Direttore scientifico
di Innovazione in Botanicals
È l’acqua, principio di vita secondo Talete, l’elemento per il quale, in tutto mondo, le persone risentono maggiormente delle crisi climatiche e ambientali: la terra si desertifica, i terreni fertili si riducono drammaticamente, il raccolto si impoverisce e la siccità ha la meglio. L’OMS, nel recente report pubblicato in occasione della giornata mondiale della siccità, riporta dati a dir poco allarmanti: dal 1970, i rischi meteorologici, climatici e idrici hanno rappresentato il 50% di tutti i disastri. La siccità è una delle maggiori minacce allo sviluppo sostenibile, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ma è sempre più presente anche nei Paesi sviluppati. Il numero e la durata della siccità sono aumentati del 29% dal 2000 rispetto ai due decenni precedenti (WMO, 2021). Ed è sull’agricoltura che pesano drammaticamente le conseguenze: la percentuale di piante colpite dalla siccità è più che raddoppiata negli ultimi 40 anni, con circa 12 milioni di ettari di terreno persi ogni anno a causa della siccità e della desertificazione (FAO, 2017). Come riportato nel primo volume del sesto Assessment Report sul Climate Change dell’IPCC, gli aumenti osservati dal 1750 nelle concentrazioni di gas serra – principali responsabili dell’aumento della temperatura – sono inequivocabilmente causati dalle attività umane: «Ci sono elementi di instabilità dei sistemi che regolano lo stato del Sistema Terra e possono evolvere in maniera irreversibile. Abbiamo un diffuso inquinamento dell’aria, del suolo, dell’acqua e degli oceani, attraverso l’uso di minerali, prodotti chimici e altre sostanze». Fatti e cifre inesorabili che raccontano e dettagliano lo stato di sofferenza del nostro pianeta e che, inequivocabilmente, conducono alla necessità urgente di cambiamento del modello lineare di consumo, lo stesso adottato dagli esordi della nostra rivoluzione industriale e fatto di sottrazione delle risorse, di ipersfruttamento e depauperamento del terreno e connotato da sprechi lungo il percorso della catena distributiva. È tempo quindi di adottare cambiamenti profondamente trasformativi del nostro modello economico, fruendo non una ma le numerose opzioni che la comunità scientifica mette a disposizione: dalle colture fuori suolo, al riutilizzo degli scarti per ottenere materie prime seconde “upcycled”, alla urgente adozione di cultivar resistenti ai parassiti e alla siccità come quelle messe a disposizione dalle Tecniche di Evoluzione Assisitita (TEA). Proprio in merito alla possibilità di avvalersi di quanto la ricerca scientifica ha raggiunto sulle cultivar “ibridate” con il metodo TEA, valorizzando la straordinaria biodiversità della flora italiana, è bene fare una riflessione: se è normale, anzi ovvio, che in condizioni ordinarie le scoperte scientifiche tengano un passo ben più veloce dell’adeguamento legislativo, è altrettanto plausibile che l’attuale carattere di urgenza imponga un’efficace accelerazione dei tempi di rivisitazione e di aggiornamento delle normative: per le cultivar TEA la legislazione è ferma a livello nazionale al 2003, mentre la normativa europea in materia risale addirittura al 2001, impedendo così di fatto la sperimentazione in campo, cruciale per essere pronti alla adozione di varietà resistenti ai cambiamenti climatici. Brucianti incoerenze – dettate probabilmente dalla genesi del piano da parte di aree di competenza tra loro impermeabili – si leggono anche nel “Farm to Fork” del Green Deal comunitario nel quale a fronte della necessità di ridurre il consumo di fertilizzanti e antiparassitari non si menziona neppure la possibilità di adozione delle cultivar TEA che, elettivamente, rispondono alla richiesta di “produrre di più con meno”. E ancora: per le colture vegetali in bioreattore, nella legge che regolamenta i Novel Food, sono stati adottati gli stessi stringenti criteri impiegati per le cellule di mammifero, trascurando il fatto che il mondo vegetale è biologicamente molto distante da quello animale, e che i Novel Food da materiale vegetale risultano già ampiamente normati agli articoli a essi dedicati. La sensazione è che dalla consapevolezza del “dove siamo” non si possa non intraprendere un percorso radicalmente alternativo nel passaggio da un’economia lineare a una circolare: una rigorosa conoscenza scientifica unita alla volontà politica e una visione di lungo temine costituisce il percorso per un cambiamento sostenibile, ma sono necessarie politiche responsabilizzanti e inclusive a tutti i livelli: dal cittadino alle autorità locali, dalle industrie alle Istituzioni comunitarie e nazionali, guidati da un comune obiettivo di giustizia ambientale, con l’impegno e la volontà di reale e profonda trasformazione al centro.
Ocimum centraliafricanum, Copper flower, indicatore di giacimenti di rame (5)