Ogni giorno milioni di consumatori applicano prodotti cosmetici su viso e corpo.
È un rituale che, da migliaia di anni, è diventato una necessaria abitudine e del quale non è più possibile a fare a meno.
Principalmente a causa di una cattiva conservazione o di un utilizzo poco ortodosso, i cosmetici possono diventare una fonte di proliferazione di microrganismi, anche patogeni, associati a patologie della pelle e inestetismi cutanei. In particolare, i prodotti per lo skin care e alcuni prodotti makeup (mascara e beauty blender) possono essere i candidati perfetti per accogliere comunità microbiche in espansione.
I prodotti cosmetici devono essere affidabili e sicuri anche dal punto di vista microbiologico, al fine di evitare l’insorgenza di patologie e inestetismi cutanei che potrebbero derivare da un’eventuale contaminazione del prodotto. Nonostante non siano sterili, i cosmetici vengono realizzati accuratamente per garantire sicurezza e stabilità, al fine di limitare la proliferazione microbica.
Le raccomandazioni sui limiti qualitativi e quantitativi di contaminazione microbiologica dei prodotti cosmetici sono riportate nelle linee guida del Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori (Scientific Committee on Consumer Safety, SCCS), giunte all’undicesima revisione (1).
Tali limiti sono stabiliti dalla norma tecnica EN ISO 17516:2014; approvata dal Comitato europeo di normazione (European Committee for Standardization, ECS) il 9 agosto 2014, revisionata e confermata nel 2020 (1,2).
Macroscopicamente si possono distinguere i prodotti cosmetici in 2 categorie:
– Categoria 1: prodotti specificatamente formulati per bambini al di sotto dei 3 anni e prodotti destinati all’applicazione attorno l’area oculare e sulle mucose.
– Categoria 2: tutti gli altri prodotti considerati “meno preoccupanti”.
Tali limiti stabiliscono che il numero totale di microrganismi aerobi mesofili deve essere inferiore a 102 UFC* ogni ml/g di prodotto per i prodotti di categoria 1 e inferiore a 103 UFC ogni ml/g di prodotto per quelli di categoria 2. Inoltre, sono stabiliti anche dei limiti per quanto riguarda i microrganismi patogeni (Tab.1).
La contaminazione microbica dei prodotti può verificarsi principalmente: a) attraverso l’utilizzo di materie prime contaminate; b) durante il processo di produzione e confezionamento; c) durante l’utilizzo (3,4).
Analizzando i livelli di contaminazione di prodotti usati e i relativi effetti avversi, è stato possibile concludere come questi ultimi siano spesso imputabili per lo più a un uso scorretto da parte del consumatore e a una cattiva conservazione del prodotto.
Risultati ottenuti da studi osservazionali hanno messo in evidenza che le contaminazioni dei prodotti cosmetici sono frequentemente attribuibili a batteri Gram -: tra questi troviamo prevalentemente batteri aerobi quali Pseudomonas e anaerobi facoltativi quali Enterobacter (5), oltre a Salmonella ed Escherichia. Tra i Gram +, i batteri del genere Staphylococcus possiedono una posizione privilegiata.
L’analisi della composizione microbica dei prodotti cosmetici aiuta a comprendere quali siano le condizioni igieniche di tali prodotti, in particolare se utilizzati in maniera scorretta dal consumatore. Ad esempio, la presenza di microrganismi quali Staphylococcus haemolyticus e Staphylococcus saprophyticus (6) è indice di manipolazioni inadeguate e cattiva igiene personale; fattori che si pongono a fondamento della contaminazione dei prodotti cosmetici durante l’utilizzo.
Uno dei microrganismi che desta più attenzione è sicuramente Pseudomonas aeruginosa. Da anni è nota la sua implicazione nelle infezioni nosocomiali e, in alcuni casi, può essere responsabile di infezioni dell’orecchio medio ed esterno, di infezioni del tratto respiratorio, e di follicoliti e infezioni oculari (congiuntiviti, cheratiti e oftalmiti), in particolare in soggetti che utilizzano lenti a contatto (7,8).
Le infezioni da Pseudomonas sono poco frequenti in soggetti immunocompetenti; tuttavia, la compromissione della funzionalità della barriera cutanea determina un significativo incremento del rischio di infezioni associate a utilizzo di prodotti contaminati (9). Tali eventi non vanno quindi sottovalutati.
A tal proposito, un caso in particolare riguarda lo sviluppo di ulcere corneali associato all’utilizzo di mascara contaminati. Ad esempio, è descritto in letteratura un caso molto particolare verificatosi in una donna di 47 anni: lo sviluppo di ulcere corneali è stato associato alla presenza di Pseudomonas aeruginosa, successivamente isolato sia nell’ulcera corneale sia nel mascara (10).
I mascara presentano una variabilità di contaminazione microbica maggiore rispetto ad altre tipologie di prodotti per il makeup e risultano essere tra i prodotti più contaminati in assoluto (3,11). La contaminazione microbiologica che li vede protagonisti non è dovuta solamente alla loro formulazione acquosa, ma anche a un utilizzo scorretto da parte del consumatore.
Nel 2013 è stato condotto uno studio volto a esaminare le abitudini di utilizzo di mascara da parte di 44 studentesse brasiliane. Dall’analisi dei risultati è emerso che il 92% delle partecipanti utilizzava il mascara oltre 6 mesi dall’apertura e circa 2/3 protraeva l’utilizzo per oltre 2 anni (7).
I prodotti addizionati per assicurarne la conservazione perdono di efficacia qualora il prodotto dovesse essere utilizzato in maniera non adeguata e oltre la data di scadenza, rendendosi poco utili nel contrastare la proliferazione microbica (4).
Inoltre, il continuo contatto con le ciglia è un elemento fondamentale: i batteri presenti nell’ambiente, posandosi sulla superficie delle ciglia, vengono veicolati direttamente all’interno del prodotto immediatamente dopo l’utilizzo, e a lungo andare il sistema preservante è insufficiente a contrastare questo continuo apporto di microrganismi.
Sebbene Pseudomonas aeruginosa sia uno dei microrganismi maggiormente isolati nei cosmetici usati, una larga parte delle infezioni sono imputabili a batteri appartenenti al genere Staphylococcus, noti per essere implicati in alterazioni patologiche della pelle. Primo fra tutti Staphylococcus aureus, comunemente associato a infezioni di pelle e tessuti molli come dermatite atopica, vesciche cutanee e cellulite; una condizione flogistica che interessa il tessuto sottocutaneo. Anche in questo caso, i mascara sono terreno fertile per la proliferazione di Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis: la maggior parte delle infezioni causate da questi microorganismi è ricollegabile a lesioni a carico della superficie dell’occhio (7).
La presenza di graffi, abrasioni e piccoli traumi rende maggiormente suscettibili a infezioni stafilococciche. Una categoria di soggetti particolarmente a rischio è rappresentata da coloro che soffrono di dermatite atopica; a causa di fattori immunologici associati a una maggiore secchezza della pelle e a carenze lipidiche nello strato corneo, questi soggetti sono maggiormente esposti a infezioni cutanee causate da Staphylococcus aureus e per tale motivo devono prestare un’attenzione particolare (12).
Un accessorio degno di nota è la beauty blender, ovvero una particolare tipologia di spugnetta solitamente utilizzata per stendere il fondotinta e altri prodotti per il viso. I dati scientifici sono concordi nello stabilire che le beauty blender usate possiedono un’elevata carica microbica, potendo così rappresentare un rischio per la salute individuale.
Da un recente studio microbiologico effettuato su 467 prodotti makeup usati, divisi in 5 categorie (eyeliner, mascara, rossetti, lipgloss e beauty blender), è emerso che, mentre i prodotti makeup contenevano cariche batteriche comprese tra 102 e 103 UFC per ml, le beauty blender raggiungevano una carica batterica che andava oltre le 106 UFC per ml.
Tale studio ha inoltre evidenziato come alla base della contaminazione vi siano ancora una volta le cattive pratiche igieniche da parte del consumatore: dalle informazioni ottenute mediante un questionario è emerso che il 93% delle beauty blender non era mai stato pulito e che il 64% veniva riutilizzo dopo essere caduto a terra (6).
Dall’analisi dei dati mediante spettrometria di massa (Matrix Assisted Laser Desorption Ionization – Time Of Flight, MALDI-TOF) è stato inoltre possibile identificare alcune specie di microrganismi presenti all’interno delle beauty blender. Tra questi vi sono sia Gram (-) come Escherichia coli, Citrobacter freundii e Acinetobacter ursingii, che batteri appartenenti al genere Pseudomonas (Pseudomonas monteilii e Pseudomonas aeruginosa).
Quando parliamo di contaminazione microbiologica, i prodotti per il makeup non sono gli unici indiziati. Data la loro implicazione, è importante aprire una parentesi sul ruolo dei prodotti di skin care, con un’attenzione particolare alle emulsioni cremose.
L’elevato contenuto di acqua, l’utilizzo di minerali essenziali e l’inclusione, in alcune formulazioni, di prodotti che possono potenzialmente fungere da fattori di crescita contribuiscono a rendere l’ambiente favorevole a un’eventuale contaminazione (13), assicurando ai microrganismi un ampio spettro di sostanze organiche e inorganiche necessarie alla loro proliferazione. Tra il 2005 e il 2018, in Europa sono stati segnalati 104 prodotti oggetto di contaminazione e una porzione abbondante era rappresentata proprio da prodotti skin care (5,14).
L’eterogeneità delle formulazioni, dei processi di produzione e delle modalità attraverso le quali questi prodotti vengono utilizzati rende difficoltosa un’analisi completa e omogenea dei microrganismi rappresentati. Un aspetto molto curioso riguarda la distribuzione geografica dei prodotti contaminati: dai dati presenti in letteratura si evince che prodotti provenienti da Paesi caratterizzati da climi caldi quali India, Egitto e, più in generale, dal Medio Oriente presentano dei tassi di contaminazione più elevati. Questo potrebbe essere in parte dovuto alle condizioni climatiche che caratterizzano queste zone e che, quindi, favorirebbero la proliferazione della maggior parte dei batteri patogeni (15), ma, probabilmente, anche a una carenza del rispetto delle buone pratiche di fabbricazione (Good Manufacturing Practice, GMP).
Nonostante le varianti in gioco siano molte, i dati in letteratura permettono di stabilire che, per quanto riguarda le creme, la contaminazione microbiologica del prodotto inutilizzato non è affatto rara.
Ad esempio, in uno studio effettuato in Iran nel 2000, Behravan et al hanno analizzato 48 prodotti (creme idratanti e creme per viso e mani): 24 utilizzati dai consumatori e 24 inutilizzati e conservati all’interno delle confezioni originali.
Entrambe le tipologie di prodotti, in seguito all’analisi microbiologica, hanno dimostrato di possedere una carica batterica totale compresa tra le 102 e 106 UFC, anche se la maggior parte dei prodotti presentavano una carica batterica totale compresa tra le 102 e 103 UFC. Inoltre, è stata riscontrata la presenza di bacilli Gram-positivi e Staphyloccocus aureus. Sebbene l’incidenza di contaminazione fosse maggiore nei prodotti usati (75% dei 24 campioni), i prodotti inutilizzati non ne erano di certo esenti. Difatti, il 58% dei prodotti inutilizzati sono stati oggetto di contaminazione e tra i batteri responsabili è stato individuato anche l’Escherichia coli (16).
Un altro aspetto riguardante le emulsioni cremose è la presenza di funghi e lieviti: tra questi possiamo annoverare Aspergillus e Candida albicans che, sebbene non frequenti, possono comunque contaminare i nostri prodotti (15,5). La presenza di Candida albicans all’interno di prodotti cosmetici è assai sporadica; tuttavia, dal 2006 al 2012 sono stati segnalati due casi di prodotti contaminati da quest’ultima (17).
L’identificazione di batteri patogeni nei prodotti cosmetici usati pone l’accento su un problema importante che molto spesso viene poco considerato. Mascara e beauty blender sono infatti veicoli ottimali di microrganismi quali Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa che, se sottovalutati, possono crearci qualche danno. Un capitolo fondamentale riguarda invece i prodotti per lo skin care. Creme idratanti e creme per il viso sono terreno fertile per batteri Gram-positivi, oltre che per funghi e lieviti quali Aspergillus e Candida albicans.
Come si è potuto osservare, la contaminazione dei prodotti cosmetici non è di certo rara. La stragrande maggioranza della popolazione, però, non è a conoscenza dei pericoli che si celano dietro l’uso di cosmetici contaminati. Considerato il rischio derivante sia dall’utilizzo inappropriato sia dall’utilizzo oltre il periodo dopo l’apertura (Period After Opening, PAO) e data di scadenza, una maggiore e più approfondita educazione del consumatore è sicuramente necessaria a evitare l’autocontaminazione con microrganismi potenzialmente dannosi (6). Una misura interessante potrebbe essere il suggerimento di pratiche corrette in specifiche porzioni dell’etichetta a questo dedicate. Ad esempio, un lavaggio periodico delle beauty blenders renderebbe il prodotto meno suscettibile a contaminazione e permetterebbe, quindi, di minimizzare i rischi derivanti da quest’ultima.
Un altro accorgimento fondamentale è quello di buttare i prodotti scaduti o aperti da troppo tempo: nonostante il prodotto sembri integro e incontaminato, al suo interno potrebbe contenere microrganismi patogeni che rappresentano un rischio per la salute del consumatore.
1. SCCS (2021) Notes of Guidance for the testing of cosmetic ingredients and their safety evaluation – 11th revision.
2. ISO (International Organization for Standardization), International Standard 17516:2014. Cosmetics-Microbiology-Microbiological limits.
3. Dadashi L, Dehghanzadeh R (2016) Investigating incidence of bacterial and fungal contamination in shared cosmetic kits available in the women beauty salons. Health promotion perspectives 6(3):159-163
4. Halla N, Fernandes IP, Heleno SA et al (2018) Cosmetics Preservation: A Review on Present Strategies. Molecules 23(7):1571
5. Michalek IM, John SM, Caetano Dos Santos FL (2019) Microbiological contamination of cosmetic products-observations from Europe, 2005-2018.
JEADV 33(11):2151-2157
6. Bashir A, Lambert P (2020) Microbiological study of used cosmetic products: highlighting possible impact on consumer health.
J Appl Microbiol 128(2):598-605
7. Giacomel CB, Dartora G, Dienfethaeler HS et al (2013) Investigation on the use of expired make-up and microbiological contamination of mascaras.
Int J Cosmet Sci 35(4):375-380
8. Stewart SE, Parker MD, Amézquita A et al (2016) Microbiological risk assessment for personal care products. Int J Cosmet Sci 38(6):634-645
9. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numero della segnalazione: 0508/07.
10. Reid FR, Wood TO (1979) Pseudomonas corneal ulcer. The causative role of contaminated eye cosmetics.
Arch Ophthalmol 97(9):1640-1641
11. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numero della segnalazione: A12/00657/20.
12. Tomczak H, Wróbel J, Jenerowicz D et al (2019) The role of Staphylococcus aureus in atopic dermatitis: microbiological and immunological implications.
Postepy dermatol Alergol 36(4):485-491
13. Jairoun A, Al-Hemyari S, Shahwan M et al (2020) An Investigation into Incidences of Microbial Contamination in Cosmeceuticals in the UAE: Imbalances between Preservation and Microbial Contamination. Cosmetics 7(4):92
14. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numeri delle segnalazioni: A12/0924/16; A12/0439/15; A12/1860/12; A12/1430/12; 1333/11; 0921/11; 0984/09; 0505/09; 0732/06.
15. EL-Bazza ZE, Toama MA, Taher HA (2011) Study of the Microbial Contamination of Cosmetic Creams before and after Use.
Biohealth Science Bulletin 3(2): 37-43
16. Behravan J, Bazzaz F, Malaekeh P (2005) Survey of bacteriological contamination of cosmetic creams in Iran.
Int J Dermatol 44(6):482-485
17. RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), numeri delle segnalazioni: 0081/12; 0831/06.
Ocimum centraliafricanum, Copper flower, indicatore di giacimenti di rame (5)