Mai più “senza”
Complici le quarantene e il periodo natalizio, oltre a pareri che mi sono stati chiesti da alcuni conoscenti sulle applicazioni che offrono consigli sugli acquisti (parafrasando Mike Bongiorno), mi sono messa a studiacchiarne alcune per capire l’esito della valutazione e, non lo nego, anche per conoscere quella specifica realizzata sui prodotti che ho in casa. Non ho resistito.
Ad accompagnarmi in questo percorso ho avuto virtualmente al mio fianco Sissi, che ho il piacere di ospitare in questo editoriale. Come noto, l’Imperatrice d’Austria è stata particolarmente dedita alla cura della sua chilometrica chioma, ed è arrivato agli onori della cronaca il suo impacco lavante a base di tuorli d’uovo e cognac. Perciò, penso che avrebbe potuto gradire il fatto di poter lavorare con noi al numero dell’hair care.
Ci siamo focalizzate sui prodotti per la cura dei capelli e abbiamo “messo il naso” nelle liste ingredienti dei primi classificati tra i condizionanti. Quello che ci ha sorpreso (o forse che non avrebbe dovuto, chissà?!) è che in vetta alle classifiche si collocano generalmente prodotti del “senza” (che, come spiegavo a Sissi, prevedono una selezione di ingredienti molto rigida e che bandiscono l’uso di alcuni di essi ritenuti quantomeno ambigui per i possibili effetti sulla salute, ma che devono rispondere agli obblighi imposti dal Regolamento sui prodotti cosmetici, così come gli altri della cosmetica “classica”) in alcuni casi equipaggiati con claim pro-ambiente.
Abbiamo riscontrato nel funzionamento delle diverse App un denominatore comune: il sistema del codice colore semaforico che aiuta a individuare prodotti con il lasciapassare rispetto a quelli con un ipotetico segnale di alt!
Trainate dall’entusiasmo, abbiamo notato che alcuni ingredienti che hanno ricevuto il semaforo verde in realtà hanno una scarsa disponibilità di informazioni, in particolare sull’ambiente. Non ci siamo fatte scoraggiare: siamo entrate nel dettaglio delle proprietà di questi ingredienti ma ci siamo trovate di fronte al nulla eco-tossicologico, nonostante le ricerche in banche dati di interesse scientifico. Infine, ho condotto Sissi nell’applicazione di modelli in silico disponibili gratuitamente, ma questi specifici ingredienti, nella maggior parte dei casi, non fanno parte del campo di applicazione dei modelli impiegati.
Ciò che ci ha lasciato un po’ con l’amaro in bocca è stato il fatto che probabilmente dei consumatori attenti che vogliono districarsi nel mare di referenze a scaffale reale o virtuale trovano punteggi o semafori rossi che sembrerebbero tenere conto del pericolo e non del rischio (quasi a vanificare il lavoro della valutazione); e che un ingrediente di una formula con un ridotto bagaglio di dati, sul quale, cioè, c’è una non conoscenza, sia tutto sommato meglio accettato di un ingrediente più studiato. Per contro, restando nell’ambito della pericolosità, l’assenza di informazioni sulle proprietà di una sostanza non può equivalere all’assenza di proprietà pericolose2. Come a dire “2 pesi e 2 misure”, nonostante l’immagine di attenzione all’ambiente che alcuni marchi intendono veicolare (un tema ad oggi cruciale sia in termini di contenuto che di contenitore) con l’impiego di materiali riciclati o riciclabili e oggetto di incalzante comunicazione, che però resta da disambiguare.
Anna Caldiroli, in collaborazione con
Elisabetta Amalia Eugenia
di Wittelsbach in Baviera nota come Sissi (o Sisi)1
1L’imperatrice Elisabetta d’Austria in abito da ballo (ritratto di Franz Winterhalter, Hofburg di Vienna) con acconciatura imperiale. (Da: www.storicang.it/a/sissi-limperatrice-anticonformista_14616
2ECHA (2012) Guida all’allegato V Esenzioni dall’obbligo di registrazione.
Pubblicato su Cosmetic Technology 1 • 2022