Igienizzanti, sanificanti, disinfettanti, detergenti, saponi e chi più ne ha più ne metta; sugli scaffali reali e virtuali sono comparsi come funghi negli ultimi mesi. Molto simili o diversi per qualche particolarità, ma con un solo unico obiettivo: assecondare un’incessante richiesta del mercato ad avere prodotti disponibili in grado di soddisfare la necessità di pulizia e di igiene delle mani, in particolare ma non solo se parliamo di disinfezione. Prodotti simili talvolta come formulazioni ma diversi dal punto di vista regolatorio.
Il mercato chiama e l’industria risponde, ma è stato (e forse sarà) tutto così indolore?
Ne abbiamo parlato con Chiara Ruzza, Esperto in Assicurazione Qualità Cosmetico e Farmaceutico, e Anna Caldiroli, Consulente in ambito regolatorio e Direttore scientifico della rivista, che hanno vissuto e stanno vivendo la prima linea regolatoria e della qualità di ciò che questa incessante produzione ha determinato e sta determinando sui seguenti fronti: cosmetico, presidi medico-chirurgici (PMC), biocidi e detergenti.
D. Come hanno reagito le aziende italiane all’improvvisa domanda di prodotti per l’igiene di mani e superfici? Quali sono le sue opinioni in merito?
R Chiara Ruzza (CR). La gran parte delle aziende italiane e non solo, a prescindere dal settore di appartenenza, ha deciso all’istante di produrre sanitizzanti, igienizzanti, disinfettanti e Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) di ogni genere. Qualcuno, a mio avviso, anche in modo improvvisato. Sostanzialmente tutte le aziende farmaceutiche e cosmetiche italiane hanno destinato parte della loro capacità produttiva alla fabbricazione di igienizzanti e disinfettanti mani, sfruttando molto spesso le deroghe ministeriali concesse per fronteggiare l’emergenza COVID. Molte aziende hanno cercato di sfruttare tali “finestre” pur non avendone i requisiti e senza pensare che, terminato il periodo di deroga, tutto dovrà essere sanato e si dovrà dimostrare il rispetto dei regolamenti per cui ci si è precedentemente avvalsi delle modifiche temporanee concesse. Sono curiosa di vedere cosa accadrà, a questo proposito, al termine dell’emergenza…
Molte formule (nella maggior parte dei casi non complicate, come le soluzioni e i gel a base di alcol per le mani) sono state messe in produzione molto velocemente, in molti casi sfruttando le materie prime già disponibili a magazzino che altrimenti non sarebbero state facilmente fruibili durante il lockdown, a causa della chiusura di distributori e frontiere.
Piuttosto che esprimere un’opinione in merito alla reazione delle diverse aziende, preferisco lasciare dei quesiti che possano diventare spunto di riflessione anche per altri: Tutto ciò è stato fatto realmente per il bene comune? Per reale necessità? Quale peso ha avuto la prospettiva di guadagni facili e sicuri sulla decisione a produrre? La qualità e la sicurezza dei prodotti sono state assicurate?
R Anna Caldiroli (AC). Tutti, in modo diverso e con un coinvolgimento più o meno ampio, ci siamo trovati ad affrontare un’emergenza alla quale non eravamo pronti e, come mi è capitato di commentare proprio in settimana a una collega, “forse mai avremmo potuto esserlo”. Detto questo, ognuno di noi ha cercato di reagire come ha potuto, saputo e certamente voluto, mettendo in gioco tutte le risorse a disposizione.
A una richiesta forsennata da parte del mercato, gli operatori hanno risposto in prima battuta rendendo disponibili i prodotti igienizzanti in maniera gratuita a enti quali ospedali, Protezione Civile, ecc., per permettere a chi si trovasse in prima linea di poter lavorare in condizioni di sicurezza, a fronte di una corsa ad accaparrarsi di tutto e a svuotare gli scaffali dei supermercati. Però credo che questa potesse essere forse l’unica risposta possibile a fronte di un evento al di fuori dell’ordinario.
C’è stato chi si è trovato impossibilitato a lavorare a causa della scarsità di materia prima e chi non ha avuto l’opportunità di assecondare la richiesta dei clienti (pensiamo infatti che oltre alla materia prima tal quale devono essere disponibili anche gli imballi per trasportarla, le etichette e qualora si tratti di prodotti classificati pericolosi per il trasporto bisogna poter contare su trasporti specifici se non sussistono delle esenzioni).
Prendendo in eredità uno dei quesiti di Chiara, posso dire che, anche sulla scorta di un comunicato di ECHA1, la qualità (intesa dal punto di vista dell’efficacia di alcuni prodotti se pensiamo, ad esempio PMC o biocidi) abbia lasciato a desiderare e probabilmente la sicurezza (conditio sine qua non per la messa a disposizione di un prodotto cosmetico, ad esempio) non sia stata accertata per tutti i prodotti presenti sul mercato, probabilmente appoggiandosi all’idea che utilizzando una formula standard il prodotto sarebbe stato sicuro a prescindere.
1www.echa.europa.eu/-/eu-member-states-report-illegal-and-ineffective-disinfectants
D. Nella conversione delle aziende alla fabbricazione di prodotti per l’igiene di mani e superfici, Lei pensa che siano stati rispettati tutti i regolamenti specifici di settore e le norme di buona fabbricazione (GMP)?
R (CR). La velocità con cui sono nate le nuove formulazioni, spesso copia di quelle già note in commercio, e la rapidità con cui tali prodotti sono stati introdotti sul mercato, purtroppo non depongono a favore di un processo che abbia come focus la garanzia della qualità e che sia stato analizzato in tutte le sue sfaccettature. In alcuni casi, anche aziende non farmaceutiche o cosmetiche si sono improvvisate come fabbricanti di tali prodotti. È dunque difficile pensare che siano stati rispettati i requisiti imposti dal Regolamento (CE) n.1223/2009 per i prodotti cosmetici, la fabbricazione secondo GMP; che siano stati condotti gli studi per accertare la stabilità, redatto un PIF o, addentrandoci nel panorama dei disinfettanti, che siano state richieste le autorizzazioni previste dal Regolamento sui prodotti biocidi o per i PMC o comunque la documentazione richiesta in virtù dei regimi semplificati previsti in fase di piena emergenza, ecc.
Purtroppo le notizie che leggiamo sui giornali confermano quanto sopra. I NAS e le autorità competenti coinvolte si sono visti costretti a bloccare e sequestrare notevoli quantità di prodotti immessi sul mercato senza le dovute autorizzazioni o contenenti materie prime non conformi o non nella corretta concentrazione.
R (AC). Per la mia esperienza e per il tipo di supporto che ho potuto offrire alle imprese, devo dire che mi sono stati sottoposti documenti (a partire dalle schede dati di sicurezza, passando per le etichette piuttosto che schede informative di prodotto, fino ad arrivare ai contenuti dei dossier) non sempre conformi alla norma specifica.
Spesso le aziende mi hanno contattato per richiedere assistenza per accertare la conformità delle etichette dei loro prodotti, senza però poggiare su un supporto. L’etichetta “è solo la punta dell’iceberg”, probabilmente percepita dalle imprese come tassello essenziale e indispensabile, ed è così infatti, ma non è l’unico e soprattutto si definisce nei suoi contenuti alla fine del percorso di valutazione.
Non a caso, sempre restando in argomento di non conformità probabilmente imputabile alla velocità della conversione, proprio nella nota pubblicata sul proprio sito poco più di un mese fa e a cui facevo riferimento, ECHA riporta che ben 20 Stati membri dell’UE hanno segnalato un aumento dei disinfettanti (per le mani) non conformi presenti sui loro mercati. Che cosa si intende per mancata conformità? Disinfettanti che non dispongono dell’autorizzazione o assenza dell’etichettatura di pericolo. Molti Paesi hanno anche indicato di aver trovato prodotti che erano stati dichiarati disinfettanti, ma che avevano una formulazione che non poteva (e non può) essere sufficientemente efficace contro i virus, ad esempio a causa di concentrazioni insufficienti di sostanze attive con attività virucida che bloccano la diffusione dei virus.
Sembrerebbe che, nella concitazione della situazione, più di una ciambella sia venuta senza il buco.
D. Quali regolamenti devono essere soddisfatti per l’utilizzo delle materie prime impiegate nella fabbricazione dei prodotti in questione? Possono essere utilizzate da qualsiasi tipologia di azienda (cosmetica, farmaceutica, ecc.)?
R (CR). L’argomento delle materie prime da utilizzare è molto vasto e complesso. Le materie prime non sono tutte uguali; spesso la stessa materia prima, pur conservando una sola denominazione, può essere presente sul mercato con gradi di purezza diversi a seconda dell’uso previsto: farmaceutico, cosmetico, detergente, disinfettante, ecc. Il grado di purezza inferiore è in genere caratteristico di produzioni industriali che non rientrano nelle categorie del cosmetico o farmaceutico; il grado di purezza intermedio è spesso destinato alle produzioni di tipo cosmetico, e il grado di purezza superiore alle materie prime farmaceutiche. A seconda delle diverse tipologie di prodotto è necessario rispettare le specifiche normative di settore che molto spesso contengono indicazioni precise relativamente alle materie prime utilizzabili e a quelle vietate, alle impurezze ammesse e a quelle che non lo sono. Una materia prima con gradi di purezza diversi potrebbe contenere al suo interno impurezze in quantità diversa o di tipologia diversa. Quindi prima di utilizzare o acquistare una materia prima è necessario valutare se sia conforme all’uso cui vogliamo/dobbiamo destinarla e al regolamento specifico del settore del prodotto da fabbricare.
In questo periodo di emergenza COVID, molti produttori non appartenenti ai settori specifici (cosmetico, farmaceutico, biocidi o PMC), anche in virtù della difficoltà di reperimento delle materie prime a causa del lockdown, potrebbero aver utilizzato materie prime non indicate o addirittura vietate per la tipologia di prodotto fabbricato. E questo è gravissimo da un punto di vista di qualità del prodotto e di sicurezza per l’utilizzatore finale.
R (AC). Concordo con Chiara: molte sono le aziende che hanno potuto o dovuto convertire la loro produzione abituale per far fronte alla richiesta di un mercato affamato di prodotti per l’igiene o la disinfezione della persona e delle superfici.
Quello che ho potuto osservare nel mio lavoro quotidiano è stato che chi ha convertito la propria produzione a partire da un altro settore per affacciarsi a quello della cosmetica, ad esempio, si è trovato ad affrontare situazioni per le quali non era pronto. E questa prontezza la posso declinare ad ampio spettro, sia dal punto di vista documentale sia delle materie prime in quanto tali. Non mi riferisco tanto alla carenza di disponibilità che è stata “aumentata” anche grazie a interventi straordinari da parte delle autorità competenti che hanno reso possibile, ad esempio, la denaturazione con denaturanti abitualmente non ammessi alle circostanze specifiche, come nel caso dell’Agenzia delle Dogane, oppure alla ricerca di materie prime “alternative” in grado di garantire delle equiparabili a quelle più note e ampiamente utilizzate, quanto all’uso di ingredienti usati sia nel contesto cosmetico sia in altri contesti, ma che condividono solo il nome, non il profilo di composizione e di pericolosità. Cito a titolo di esempio alcuni tensioattivi o costituenti di fragranza solitamente acquistati dalle aziende per formulare prodotti di consumo, ma non cosmetici che però, nell’intimo della loro composizione, sono delle miscele che vedono l’aggiunta intenzionale (quindi inappellabile la presenza tecnicamente non evitabile) di sostanze vietate per i cosmetici. Oltreoceano è stato predisposto il ritiro dal mercato di diversi prodotti a base di etanolo, ma contenenti altresì metanolo, su segnalazione di FDA.
Altro aspetto cruciale è la catena di approvvigionamento: se il mio obiettivo è formulare un prodotto cosmetico oppure un prodotto detergente per superfici, le mie materie prime devono essere conformi al Regolamento REACH; al contrario, se intendo formulare e vendere un PMC o un biocida, la materia prima deve provenire da una supply chain specifica che è quella della lista presente di art. 95 del Regolamento sui prodotti biocidi.
D. Parliamo di e-commerce: questa forma distribuzione ha visto negli ultimi tempi una rapida ascesa. Questo canale di vendita può presentare delle insidie dal Suo punto di vista?
R (CR). La forte domanda di prodotti igienizzanti e disinfettanti ha portato a un aumento dei canali di vendita (da negozi più o meno specializzati all’e-commerce) e a un aumento dei prezzi, non sempre giustificato. La possibilità di acquistare questi prodotti anche via internet ha reso più facile la vita dei clienti, ma spesso a discapito della qualità; infatti sui siti non sempre sono disponibili tutte le informazioni e le recensioni potrebbero non essere del tutto attendibili. Inoltre, su internet si è perduta la specificità dei canali di vendita e dei negozi specializzati, dell’esperienza e preparazione del venditore/tecnico che sa consigliare il prodotto giusto per ogni esigenza. Il cliente è diventato quindi egli stesso l’esperto che deve scegliere cosa acquistare e valutarne la qualità.
Diciamoci la verità…. siamo diventati tutti un po’ tuttologi…
La facilità con cui chiunque può utilizzare i canali internet per la vendita rende maggiormente difficoltoso effettuare controlli accurati, per questo si potrebbero trovare in commercio anche prodotti non sicuri, perché non fabbricati nel rispetto dei regolamenti specifici di settore. Questo ha spinto le autorità competenti a intensificare i controlli sui singoli prodotti e le ispezioni sulle aziende produttrici, proprio per la garanzia della sicurezza dei consumatori.
Quando si acquista un prodotto è fondamentale saperne leggere l’etichetta. Se si tratta di un prodotto cosmetico è necessario che sia presente la lista degli ingredienti caratterizzata dall’elenco dei nomi INCI, e tutte le informazioni e gli eventuali pittogrammi (come ad esempio il simbolo del Period After Opening, PAO) nel rispetto del Regolamento sui prodotti cosmetici. Se si tratta di un prodotto biocida, dovranno esser presenti le informazioni come da Regolamento (UE) n.528/2012: l’identità di ciascun principio attivo e la sua concentrazione, il numero di autorizzazione attribuito al biocida dall’autorità competente, le modalità d’uso, la frequenza di applicazione e la dose, i particolari sui probabili effetti collaterali ed eventuali istruzioni per interventi di pronto soccorso.
Se un prodotto è un PMC, l’etichetta deve riportare quanto richiesto dal DPR 392 del 1998, come ad esempio il riferimento all’autorizzazione del prodotto e la specificazione dell’officina di produzione, la quale deve anch’essa essere stata preventivamente autorizzata dal Ministero della Salute.
Per quanto riguarda i detergenti, disciplinati dal Regolamento (CE) n.648/2004 così come per i PMC e i biocidi, è previsto che in etichetta siano riportati anche eventuali elementi di pericolo (mi riferisco a pittogrammi di pericolo, frasi H, frasi P, insieme a eventuali informazioni supplementari). Inoltre, sull’imballaggio dei detergenti deve essere data l’indicazione del contenuto.
R (AC). Durante la fase del lockdown in particolare, ma anche successivamente, l’approvvigionamento dei prodotti usati per l’igiene della persona e delle superfici, così come quelli dedicati alla disinfezione, mediante l’acquisto online ha rappresentato una valida alternativa.
Bisogna tenere in considerazione che proprio con l’inizio dell’anno 2020 sono iniziate le ispezioni relative alla vendita dei prodotti online da parte degli ispettori REACH e CLP per accertare la conformità ai regolamenti REACH, CLP e biocidi. Nello specifico, il progetto (ovvero il REACH-EN-FORCE 8 (REF-8)) riguarda proprio i prodotti destinati al grande pubblico e ai professionisti, che sono disponibili sui siti web delle aziende stesse e nelle grandi piattaforme di vendita online.
A parità di formulazione, il mio prodotto può essere un cosmetico oppure un disinfettante e, a seconda dello stato evolutivo del Regolamento biocidi per quanto riguarda l’approvazione dei principi attivi, esso potrà essere un PMC e quindi deve rispettare in toto quanto previsto dal DPR 392 del 1998; in caso contrario sarà un prodotto biocida e quindi il Regolamento da rispettare è quello sui prodotti biocidi (come diceva Chiara, il 528/2012).
Il carico informativo e documentale che è necessario elaborare e trasmettere all’ente di riferimento destinatario, oltre ai test che è necessario pianificare con un laboratorio e di cui includere i risultati nel “dossier”, naturalmente varia e, pertanto, cambia anche l’entità del carico economico per una società responsabile dell’immissione sul mercato di un nuovo prodotto.
A seconda dei risultati conseguiti con i test, è possibile poter vantare uno o più claim in etichetta. Ciò che si è verificato, principalmente all’inizio della pandemia e che ogni tanto ancora si verifica, è che qualche prodotto (i) da una parte riporta in etichetta dei claim di efficacia che non sono opportunamente sostenuti dai risultati di test condotti nel rispetto delle linee guida; (ii) dall’altra, per la formulazione di un prodotto biocida è possibile che venga utilizzata una sostanza che non proviene da una “filiera biocida” bensì da una “filiera REACH”, ad esempio. Pertanto, il prodotto da una parte vanta un’efficacia che non è stata dimostrata, e dall’altra la società responsabile della sua immissione sul mercato lavora in maniera illecita eludendo la norma.
D. Quanto il claim apposto in etichetta incide sul percorso che deve intraprendere un prodotto?
R (CR). In molti casi l’area commerciale delle aziende produttrici ha spinto affinché venissero riportati in etichetta simboli e definizioni in grado di vantare un’attività di disinfezione dei prodotti, a volte anche con immagini che ricordassero ai clienti tale funzione. Ma bisogna fare chiarezza: ogni terminologia è specifica e va utilizzata con attenzione nel rispetto delle diverse normative.
Se consideriamo i prodotti per l’igiene delle mani, ci possiamo imbattere in prodotti igienizzanti o disinfettanti. Gli igienizzanti, in genere, ricadono all’interno della categoria dei cosmetici, mentre i disinfettanti all’interno di quella dei biocidi o PMC. Ognuna di queste categorie di prodotto segue norme ben specifiche che ne regolamentano anche la terminologia e i claim.
Quindi, in tutte le aziende che producono queste tipologie di prodotti, i rapporti tra area commerciale e assicurazione qualità non sono sempre così facili. L’area commerciale fa di tutto per attirare il cliente e convincerlo all’acquisto, mentre l’assicurazione qualità deve garantire il rispetto dei regolamenti in vigore.
Tornando ai concetti di igienizzante e disinfettante, l’igienizzante entra in contatto con la pelle con la sola funzione di pulirla (questo tipo di funzione è riconducibile alla categoria dei prodotti cosmetici); il disinfettante entra in contatto con la pelle con la funzione di uccidere o rendere inattive le diverse categorie di organismi nocivi (quindi esistono disinfettanti diversi, con efficacia diversa a seconda della tipologia di organismi che devono combattere). In questo caso, l’azione è riconducibile alla categoria dei biocidi.
Esiste poi la categoria tutta italiana dei PMC: si tratta di prodotti con attività battericide, germicide o insetticide che in genere non vengono utilizzati per la disinfezione dell’uomo, bensì di superfici e ambienti (fa eccezione il gel a base alcolica per la disinfezione delle mani che ricade, al momento, all’interno di questa categoria).
In molte aziende cosmetiche, per i prodotti cosmetici che riportano come claim il termine “igienizzante” potrebbe essere arrivata la richiesta di riportare in etichetta la parola “disinfettante” o frasi che vantino tale funzione. Ma ciò non è permesso dal Regolamento sui prodotti cosmetici ed è ammesso soltanto per i prodotti che hanno comprovata attività battericida o virucida e vengono prodotti soltanto previa autorizzazione se PMC o biocida.
R (AC). La funzione marketing e il regolatorio in azienda non sempre (e purtroppo, perché personalmente vedo ampi margini di collaborazione per una crescita comune) vanno d’accordo, in particolare per le tempistiche. Il marketing è assolutamente dinamico e si trova a inseguire o anticipare le richieste del mercato; i regulatory devono valutare ad ampio spettro e per farlo bene e senza arrotondare gli angoli occorre tempo, e non sempre la risposta asseconda o va nella direzione del marketing. Ciò che ho visto in questi mesi, e che sto vedendo sempre di più ora in cui si cerca di differenziare il più possibile i propri prodotti dalla concorrenza (o forse di non differenziarli!), è che ci si spinge al limite con i claim e molti restano dei non detti, dei sospesi che spesso inducono il consumatore a fraintendere.
A parità di formulazione, è appunto la rivendicazione che voglio vantare per un prodotto che mi farà ricadere (legittimamente) in un prodotto cosmetico (o detergente, se penso alla pulizia delle superfici) oppure in un PMC o biocida. Se voglio intraprendere la via del cosmetico, esso dovrà avere una persona responsabile, disporre di un PIF e quindi di una valutazione della sicurezza del cosmetico che ne attesti la sicurezza, un’etichettatura idonea senza rivendicazioni “fuori posto” e una notifica al Cosmetics Product Nofication Portal (CPNP). Gli errori riscontrati in fase ispettiva hanno visto una mancanza di questi elementi.
Pertanto, direi che il claim che si intende apporre in etichetta incide fortemente sul percorso regolatorio del prodotto. Per i prodotti cosmetici può essere sicuramente d’aiuto una linea guida redatta da Cosmetics Europe, anche in termini di claim legittimi2.
Da notare che alcuni claim potrebbero risultare poco chiari per il consumatore: uno su tutti “con antibatterico”. Se un prodotto cosmetico, ad esempio un sapone, è stato formulato con l’utilizzo di un conservante con funzione antibatterica tale claim, servirà per garantire la buona conservazione del prodotto e non per esplicitare un’azione antibatterica in fase di impiego (o per difendermi maggiormente dal virus che resta un virus e non diventa un batterio), ma questo potrebbe essere non noto al consumatore.
2Cosmetics Europe Temporary Guidance on Personal-Hygiene Cleansing Hand Gels in the context of the ongoing CoVid-19 health crisis (2020) Cosmetics Europe
Conclusioni
Come è dura l’avventura per l’Assicurazione, il Regolatorio e Qualità.
Le aziende, come del resto tutti noi, hanno cercato di affrontare al meglio l’emergenza COVID, alcune in modo virtuoso, altre soltanto inseguendo il business. La situazione di necessità che si è venuta a creare ha spinto tutti a intervenire in qualche modo, ma la confusione che si è sviluppata non ha certo aiutato. È necessario, quindi, informarsi il più possibile prima di intraprendere iniziative produttive in settori a noi sconosciuti in cui non si ha esperienza. La qualità del prodotto e la sua sicurezza devono essere sempre il punto di partenza di ogni decisione.