizioso con principi attivi come il Coenzima Q10 (CoQ10) può non solo rallentare ma anche invertire il processo di invecchiamento.

Il CoQ10, i cui livelli nella cute diminuiscono con l’età, inverte il cronoaging agendo come antiossidante, sia direttamente come scavenger sulle specie reattive dell’ossigeno, che indirettamente rigenerando la vitamina E, mantendo i livelli energetici cellulari con il suo importante ruolo nella catena elettronica mitocondriale e regolando l’espressione genica, diminuendo l’infiammazione, aumentando il tasso di divisione cellulare e la sintesi di acido ialuronico, collagene IV ed elastina. Già nel 1999 uno studio (1) aveva dimostrato che l’applicazione topica per 3 mesi di CoQ10 in soggetti anziani riduceva le rughe perioculari.

Un risultato simile (2) si era raggiunto nel 2004 con l’assunzione per via orale di CoQ10 alle dosi di 60 mg per 3 mesi. Da allora il CoQ10 è entrato sempre più nella formulazione di integratori e cosmetici per contrastare gli effetti dell’invecchiamento, ma i dati disponibili sull’efficacia della sua assunzione orale sono ancora insufficienti.

Uno studio recente dell’Università di Lubiana prova a far luce sulla questione (3).

In uno studio randomizzato, in doppio cieco contro placebo sono state arruolate 33 donne sane di età compresa tra i 45 e i 60 anni (età media di 52,6 anni ± 4,2) con segni di aging e fotoaging cutaneo e fototipo II e III secondo la classificazione di Fitzpatrick. Le partecipanti nei sei mesi precedenti lo studio non dovevano nè aver assunto supplementi dietetici, nè essere state sottoposte a trattamenti di medicina estetica di alcun tipo. Le volontarie sono state divise in tre gruppi di 11 soggetti ai quali per 12 settimane è stato prescritto 5 mL/die di sciroppo contenente rispettivamente: il placebo, 50 mg (gruppo LD) e 150 mg (gruppo HD) di una formulazione idrosolubile di CoQ10 (CoQ10Vital®) ad alta biodisponibilità. I controlli sulle partecipanti sono stati effettuati all’inizio dello studio, a 6 e a 12 settimane. Si sono valutati i parametri cutanei di superficie (viscoelasticità e idratazione), lo spessore e la densità del derma, la MED (dose minima eritemigena), mentre le rughe del viso sono state classificate secondo la scala di Lemperle. Le immagini ad alta risoluzione sono state acquisite ed elaborate con il relativo software mediante il VisioFace Quick system valutando così il microrilievo e la rugosità. Solo la compattezza cutanea è stata valutata dalle partecipanti mentre gli altri parametri sono stati valutati da dermatologi esperti. Nello studio non sono stati riportati effetti collaterali di nessun genere. Per mantenere alta la compliance dei soggetti sono state evitate le procedure invasive, e non si è potuto così purtroppo valutare i tassi plasmatici del CoQ10 nei diversi soggetti e correlarli agli effetti cutanei. Nonostante studi in vitro avessero dimostrato un effetto antinfiammatorio del CoQ10 in seguito all’esposizione ai raggi UV, nello studio non sono stati riportati significativi cambiamenti della MED, dovuti probabilmente o alla limitata durata della supplementazione, o al fatto che il CoQ10, essendo sensibile agli ultravioletti, al calore e all’ossigeno, non produce un efficace effetto fotoprotettivo.

LSchermata 2017-06-28 alle 16.41.27e rughe periorbitali e il microrilievo sono migliorati (Fig. 1) allo stesso modo sia nel gruppo LD che HD, mentre le pieghe nasolabiali, le rughe degli angoli della bocca e periorali sono migliorate solo nel gruppo HD. Sarebbe stato interessante che fossero state pubblicate non solo le foto della regione periorbitale ma anche quelle della regione periorale per poter valutare i miglioramenti in una zona di fondamentale importanza, sia per l’estetica che per il make up. Un’altra limitazione dello studio che si è svolto tra novembre e gennaio, oltre al basso numero di partecipanti che come sottolineato anche dagli Autori avrebbe dovuto avere almeno 100 soggetti per gruppo, è stata la breve durata del trattamento: non si sono potuti valutare così i cambiamenti dei parametri cutanei al variare delle stagioni e non si è permesso che si esplicassero appieno gli effetti della supplementazione orale (che richiede più cicli cutanei); forse si sarebbero potuti così osservare gli effetti sulla produzione e sulla diminuita degradazione delle proteine strutturali del derma, come il collagene e l’elastina, che si sono viste in alcuni studi in vitro. Lo svolgimento dello studio nella stagione fredda ha comunque evidenziato l’effetto del CoQ10 nel limitare gli effetti negativi dei mesi invernali su parametri cutanei come l’elasticità. Non essendo stato rilevato alcun cambiamento nell’idratazione cutanea si può dedurre che l’effetto del CoQ10 si sia esplicato soprattutto a livello dermico e che la quantità escreta sulla superfice cutanea, tramite il sebo ai dosaggi utilizzati, non influisca su questo parametro. Inoltre va sottolineato che i miglioramenti sono stati notati non solo dai dermatologi esperti ma anche dalle partecipanti, nelle percentuali del 70, 36 e 18% rispettivamente nel gruppo HD, LD e placebo. È noto come l’effetto antiaging possa essere ottenuto sostenendo il metabolismo energetico cellulare non solo con il CoQ10 ma anche con la creatina. La via della creatina-fosfocreatina rende rapidamente disponibile l’ATP in caso di bisogno improvviso, come nell’ipossia e nell’anossia, e in quei casi in cui si debbano riparare i danni cellulari provocati dallo stress ossidativo. Nella cute anche i livelli di creatina come quelli di CoQ10 diminuiscono con l’età. Uno studio (4) ha mostrato infatti come l’applicazione topica di acido folico e creatina abbia migliorato i segni dell’aging cutaneo in vivo aumentando i livelli di procollagene e migliorando la densità del collagene. Nella formulazione di prodotti ad azione antiaging potrebbe essere utilizzata l’azione sinergica del CoQ10 e della creatina per mantenere i livelli energetici cutanei e contrastare i segni del cronoaging.

Bibliografia

1. Hoppe U et al (1999) Coenzyme Q10, a cutaneous antioxidant and energizer. BioFactors  9 371–378

2. Ashida Y et al (2004) Effect of coenzyme Q10 as a supplement on wrinkle reduction. Food Style 21(8) 1–4

3. Zmitek K et al (2017) The effect of dietary intake of coenzyme Q10 on skin parameters and condition: Results of a randomised, placebo-controlled, double-blind study. BioFactors 43(1) 132–140

4. Fischer F et al (2011) Folic acid and creatine improve the firmness of human skin in vivo. J Cosm Dermatol 10 15–23.

Claim nutrizionali e sulla salute

Quadro generale

In data 17 marzo 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.64 del 17-3-2017) il Decreto legislativo 7 febbraio 2017 che regolamenta la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni contenute nel Regolamento (UE) n.1924/2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, ad oltre 10 anni dalla sua pubblicazione. Infatti anche per le norme emanate a livello europeo, spetta agli Stati membri stabilire le sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa sui mangimi e sugli alimenti.

Il decreto prevede che i compiti di vigilanza e controllo sull’adempimento degli obblighi spettino al Ministero della Salute, alle Regioni e Province autonome e alle ASL, secondo gli ambiti di rispettiva competenza. Restano invece di competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) le questioni relative a pratiche commerciali scorrette (pubblicità ingannevole) e pubblicità comparativa.

Il decreto consta di 14 articoli e stabilisce le sanzioni amministrative pecuniarie (da 2000 a 40000 €) da applicare in caso di utilizzo di indicazioni nutrizionali e sulla salute non consentite dalla normativa europea e in caso di inadempimento degli obblighi stabiliti dal Regolamento claim.

Il decreto sanzioni prevede inoltre, in caso di violazioni reiterate, la possibilità di inibire lo svolgimento dell’attività fino a 20 giorni.

Va tenuto presente che ai sensi dell’articolo 16 della legge 689/1981 (legge di depenalizzazione), richiamata nei consideranda del Decreto sanzioni, è previsto il pagamento delle sanzioni in misura ridotta entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione. L’importo della sanzione in misura ridotta corrisponde alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento.

Potrebbe inoltre risultare applicabile in alcune situazioni l’Istituto della diffida di cui al Decreto legge 24 giugno 2014, n.9, che prevede, a fronte di pagamento entro pochi giorni, la possibilità di ottenere un’ulteriore riduzione rispetto alla sanzione in misura ridotta.

Le sanzioni più gravi sono previste nel caso si suggerisca che il mancato consumo di un alimento possa compromettere la salute, si faccia riferimento alla perdita di peso in termini di entità o percentuale, oppure si facciano riferimenti medici.

Il decreto è entrato in vigore in data 1° aprile 2017.

Integratori alimentari

Gli integratori alimentari (come gli alimenti arricchiti di vitamine e minerali) sono prodotti soggetti a notifica al Ministero della Salute. Ai sensi della Circolare 6 marzo 2008, n.4075, l’esame ministeriale dell’etichetta è volto ad accertare l’adeguatezza del prodotto in relazione alla composizione, […] alle proprietà rivendicate e alle indicazioni anche senza rivestire il significato di un esame formale.

Di conseguenza per gli integratori alimentari esiste un controllo sistematico da parte del Ministero della Salute, in quanto Autorità competente. è comunque vero che tali valutazioni di conformità non escludono la rilevanza dei controlli ufficiali sul territorio (ASL, NAS), considerando anche la non formalità dell’esame a livello ministeriale e soprattutto la possibilità che risultino conformi etichette trasmesse molti anni fa, valutate allora e mai adeguate.

Inoltre, considerando anche il registro degli integratori alimentari che evidenzia l’esito favorevole della notifica, sembra necessario un collegamento tra il Ministero a livello centrale e i controllori sul territorio.

In pratica l’autorità locale competente potrà acquisire tutta la documentazione relativa alla notifica (comprese variazioni e/o scambi di comunicazione con il Ministero in merito al prodotto) e, se del caso, aprire con l’ufficio competente un confronto per completare correttamente la valutazione di un claim.

Casi particolarmente spinosi potrebbero essere rappresentati da indicazioni relative ai probiotici, per i quali l’Italia ha voluto identificare diciture che non corrispondono ad indicazioni sulla salute, e per le sostanze e preparati di origine vegetale (botanicals), per i quali le indicazioni sulla salute non sono ancora state esaminate a livello europeo.

Analisi delle sanzioni previste

Come anticipato nella sezione introduttiva, il decreto stabilisce sanzioni di diversa entità in base agli inadempimenti agli obblighi previsti dal Regolamento claim.

Si riportano nella tabella seguente: il riferimento all’articolo di cui al Regolamento claim (Reg. 1924/2006), la specifica violazione, la sanzione di riferimento e la sanzione in misura ridotta.

Schermata 2017-06-15 alle 10.50.52

Schermata 2017-06-15 alle 10.51.04