Tanoressia: mai abbastanza abbronzati

di Anna Marras

Psicologa, Dottore di Ricerca in Neuroscienze, Università degli Studi di Firenze
anna.marras.psicologa@gmail.com


Il termine colloquiale “tanoressia” è utilizzato per riferirsi alla dipendenza da abbronzatura, ovvero quel fenomeno di compulsione rispetto all’abbronzarsi, associato a un intenso desiderio di apparire abbronzati e alla difficoltà di interrompere tale comportamento. Nonostante i rischi dell’esposizione ai raggi UV (soprattutto artificiali) siano stati ampiamente documentati negli ultimi vent’anni, la prevalenza di questo fenomeno è altamente significativa, tanto da accomunarlo a una dipendenza comportamentale. Con queste ultime condivide, infatti, meccanismi neurobiologici, sintomi psicologici e psichiatrici, e opzioni di trattamento. Scopo di questa trattazione è fornire una visione d’insieme del fenomeno, dalle sue radici culturali ai meccanismi neurobiologici, fino a esaminarne le attuali concettualizzazioni e le opzioni di trattamento.

Tanorexia: never tan enough
A qualitative analysis of the phenomenon and new insights in the field of behavioral addictions

The term “tanorexia” is colloquially used to refer to an addictive attitude toward tanning behavior. Tanning addiction is characterized by a compulsion to tan driven by an intense desire to be tanned and accompanied by difficulties in quitting the behavior irrespective of negative consequences. Despite accumulating evidence regarding the risks of UVR exposure, the prevalence of tanning addiction is significant and reveals its similarities to other behavioral addictions. Neurobiological mechanisms, psychological and psychiatric symptoms and treatment options represent shared resemblances between those addictions. Aim of this paper is to provide an overview of the phenomenon, from its cultural roots, to neurobiological underpinnings and to examine current conceptualizations and treatment options.

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Life Cycle Assessment per quantificare la sostenibilità dei prodotti cosmetici

di Grazia Maria Cappucci1,2, Roberto Rosa1,2, Carla Villa3, Anna Maria Ferrari1,2

1Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Reggio Emilia
2EN&TECH, Centro di Ricerca Interdipartimentale per la Ricerca Industriale ed il Trasferimento Tecnologico nel Settore delle Tecnologie Integrate per la Ricerca Sostenibile, della Conversione Efficiente dell’Energia, l’Efficienza Energetica degli Edifici, l’Illuminazione e la Domotica, Reggio Emilia
3DIFAR, Sezione di Chimica del Farmaco e del Prodotto Cosmetico, Genova
graziamaria.cappucci@unimore.it


La metodologia Life Cycle Assessment (LCA) è lo strumento più usato per valutare le performance ambientali di prodotti, processi e servizi, poiché l’identificazione e la quantificazione degli impatti ambientali viene eseguita secondo correlazioni scientifiche causa-effetto e la standardizzazione fornita dalle norme UNI EN ISO 14040:2006 e UNI EN ISO 14044:2006 garantisce risultati verificabili e riproducibili.
Nel presente lavoro vengono illustrati casi studio realizzati mediante l’applicazione della metodologia LCA su prodotti cosmetici, i cui risultati pongono l’attenzione su aspetti che il consumatore non è portato a considerare con facilità, a causa anche di un’informazione parziale che le industrie cosmetiche forniscono sui propri prodotti. Tra i principali risultati riportati vi è, innanzitutto, la grande incidenza degli ingredienti sugli impatti ambientali, a cui segue quella dovuta alle formulazioni, sotto l’aspetto dell’origine dei componenti.
Gli autori sottolineano alcune criticità negli studi considerati, prima fra tutte la mancanza di adozione di un metodo di valutazione del danno (endpoint), indispensabile per confrontare e valutare in maniera chiara e univoca le performance ambientali. Un ulteriore problema è legato alla scelta dei confini del sistema, che spesso non prendono in considerazione il ciclo di vita completo del prodotto.

Life Cycle Assessment to quantify the sustainability of cosmetic products
Case studies from the literature

The Life Cycle Assessment (LCA) methodology is the most widely used tool to assess the environmental performance of products, processes and services, since the identification and quantification of environmental impacts is carried out according to scientific cause-effect correlations and the standardisation provided by UNI EN ISO 14040:2006 and UNI EN ISO 14044:2006 guarantees verifiable and reproducible results.
The present work illustrates case studies carried out through the application of the LCA methodology on cosmetic products, the results of which draw attention to aspects that the consumer is not easily led to consider, also due to the partial information that cosmetic industries provide on their products.
Among the main results reported, there is, first of all, the great incidence of ingredients on environmental impacts, followed by that due to formulations, under the aspect of origin of components.
The authors underline some critical points in the studies considered, first and foremost the lack of adoption of an end-point damage assessment method, which is indispensable for comparing and assessing environmental performance in a clear and univocal manner.
A further problem is linked to the choice of system boundaries, which often do not take into account the complete life cycle of the product.

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Ottimizzazione di spray-drying di sericina estratta da Bombyx mori

di Andrea Milanesi1, Maurizio Rinaldi1, Lorena Segale1, Elia Bari2, Lorella Giovannelli1

1Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università del Piemonte Orientale
2Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Pavia
andrea.milanesi@uniupo.it


La sericina è una proteina estratta dai bozzoli di Bombyx mori, la cui larva è nota come baco da seta. Negli ultimi anni questo prodotto, originariamente visto come scarto dell’industria tessile, ha suscitato un rinnovato interesse per le sue numerose attività biologiche e ha trovato largo impiego, in particolare in ambito biomedicale e cosmetico. In questo studio la sericina è stata estratta dai bozzoli attraverso la tecnica di degumming High Temperature High Pressure (HTHP) ed è stata essiccata in presenza di due coadiuvanti dell’essiccamento della proteina, il trealosio (TR) e la metil-β-ciclodestrina (MBCD), al fine di ottenere una polvere di impiego tricologico. Attraverso un disegno sperimentale (DoE), il disegno di miscela D-ottimale, è stato valutato l’impatto di un terzo componente, un derivato cationico della gomma di guar, l’idrossipropiltrimonio cloruro (CGG), sulle caratteristiche delle polveri di sericina essiccate in presenza di TR e MBCD. In particolare, sono state valutate la resa di processo, l’umidità residua (tramite analisi termogravimetrica, TGA) e le caratteristiche morfologiche (con microscopia ottica e a scansione elettronica, SEM). L’impiego di queste miscele ha migliorato significativamente il processo di essiccamento della proteina: il disegno sperimentale ha permesso di individuare le miscele migliori per l’ottenimento di polveri di sericina caratterizzate da buone rese e lavorabilità, oltre che da ridotta umidità residua rispetto alla proteina processata senza i coadiuvati dell’essiccamento. In particolare, la polvere derivante dalla soluzione di sericina e da 0,10% di CGG, 0,45% di TR e 0,45% di MBCD si è contraddistinta come quella caratterizzata da proprietà adatte alla produzione di materie prime per impiego tricologico.

Spray-drying optimization of sericin extracted from Bombyx mori
Application of experimental design in the study of mixtures of sericin and drying adjuvants

Sericin is a protein extracted from Bombyx mori silk cocoons. Over the last decade, this wastewater product of the textile industry has shown many interesting biological properties and has been widely used in the cosmetic and biomedical fields. In this study, sericin has been obtained via a High-Temperature High-Pressure degumming process and was dried in the presence of two selected drying agents, trehalose (TR) and methyl-β-cyclodextrin (MBCD), with the aim of obtaining a cosmetic powder. In addition to these two agents, a cosmetic grade cationic guar gum derivative, guar hydroxypropyltrimonium chloride (CGG), has been investigated in a D-optimal mixture design as a component to improve the process yield, the residual moisture and the morphological characteristics of the sericin powders. The obtained powders have been analyzed using thermogravimetric analysis (TGA), optical microscopy and scanning electron microscopy (SEM). The agents were able to significantly improve the drying process of the protein. Moreover, the use of a mixture design approach allowed to find the composition with the best yield, moisture content and handling properties compared to the protein alone. In particular, the co-spray-drying of sericin with 0,10% of CGG, 0,45% of MBCD and 0,45% of TR gave good process yields and furnished a powder with handling properties that were better than those of the other studied dried products. These characteristics seem to be appropriate and fruitful for the manufacturing of raw materials for hair products.

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