1 Art. 2 Comunicazione
commerciale ingannevole.
2 Art. 23 Prodotti cosmetici
e per l’igiene personale.
a cura della Redazione di CEC editore
Con provvedimento n. 31/22, emesso in data 17 novembre 2022, il Comitato di Controllo ha ingiunto ad … di desistere dalla diffusione del telecomunicato relativo al prodotto …, rilevato sulle reti … nel novembre 2022 e ritenuto manifestamente contrario agli artt. 2 e 23 del Codice di Autodisciplina.
Il Comitato ha contestato che «nello stesso contesto» venissero pubblicizzati due prodotti, un farmaco … indicato in caso di infezioni vaginali, e un cosmetico … consigliato in caso di “prurito esterno”, “bruciore” e “irritazione”, con l’indicazione “lenisce”, “protegge”, “previene”.
Secondo il Comitato di Controllo, tale successione narrativa, che riguarda nella prima parte dello spot un medicinale, e nella seconda un cosmetico, generava, in violazione dell’art. 2 CA1, potenziale ambiguità, inducendo il consumatore a ritenere che il prodotto cosmetico fosse suscettibile di svolgere un’azione protettiva e preventiva sulle cause collegate alle infezioni descritte nella prima parte dello spot.
Sempre secondo il Comitato, le affermazioni veicolate erano in contrasto con l’art. 232 co. 2 CA, in quanto suscettibili di confondere il consumatore sulla natura del prodotto pubblicizzato, inducendo una confusione tra cosmetico e medicinali.
Per l’opponente, l’effetto della seconda parte dello spot rispetto alla prima, in quanto la causa dei sintomi è resa evidente dall’aggettivo “esterno”, nominato per prima cosa in relazione al prurito indicante il disagio. Seguendo questa interpretazione apparirebbe quindi chiara la condizione richiesta: che “venga effettuato riferimento a situazioni di alterazione cutanea derivanti da fattori esterni”. In ultima analisi, in relazione all’uso del termine “irritazione”, l’esponente ha prodotto molteplici esempi di cosmetici qualificati per la loro azione anti-irritante.
Con nota datata 30 novembre 2022, il Comitato di Controllo ha giudicato non convincenti le ragioni addotte dall’opposizione, facendo rilevare che non è stata messa in discussione l’efficacia del prodotto, bensì la sua comunicazione. Secondo il Comitato è la successione narrativa fra la prima e la seconda parte dello spot «in assenza di una qualsiasi indicazione sulle diverse cause dei sintomi indicati nella seconda parte», a rendere ambigua la comunicazione, inducendo il pubblico a ritenere che il prodotto cosmetico sia suscettibile di svolgere una qualche azione protettiva e preventiva su situazioni di tipo patologico quali le infezioni; in particolare, l’uso del termine “irritazioni”, ampiamente tollerato per esempio nel settore dei prodotti per la barba, nel quale l’irritazione è dovuta a fattori meccanici, non sarebbe tollerabile nel settore preso in esame. Inoltre, secondo quanto specificato dal Comitato, la contestata dicitura “leggere attentamente le avvertenze”, difesa dall’opponente tramite riferimento al Reg. UE 1223/2009, non troverebbe riscontro nella fonte citata, che si limita a chiedere di specificare sull’imballaggio o sulla confezione del cosmetico eventuali particolari precauzioni per l’impiego dello stesso.
In data 1° dicembre 2022 il Presidente del Giurì, vista la nota del 30 novembre 2022 con la quale il Comitato di Controllo ha ritenuto non convincenti le ragioni dell’opposizione all’ingiunzione di desistenza n. 31/22, disponeva ex art. 39 CA la convocazione delle parti avanti il Giurì, per la data del 31 gennaio 2023.
In data 27 gennaio 2023 …presentava memoria difensiva ribadendo l’assenza di qualunque effetto di trascinamento della prima parte dello spot sul secondo, sottolineando che il telecomunicato si presenta suddiviso in due parti distinte e non collegate tra loro. Segnalava anche come il termine “irritazione” non sia stato enunciato in maniera isolata, bensì unitamente ad altri sintomi, (prurito esterno e bruciore), evidenziati in sequenza e anteriormente al termine “irritazione”. Ciò atto a spiegare come l’effetto complessivo della comunicazione contenuta nella seconda parte dello spot sia diverso da quanto recepito dal Comitato di Controllo, mentre la causa dei sintomi segnalati sarebbe resa evidente da quell’aggettivo, “esterno” che, nominato per primo in relazione al prurito, chiarirebbe il significato causale dell’irritazione.
Il Comitato ha osservato come, secondo l’inserzionista, la comunicazione sarebbe declinata con uno spot chiaramente diviso in due parti, relative a due diversi prodotti, prive di una successione narrativa e marcate da una netta cesura, tale da impedire un effetto di trascinamento del primo messaggio sul secondo, ma tale tesi sarebbe infondata, poiché risulterebbe evidente dalla successione delle immagini che lo spot è unico, diviso in due parti, nelle quali si rappresenta la stessa scena, seppur raccontata da due diverse protagoniste, inoltre la voce fuori campo, effettuando il collegamento fra le due parti, afferma “E, in caso di prurito esterno, bruciore, irritazione”, congiungendo le due azioni.
Inoltre, sempre secondo il comitato, la rapida sequenza delle immagini video non consente al consumatore medio di capire che la diversità di prodotto oggetto del messaggio fra la prima e la seconda parte. Secondo il Comitato, la presenza di un’evidente continuità narrativa determinerebbe, pertanto, un effetto di trascinamento e di conseguenza una ambiguità del messaggio, da ritenersi così in contrasto con l’art. 2 CA. Inoltre, la descrizione del prodotto apparirebbe carente in ordine alla origine di tali fattori di disagio, nonché in contrasto con il Reg.1223/2009 sui prodotti cosmetici e con l’art. 23 CA.
L’Art. 23 in modo esplicito afferma che i prodotti cosmetici debbano avere uno scopo esclusivo o prevalente, di protezione e mantenimento in buono stato delle superfici esterne del corpo umano, ipotesi che non pare essere quella rappresentata dall’inserzione. Per quanto riguarda la seconda parte dell’art. 23, relativa alla comunicazione commerciale dei prodotti cosmetici, pur potendo presentare detti prodotti come aventi caratteristiche sussidiarie per la prevenzione di particolari situazioni patologiche, non deve indurre il consumatore a confondere i prodotti cosmetici o per l’igiene personale con i medicinali, curativi. Nel caso della comunicazione di … si tratterebbe non di caratteristiche sussidiarie, ma di funzione primaria esercitata dal cosmetico …. Un ulteriore elemento di contrarietà all’art. 23 sarebbe poi dato dall’utilizzo del termine “prevenzione”.
In merito all’utilizzo di questi termini si è espresso anche il Ministero della Salute con una circolare 2003, ove si afferma che le aggettivazioni di termini come “dolore, infiammazione, ustione, irritazione etc.”, non sono ammesse perché in contrasto con la normativa cosmetici e ricadenti nel campo di applicazione della normativa medicinali.
Il Giurì ha constato che il videomessaggio è caratterizzato da uno spot della durata di 25 secondi, con il quale vengono proposti al consumatore dapprima un prodotto medicinale, …, destinato al trattamento di infezioni di natura batterica quali vaginosi e candida, e a seguire, un prodotto cosmetico, …, idoneo al trattamento di fastidi esterni dell’area genitale femminile, quali prurito, bruciore, irritazione. Il messaggio è strutturato con una scansione temporale rapida, entro la quale si susseguono, per i due prodotti, rappresentazioni di donne diverse, alla scrivania, con un’evidente manifestazione di disagio nella postura, ed una voce di sottofondo che accompagna le immagini. Il tutto interrotto da un packshot per il prodotto medicinale e da immagini grafiche.
Il Giurì ha constato poi che, ad avviso del Comitato di Controllo, tale successione narrativa creerebbe un “effetto di trascinamento”, generando, in violazione dell’art. 2 CA, potenziale ambiguità foriera di errore per il consumatore, in quanto capace di indurre a ritenere che il prodotto cosmetico sia suscettibile di svolgere azione protettiva e preventiva anche su cause di natura patologica, collegate alle infezioni descritte nella prima parte dello spot. Sempre secondo quanto prospettato dal Comitato, le affermazioni veicolate relativamente a … si porrebbero in contrasto con l’art. 23 CA, in quanto suscettibili di indurre in errore le consumatrici sulla natura del prodotto pubblicizzato.
Il Giurì ha spiegato quindi che la comunicazione commerciale che ha per oggetto prodotti indirizzati alla cura della persona, trova un limite nel disposto dell’art. 23 CA, nel suo 2° comma, per il quale «Tale comunicazione commerciale [quella relativa ai prodotti cosmetici e per l’igiene personale] pur potendo presentare detti prodotti come aventi caratteristiche sussidiarie per la prevenzione di particolari situazioni patologiche, purché a tale scopo abbiano formule e ingredienti specifici, non deve indurre il consumatore a confondere i prodotti cosmetici o per l’igiene personale con i medicinali, con i presìdi medico-chirurgici, con i dispositivi medici e coi trattamenti curativi». Un limite, questo, tanto più rimarchevole «quando la comunicazione commerciale si trovi sul periglioso bordo della distinzione tra medicinale e cosmetico, anche perché l’interesse dell’acquirente si concentra sulla descrizione dei vantati effetti del prodotto più che sulla sua effettiva composizione (Pronuncia 47/2021)».
Il Giurì ha ritenuto quindi che, osservato nel suo complesso, il videomessaggio diffuso da …, in assenza di qualsiasi menzione di una causa non patologica per i fastidi rappresentati nella seconda parte dello spot, ed unitamente alla piena sovrapponibilità dei sintomi dichiarati, potesse indurre, anche in ragione della terminologia impiegata ad illustrare il cosmetico …, che esula dal campo di azione dei cosmetici, il consumatore a pensare che il cosmetico possa svolgere una funzione in relazione a qualunque causa dei sintomi descritti, così determinando la contrarietà del messaggio all’art. 23 CA.
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