I prodotti alimentari formulati o commercializzati per le persone che praticano sport o attività fisica sono sempre più numerosi, con una dimensione del mercato nazionale sicuramente importante.
Per l’Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM, 2013), sulla base di uno studio Unintegra, un’associazione di categoria, ha recentemente stimato un giro d’affari di 78 milioni di euro per il settore più propriamente ed esclusivamente dedicato agli sportivi (quello di integratori e prodotti per sportivi notificati) (AGCM. I718 – ENERVIT-CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE, Bollettino N. 49 del 9 Dicembre 2013, p. 7-15 http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/3990-49-13.html).
Il settore della nutrizione per lo sport è naturalmente molto più grande: nella stima AGCM, non sono state considerate le vendite nel canale farmacia (che pure è diventato un canale abituale, con marchi ad hoc anche di alcune aziende farmaceutiche), le bevande isotoniche di largo consumo, tra cui quelle delle multinazionali (come Gatorade o Powerade), il grandissimo mercato del settore vendite dirette, o marketing multi-level (le cui dimensioni si possono apprezzare dall’ubiquità delle sponsorizzazioni di Herbalife) e anche di alimenti ordinari, come il miele o le barrette biologiche, etichettati con immagini che ne suggeriscono l’utilizzo in ambito sportivo.
Si tratta dunque di un settore di grandi dimensioni, ma che è anche in quasi inevitabile crescita. In tutta Europa, ci si aspetta un aumento della popolazione che si dedica all’attività fisica e sportiva, anche per gli indiscussi benefici per la salute; le fasce più giovani sono più informate e sportive, pur con variazioni geografiche importanti. Secondo i dati dell’Organizzazone per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, i bambini italiani sono forse i meno attivi d’Europa (per attività fisica moderata o intensa, età 11-15, dati 2009-2010); nonostante la fase economica non favorevole, c’è quindi ampio margine di crescita, con una futura platea per una nutrizione dedicata alla persone fisicamente attive (OCSE, Health at a Glance: Europe 2012. Determinants of health.2.4. Physical activity among children http://www.oecd-ilibrary.org/sites/9789264183896-en/02/04/index.html).
Se aumenta la popolazione interessata allo sport attivo, la crescente accettazione di integratori e di altri prodotti formulati con obiettivi nutrizionali o salutistici dovrebbe anch’essa essere positiva per il settore; l’Italia è il primo mercato europeo per gli integratori alimentari. Non solo, anche se il tema dei rischi per la salute non può essere trascurato nei settori innovativi come questo, i dubbi sulla sicurezza e liceità di molte sostanze, quali per esempio la creatina o le proteine, sono sostanzialmente scomparsi, e la creatina è ormai proposta agli anziani e perfino ai bambini, mentre meno di un decennio fa era oggetto dei più oscuri (e spesso infondati) sospetti.
Le sfide per gli operatori italiani ed europei
Accanto ai margini di crescita, esistono però alcune sfide importanti, anche per gli operatori italiani e più generalmente europei, siano essi produttori o contoterzisti, distributori, titolari di marchi o dettaglianti. Le più rilevanti appaiono:
1 le sfide legate alla comunicazione, per il nuovo assetto normativo in materia di etichettatura e pubblicità alimentare;
2 le problematiche di innovazione formulativa, di qualità e sicurezza;
3 le opportunità e difficoltà del commercio elettronico.
Limiti alla comunicazione ai consumatori
Dal punto di vista regolatorio, possono essere destinati (anche) agli sportivi alimenti di uso corrente o arricchiti di vitamine o minerali, gli integratori alimentari (‘per sportivi’) e, in maniera più specifica, alcuni prodotti dietetici.
Il legislatore europeo, con il Regolamento 609/2013, ha previsto, salvo ripensamenti improbabili, la scomparsa della categoria del prodotto dietetico destinato allo sportivo (‘alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi’) per il 2016. Secondo il parere prevalente delle autorità comunitarie, le indicazioni sulla salute, in inglese health claim, dovrebbero fornire garanzie sufficienti alle imprese per comunicare i benefici dimostrati, per lo sport, di alcune sostanze o alimenti; non vi sarebbero basi scientifiche sufficienti a meglio definire ed uniformare formulazioni ‘per sportivi’, e sarebbe quindi preferibile un approccio basato sulle singole indicazioni sulla salute.
Tra l’altro, molte autorità nazionali non ritengono l’indicazione ‘per sportivi’ di per sé un health claim, o tutt’al più la considerano riconducibile a quei benefici generici (art.10.3) che possono essere richiamati se vi sono health claim più specifici in etichetta, semplificando quindi il futuro regolamentare di questi prodotti.
D’altro canto, un’applicazione del Regolamento sui claims che trascende, in senso restrittivo, lo spirito e la lettera della norma, senza un beneficio informativo per il consumatore, sembra prevalere presso alcune autorità in taluni Paesi. Indubbiamente questo può rendere più complicata la comunicazione e, nel mercato europeo e anche nazionale, regolato in maniera poco uniforme, opaca la concorrenza. L’elemento di dubbio è quindi come a livello europeo e nazionale verrà monitorata la comunicazione per questi prodotti, se la categoria dei dietetici per sportivi verrà meno, e con quale flessibilità verrà applicato il regolamento claim.
Un dilemma per gli operatori è poi la comunicazione per le sostanze, quali gli aminoacidi ramificati, la beta-alanina o la glutammina, popolari per gli sportivi, e con evidenze di benefici non sufficienti a convincere EFSA, e quindi senza health claim autorizzati. È opportuno ricordare che, anche senza claim approvati, queste sostanze possono essere impiegate negli integratori alimentari, poiché sono sicure. In Italia, può essere indicata la loro destinazione agli sportivi, ma non possono essere associati benefici per la salute. Il futuro di queste sostanze non sembra quindi essere di crescita perché gli incentivi ad investire in nuovi studi sono bassi (tranne forse per la beta-alanina). EFSA ha scelto un approccio particolarmente rigoroso per queste sostanze, e parlarne ai consumatori – in maniera legale – sarà sempre più difficile.
Creatina, proteine, minerali e vitamine, insieme ad alcuni claim specifici per lo sport (da idratazione e carboidrati alla vitamina C), restano le sostanze su cui è più facile fare comunicazione.
I Botanicals, grazie alla sospensione dell’armonizzazione comunitaria, quindi con health claim utilizzabili in via transitoria, offrono particolari margini sia per la formulazione che per la comunicazione di un prodotto. Tuttavia, qualsiasi armonizzazione comunitaria sarà realisticamente in senso restrittivo.
Problematiche di innovazione formulativa, di qualità e sicurezza
Per quanto riguarda formule e qualità, i limiti imposti all’innovazione dal regolamento Novel Foods (Reg. 258/97) sono sensibili, ove questo viene applicato in maniera attenta e coe-rente (e non accade in alcuni paesi europei). D’altro canto, la qualità delle materie prime richiede attenzione.
Anche in Europa e in Italia, sono stati identificati casi sporadici, ma reali, di spaccio di sostanze sintetiche come derivati vegetali (il famoso caso DMAA, notificato anche da noi come olio di geranio); sono episodi che mettono a rischio l’immagine del settore (è una sostanza dopante), possono mettere a rischio la salute dei consumatori (numerosi i casi gravi nel mondo legati al DMAA), sono difficili tecnicamente da individuare; purtroppo, questi casi sporadici hanno avuto una flebile risposta sul piano repressivo, con la probabile considerazione che sono le aziende e le loro rappresentanze a doversi attivare per tutelare legalità, concorrenza e consumatori.
Meno grave per la salute, ma altrimenti importante è la presentazione di sostanze sintetiche natural identiche, spesso di origine cinese, come di derivazione naturale, fenomeno che parte dagli USA ma che sembra aver preso piede anche in Europa. Anche qui la situazione dovrebbe essere regolamentata in maniera trasparente e proporzionata, specie nell’applicazione del regolamento (Reg. 258/97). Qui è opportuno non avere preclusioni alla verifica caso per caso, vista la possibilità di reperire dati che ne dimostrino la presenza sul mercato prima del 1997, ma neanche supporre conformità che poi si rivelano inesistenti.
Da un altro punto di vista, l’effettiva concentrazione delle sostanze indicate in etichetta è risultata in Europa non sempre rispondente alle attese, anche considerando le tolleranze ministeriali (in parte in via di superamento); in questo caso sono gli Stati Uniti ad avere definito standard più rigorosi con le GMP. Alcuni paesi, diversi dall’Italia, stanno attivando controlli ufficiali puntuali. D’altro canto, la continua domanda di sostanze stimolanti (invece della ‘banale’ caffeina) porta a soluzioni molto rischiose, da cui le aziende dovrebbero rifuggire senza convincenti prove di sicurezza; i prodotti dimagranti, inoltre, richiedono un approfondimento sulla sicurezza, con attente valutazioni che non tutte le aziende extra europee fanno. Era venduto in tutta Europa (anche se non in Italia) Oxy Elite Pro, un prodotto responsabile di decine di casi di epatite acuta (ancora inspiegata).
Opportunità e difficoltà del commercio elettronico
Ma la sfida principale riguarda i canali di vendita. La contrazione e concentrazione dei dettaglianti specializzati in nutrizione sportiva è un fenomeno probabilmente reale ed irreversibile, anche se qualche catena specializzata potrebbe avere un certo successo. D’altro canto, i farmacisti non vanno mai sottovalutati, anche se probabilmente il canale è funzionale solo ad una certa tipologia di prodotti e di consumatori, senza soffrire la concorrenza della grande distribuzione.
Tuttavia, è il commercio elettronico a mostrare i risultati e le prospettive di crescita più importanti.
Un pubblico tendenzialmente giovane, e comunque più aperto alle tecnologie per strato socio-economico, è naturalmente più propenso all’acquisto online. Il tipo di prodotto, la possibilità di presentarlo in maniera adeguata in formato digitale, la facilità di restituire merce difettosa, gli importi relativamente elevati dell’unità di prodotto favoriscono lo spostamento verso questo canale del commercio dei prodotti per sportivi; dopo aver provato un prodotto acquistandolo al dettaglio, il consumatore può facilmente cercare offerte migliori online. Il pubblico di questo tipo di consumatori è anche abituato a leggere e a discutere dei prodotti sui social media. La conseguenza è stata, negli ultimi cinque-dieci anni, la comparsa di siti di e-commerce con proiezione europea o nazionale di particolare efficienza.
Come auspicato dalla Commissione Europea, si è creato quindi un mercato transfrontaliero all’interno dell’Unione, che però ha compresso gli spazi degli operatori nazionali minori nel campo di produzione, importazione e distribuzione (anche se opportunità nuove per i produttori si sono oggettivamente aperte).
Di particolare preoccupazione per il settore è l’attuale relativa mancanza di regole di questo mercato. Infatti, se le autorità nazionali italiane hanno continuato ad effettuare controlli sugli operatori di e-commerce nazionali, lo stesso non si può dire delle autorità di paesi quali la Slovenia, la Spagna, il Portogallo, l’Olanda o il Regno Unito, anche se alcuni hanno di recente mostrato una maggiore sensibilità.
Si è creato pertanto uno spazio di rischio per il consumatore, in alcun casi, e molto spesso di concorrenza sleale, diretta in maniera specifica al mercato italiano, o altri mercati controllati, con il preciso fine di aggirare non legalmente le norme nazionali, di evitare una seria applicazione delle norme europee, di risparmiare l’obbligo di notifica e di etichettatura in italiano. L’attività di contrasto da parte della autorità italiane, nonostante la buona volontà di singoli funzionari, è stata finora quasi impercettibile.
La conseguenza è una maggiore difficoltà per produttori, distributori ed operatori e-commerce italiani, con negative ripercussioni economiche.
Del resto la libertà formulativa e comunicativa di cui questi operatori off-shore godono, almeno oggi li pone in una posizione invidiabile. Questa situazione probabilmente evolverà verso maggiore regolamentazione e controllo, anche per l’azione di associazioni di categoria e di autorità transnazionali, ma l’esito non è ancora chiaro.
Certamente, al di là degli operatori dell’e-commerce, vi è un interesse di tutti gli operatori europei del settore a regole certe applicate in tutti i paesi, comprese le norme nazionali , ove conformi al diritto comunitario.
Gli scenari futuri
Uno scenario più favorevole si avrebbe nel caso di una flessibilità corrispondente allo spirito e alla lettera del regolamento per quanto riguarda i claims, di un’applicazione trasparente e proporzionata della norma sui novel food, accompagnata a controlli ufficiali sulla qualità e, come assoluta priorità, utilizzando gli strumenti che la legge già prevede, sui siti esteri.
In questo caso, i prodotti italiani e i rivenditori italiani potrebbero competere adeguatamente sul mercato nazionale ed europeo, aprendosi ai promettenti mercati medioorientali ed africani. La composizione demografica di questi paesi e l’emergere di una classe media suggerisce che siano i mercati del futuro.
Uno scenario più complesso, ma forse più probabile, prevede rigidità crescente nell’applicazione delle due norme, almeno in Italia, bassa intensità di controlli ufficiali in altri paesi europei ed un lento incremento dei controlli sui siti esteri. In questo caso evidentemente la produzione nazionale potrebbe orientarsi verso soluzioni low-cost, con prodotti e comunicazione specifica per il mercato estero, anche per rivolgersi ai mercati dei paesi terzi.
Se dovesse prevalere quest’ultimo scenario, non è nella formulazione di integratori alimentari con sostanze particolari (salvo lo spazio dei botanicals, sempre da verificare però per esportazioni anche nella UE) che dovrebbe trovarsi il futuro (pochi spazi per claims, problemi per i novel food, concorrenza di prodotti meno vincolati). Le prospettive potrebbero invece stare in un più ampio raggio di prodotti in cui gli aspetti sensoriali, nutrizionali, di digeribilità e assorbimento, possano coniugarsi con una strategia comunicativa che affronta aspetti diversi da quelli della semplice efficacia, o che lo fa con un mix di messaggi e di immagini, o di altri strumenti comunicativi.