Gabriella Ferraris Avvocato in Milano – avv.gabriella.ferraris@gmail.com
La sentenza della Corte di Giustizia 31.01.2020 che si è occupata dell’interpretazione dell’art.10 co.3 del Regolamento (CE) 1924/2006 sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute riferite ad alimenti e sostanze alimentari ci dà l’occasione di fare un generale ripasso sulla disciplina dei claim, che è di grande interesse per gli operatori del settore che devono poter utilizzare in modo appropriato le indicazioni per valorizzare i propri prodotti, senza incorrere in violazioni e conseguenti sanzioni.
Il Regolamento (CE) 1924/2006 consente indicazioni nutrizionali e sulla salute riferite ad alimenti e sostanze alimentari; si è ritenuto, infatti, che la disciplina di tali indicazioni possa aiutare il consumatore a effettuare scelte consapevoli e in piena sicurezza, oltre a favorire la libera circolazione dei prodotti. Il Regolamento ha una portata generale e vale per tutti gli alimenti, salvo alcune tipologie specificatamente escluse, tra cui non figurano gli integratori alimentari; di conseguenza, dunque, per gli integratori alimentari, come per tutti gli alimenti comuni, le norme sui claim sono applicabili.
Quando ci si riferisce al Regolamento (CE) 1924/2006 si usa l’espressione “Regolamento claim”, ma cosa sono questi claim? Con claim si intendono quelle indicazioni nutrizionali e sulla salute indicate nel titolo del provvedimento, e che, nell’articolo dedicato alle definizioni (art.2), sono così spiegate: con “indicazione” si intende “qualunque messaggio o rappresentazione non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o nazionale, comprese le rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche in qualsiasi forma, che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari caratteristiche” e si distingue, poi, l’“indicazione nutrizionale”, che è “qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche dovute: a) all’energia che apporta, apporta a tasso ridotto o accresciuto o non apporta; b) alle sostanze nutritive o di altro tipo che contiene, contiene in proporzione ridotte, accresciute o non contiene”, dall’“indicazione sulla salute”, che è “qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra un categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute”.
Una delle domande più frequenti è se i claim, qualunque sia il contesto in cui vengono utilizzati, siano sempre soggetti alla disciplina del Regolamento. Si trova la risposta nei considerando del Regolamento dove si spiega che la disciplina si applica a tutti i claim “figuranti in comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità generica di prodotti alimentari e le campagne promozionali quali quelle appoggiate in toto o in parte da autorità pubbliche”. Aggiunge il legislatore che: “Il presente Regolamento dovrebbe inoltre applicarsi a marchi e alle altre denominazioni commerciali che possono essere interpretati come indicazioni nutrizionali o sulla salute”. Le indicazioni nutrizionali e sulla salute disciplinate dal Regolamento sono dunque sia quelle che si possono trovare nelle presentazioni, denominazioni commerciali e marchi riportate sulle etichette degli alimenti, sia quelle che si impiegano nei messaggi pubblicitari. Quando si valuta un’etichetta, di conseguenza, oltre a considerare il rispetto delle prescrizioni indicate dal Reg.1169/11, che già danno particolare rilevanza alla correttezza delle presentazioni dei prodotti alimentari vietando, tra l’alto, l’attribuzione di proprietà di cura e prevenzione di malattie, è necessario porre attenzione al rispetto delle regole imposte dal Regolamento claim. Lo stesso quando si impostano messaggi pubblicitari; oltre alle regole del codice del consumo e del Regolamento autodisciplinare dello IAP, non si può dimenticare di valutare il rispetto del regolamento claim.
Restano escluse dall’applicazione del Reg.1924/06 solo le “comunicazioni non commerciali, quali gli orientamenti o i consigli dietetici espressi da autorità e organi di sanità pubblica” e le “comunicazioni non commerciali riportate nella stampa e in pubblicazioni scientifiche”. Quanto alla distinzione tra comunicazioni commerciali e non commerciali, si può ricordare un’interessante sentenza della Corte di Giustizia del 14.7.2016, secondo la quale “una comunicazione deve intendersi come commerciale quando ha lo scopo di assicurare la promozione economica di prodotti o servizi, direttamente o anche indirettamente, e di influenzare così le decisioni dei potenziali acquirenti” e che rientrano in tale definizione anche delle lettere informative inviate da un’azienda distributrice di integratori alimentari a dei medici; infatti, in questo caso, sostiene la Corte, “benché i consumatori non ricevano personalmente la comunicazione contenente indicazioni oggetto di tale Regolamento, essi sono in realtà le persone indirettamente destinatarie di tale iniziativa commerciale, in quanto il prodotto alimentare che ne costituisce l’oggetto è per ipotesi destinato a essere venduto a loro e non ai professionisti che hanno ricevuto la lettera pubblicitaria. (…) Questi ultimi costituiscono in realtà dei meri intermediari contattati da un’impresa del settore alimentare, precisamente perché possano facilitare la promozione del prodotto da essa venduto assicurando la trasmissione delle informazioni commerciali che lo riguardano ai potenziali acquirenti o addirittura raccomandando loro l’acquisto del prodotto stesso”.
Proprio perché le indicazioni riportate in etichetta o in pubblicità possono avere un forte impatto sulle scelte del consumatore di acquistare e assumere un alimento, il legislatore comunitario ha ritenuto necessario garantire che solo le proprietà delle sostanze su cui esista consenso scientifico possano essere oggetto di claim.
È stato quindi redatto un elenco di tutte le indicazioni nutrizionali consentite e delle loro condizioni d’uso specifiche; elenco che è allegato al Regolamento e che è soggetto a regolare aggiornamento per tener conto del progresso scientifico e tecnologico.
In ordine alle indicazioni sulla salute si distinguono due categorie: a) le indicazioni sulla salute che riguardano il ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo o le funzioni psicologiche e comportamentali o il dimagrimento e il controllo del peso; b) le indicazioni sulla riduzione dei rischi di malattia. Le indicazioni della prima categoria devono essere specifiche e fondate su prove scientifiche, verificate da EFSA e autorizzate dalla Commissione europea; solo i claim che superano il vaglio dell’EFSA e vengono approvati dalla Commissione vanno a costituire l’elenco di indicazioni autorizzate, cui gli operatori del settore possono attingere e scegliere di utilizzare per valorizzare gli ingredienti dei propri prodotti.
L’operatore che sceglie di ricorrere a un claim deve ricordare, poi, che ogni volta che si riporta un’indicazione specifica sulla salute in etichetta o in pubblicità, nello stesso contesto deve riportate le seguenti informazioni “a) una dicitura relativa all’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano; b) la quantità dell’alimento e le modalità di consumo necessarie per ottenere l’effetto benefico indicato; c) se del caso, una dicitura rivolta alle persone che dovrebbero evitare di consumare l’alimento e d) un’appropriata avvertenza per i prodotti che potrebbero presentare un rischio per la salute se consumati in quantità eccessive”. Utili chiarimenti su come riportare le indicazioni sulla salute e le conseguenti informazioni sono state fornite dalla Commissione europea con la decisione di esecuzione del 24.01.2013 (Linee guida sull’attuazione delle condizioni specifiche per le indicazioni sulla salute di cui all’art.10 del Regolamento (CE) n.1924/2006).
Importante sottolineare che il legislatore comunitario distingue i benefici specifici per la salute, autorizzati, dai benefici sanitari generali, non autorizzati, questi ultimi consentiti a norma dell’art.10 par.3 del Reg.1924/06 solo se coerenti a una o più delle indicazioni specifiche autorizzate e “accompagnate” a queste ultime. La Commissione, nel Regolamento di esecuzione 2013/63/UE del 24.1.13, ha riconosciuto che un operatore possa avere interesse all’utilizzo di “dichiarazioni facili, attraenti, che fanno riferimento a benefici generali e non specifici dell’alimento per la buona salute complessiva o per il benessere derivante dallo stato di salute” e che anche il consumatore possa trarre vantaggio da queste dichiarazioni che contengono “messaggi di facile comprensione” ma, grazie alle condizioni poste, ha voluto evitare che i messaggi semplici e attraenti, da soli, possano essere fraintesi o interpretati erroneamente dal consumatore.
Si è virgolettato il termine “accompagnare” perché la Corte di Giustizia, in una sentenza pubblicata il 30.1.2020, è stata chiamata proprio a interpretare questo termine utilizzato nell’art.10 par.3 del Reg.(CE) 1924/06 per indicare la relazione tra indicazioni generali e indicazioni specifiche sulla salute attribuite a un integratore alimentare, nonché a chiarire se vale anche per le indicazioni generali sulla salute il principio, espresso dall’art.5 dello stesso Regolamento, secondo il quale “le indicazioni nutrizionali e sulla salute sono basate su prove scientifiche generalmente accettate”.
L’intervento della Corte è stato chiesto in relazione a una causa di concorrenza sleale, trattata dinanzi a un giudice tedesco, nella quale si discuteva se doveva considerarsi conforme al Regolamento claim un integratore alimentare che riportava sul fronte un’indicazione sulla salute generale, mentre quelle specifiche sugli ingredienti erano apposte sul retro della confezione. Secondo i giudici europei, un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento, deve essere in grado di comprendere che i benefici generali che sono vantati trovano fondamento nelle indicazioni specifiche e dunque il termine “accompagnare” deve essere interpretato nel senso che ci deve essere un collegamento sia concettuale sia visivo tra l’indicazione generale e quella specifica sulla salute. Secondo la Corte, l’indicazione generale e quella specifica, quindi, devono trovarsi nello stesso campo visivo o, in caso di impossibilità pratica, ci deve essere un rinvio, ad esempio un asterisco, che consenta al consumatore di comprendere il collegamento tra le diverse diciture. Quanto alla necessità che anche l’indicazione sulla salute generale debba essere fondata su prove scientifiche, la Corte di Giustizia ha affermato la validità generale del principio, ma ha anche riconosciuto che le indicazioni generali di benefici sanitari derivano la loro fondatezza scientifica dalle indicazioni specifiche autorizzate, alle quali devono sempre essere accompagnate.
Approfondimento pubblicato su L’Integratore Nutrizionale 3, 2020